Welfare aziendale: è davvero questo lo strumento per arginare il fenomeno della “Great Resignation”?

Valentina Banda
Edulai — Soft Skills
4 min readApr 27, 2022

Iniziato negli Stati Uniti per effetto della Pandemia da COVID-19, il fenomeno della “Great Resignation” si è diffuso progressivamente anche nella maggior parte dei Paesi europei, causando un boom di dimissioni volontarie da parte di lavoratori dipendenti che prosegue ancora oggi.

Il termine è stato utilizzato per la prima volta da Anthony Klotz, docente presso la Texas A&M University, per definire l’ondata di cessazioni iniziata nel 2020 negli USA, che ha lentamente soppiantato l’idea di un ritorno alla normalità, lasciando le aziende in uno stato di disorientamento e i lavoratori alla costante ricerca di condizioni migliori.

In Italia, il fenomeno, espresso in termini numerici, ha coinvolto nei soli mesi di luglio, agosto e settembre 2021 524.417 cittadini, che hanno deciso di lasciare il proprio posto di lavoro, segnando un incremento dell’8% rispetto al trimestre precedente.

Questa circostanza, se non totalmente, è almeno in parte da attribuire agli effetti dell’isolamento e della condizione di incertezza protrattisi per diversi mesi, che con tutta probabilità hanno scatenato nei lavoratori una forte voglia di cambiamento; molti di loro hanno quindi scelto di dare la precedenza a valori diversi rispetto al passato, prediligendo posti di lavoro in grado di offrire un miglior equilibrio tra vita privata e lavorativa, di premiare i talenti e di rispettare le esigenze dei singoli individui.

Tra i criteri che attualmente guidano la selezione delle aziende e degli annunci di lavoro più attrattivi, secondo diverse indagini, troviamo nei primi posti proprio il welfare aziendale, ossia l’insieme di attività previste dalle organizzazioni per tutelare la salute, il benessere e la qualità di vita dei propri dipendenti. Questo impegno si traduce in un piano di welfare strutturato e orientato al miglioramento di motivazione e produttività, con vantaggi per aziende e lavoratori.

Uno dei temi affrontati più frequentemente da questi programmi e che merita un approfondimento se consideriamo anche le conseguenze dell’epidemia sulle persone accennate in precedenza, riguarda il benessere fisico, psicologico e sociale del lavoratore: parallelamente alla maggior attenzione rivolta dalle aziende verso questi aspetti, infatti, ritroviamo un grande interesse anche da parte dei lavoratori stessi, che riconoscono la necessità di preservare il loro stato fisico ed emotivo. Parliamo ad esempio di orari di lavoro flessibili, di assistenza sanitaria, di mobilità sostenibile e di attività formative. Tutte queste misure possono essere implementate in azienda per attrarre risorse qualificate e trattenere i dipendenti in un contesto lavorativo sano, equilibrato e stimolante.

Si tratta dunque di una sfida che deve essere accolta favorevolmente dalle aziende, che in caso contrario rischierebbero di trovarsi in una situazione difficilmente controllabile, con dipendenti colpiti da disagi strettamente connessi al lavoro, come nel caso della sindrome da burnout, una condizione per cui il dipendente raggiunge un punto tale per cui proseguire con le proprie attività diventa impossibile a causa dello stress e di altri disturbi correlati.

A supporto dei piani di welfare aziendale può intervenire anche la tecnologia: trattando un argomento che ci riguarda direttamente, di recente il nostro team Edulai ha avviato una partnership con altre due startup italiane, Deed ed ImproveNow, per la realizzazione di un progetto integrato per il benessere bio-psico-sociale dei lavoratori in azienda. Con questo approccio, articolato in tre fasi, prevediamo una presa in carico globale del lavoratore per la prevenzione dei casi di stress da lavoro correlato. Attraverso degli strumenti psicologici e sociali, è possibile effettuare delle valutazioni preliminari per la raccolta di informazioni individuali sul benessere del lavoratore, il monitoraggio dei valori biometrici legati allo stress da lavoro correlato ed il confronto dei parametri nel tempo.

L’obiettivo ultimo è quello di aumentare la consapevolezza in azienda sui danni causati da situazioni di stress, ansia e depressione che, secondo diverse ricerche, se non risolte tempestivamente, possono rappresentare un costo importante da sostenere, stimato a circa 1.220 euro/anno per lavoratore. Per impedire o minimizzare questi rischi, si rendono dunque necessarie delle attività preventive, che si concretizzano in un percorso a medio-lungo termine per accompagnare il lavoratore in tutte le fasi di benessere fisco e mentale.

Infine, un altro elemento che spinge i lavoratori a ricercare nuove opportunità professionali, è la possibilità di godere di benefit come la maggior flessibilità, garantita dal lavoro ibrido o da remoto: poter gestire la propria giornata concentrandosi su obiettivi e risultati, è ormai un aspetto diventato importante per molti dipendenti. Questo trova realizzazione in un’impostazione meno rigida dell’organizzazione aziendale e nello sviluppo delle competenze necessarie ad adattarsi a queste nuove modalità lavorative. I lavoratori sono infatti alla ricerca oggi di strumenti che possano aiutarli a sviluppare competenze nuove, richieste dal mercato del lavoro del futuro: dalle competenze trasversali, a quelle digitali, a quelle legate allo smart working, trasferibili in diversi contesti e ambiti. Per questo Edulai è attenta a questi bisogni e si impegna quotidianamente ad offrire alle aziende strumenti e metodologie che possano aiutarle ad affrontare il “New Normal”.

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