Maledetti noi stranieri
Si popolano, le città e i paesi, di rughe nuove, e occhi sconosciuti, e mani che lavorano una terra a loro ignota. L’aria estiva pullula di accenti mai uditi prima, suoni distanti, melodie vocaliche e criptiche creazioni consonantiche che non sappiamo decifrare.
Chi è del posto chiama “stranieri” queste persone mai viste prima in un Paese che mai avevano visto prima, e nel quale vivranno, e nel quale poi, un giorno, saranno sepolti.
Una vecchia, nata qui cento anni fa, sta seduta accanto ad una donna, zitta, della quale non comprenderebbe una parola, e alla quale non saprebbe far capire una parola. Stanno lì, silenziose, e se ai loro sguardi capita di incontrarsi, si sorridono appena.
Li chiamano “stranieri”, quelli nati qui. E quelli che non vedono che gli occhi delle vecchie parlano la stessa lingua, anche se non sanno più ascoltarla.