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Cercare la Corea (del Sud) tra le pagine: consigli di lettura per scoprire il Paese del calmo mattino [parte I]

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Confesso che fino a qualche anno fa non avevo idea di quanto fosse ricca la letteratura Sud Coreana. Ho iniziato a scoprire un titolo dopo l’altro più o meno quando mi sono avvicinata allo studio della lingua, nel 2020, dopo la pandemia: ho incontrato un mondo complesso, che a volte arriva a noi passando dalla traduzione inglese, altre — oggi per fortuna sempre più spesso — in lingua italiana. Sono opere che in molti casi mi ha lasciato interdetta, pur conquistandomi, letture non sempre facili che affrontano temi come la coesistenza di presente e passato, la salute mentale, l’isolamento in una società che chiede un’abnegazione totale al lavoro.

Mi sono messa a studiare, per saperne di più sulla lunga tradizione letteraria e comprendere meglio gli autori e le autrici che oggi raccontano il Paese del calmo mattino. Della storia della letteratura parleremo in un altro momento: vorrei cominciare, invece, col raccontarvi alcuni titoli che mi hanno particolarmente colpita e che vi consiglio di leggere.

Pachinko. La moglie coreana di Lee Min Jin, trad. di Federica Merani, Pickwick

E lo so, è un po’ scontato, soprattutto perché dopo la serie TV di qualche anno fa questo romanzo ha visto un discreto successo. “La moglie coreana” di Lee Min Jin procede a ritmo serrato: è una saga familiare che copre circa ottant’anni del Novecento e che dà voce a diverse generazioni di personaggi intensi, tratteggiati con colori vividi.

La Storia ci ha traditi, ma non importa.

Il libro si apre così, con questa considerazione, lasciando già intuire che tra le pagine troveremo dei personaggi umili, persone che lottano di continuo contro le circostanze avverse, e le cui esistenze sono spesso travolte e tradite dalla Storia, nelle aspettative più intime.

Mi è piaciuto? Sì, ho faticato a chiudere il libro per andare a dormire, le prime 150 pagine le ho lette tutte d’un fiato. Preferisco però il titolo originale, “Pachinko”, ma consiglio senza dubbio di leggerlo.

Se volete saperne di più, ne ho parlato in modo approfondito su Mondo Coreano.

La danzatrice di Seoul di Shin Kyung-Sook, trad. di Velia Februari, Piemme

Il compagno di viaggio della fanciulla era un diplomatico, abituato a trascorrere due mesi all’anno a bordo di una nave. Lei invece era stata una danzatrice alla corte reale e non aveva mai viaggiato per mare in vita sua.
L’uomo, un francese alto con il viso pallido semicoperto da un folto paio di baffi, indossava un panciotto corto, un paio di pantaloni abbondanti lunghi fino alle caviglie e un soprabito da viaggio chiuso in vita da una cintura. La fanciulla, una coreana che teneva in mano un cappello decorato da rose e un cappotto da mettere quando si alzava il vento, portava un abito azzurro chiaro che stormiva come le onde del mare. I due non passavano inosservati.

I due non passavano inosservati: in questa frase c’è uno dei temi più ricorrenti del romanzo. Victor e Jin, lui francese, lei coreana, lui diplomatico, lei danzatrice di corte: quando i loro destini si incrociano, lui indossa l’uniforme ed è uno straniero in terra coreana, lei indossa abiti tradizionali ma gli risponde al saluto in francese, che ha imparato grazie a un religioso cattolico. Quando sono insieme attirano gli sguardi di tutti, a sottolineare la differenza tra i due. E a Parigi, dove sarà lei la straniera, la donna esotica e orientale, Jin si chiederà chi è davvero.

Nella città che brulica di vita e di novità, fervido esempio delle tecnologie più all’avanguardia del Diciannovesimo secolo, che volge al termine, osserverà tutto con occhi attenti e perspicaci, pronti a cogliere la bellezza di quella società così diversa dalla sua, ma anche le sue contraddizioni e le sue storture. Si chiederà perché i francesi parlino tanto di libertà e uguaglianza, quando nessuno è davvero libero e uguale all’altro. Si chiederà perché il più grande museo della città custodisca opere di ogni parte del mondo, e perché Victor collezioni o rivenda oggetti e libri provenienti dall’Asia. Penserà più volte che loro due sono un francese e una coreana, prima che un uomo e una donna.

La danzatrice di Seul mi ha fatta innamorare. Ne ho parlato anche in questo articolo su Mondo Coreano.

Prenditi cura di lei di Shin Kyung-sook, trad. (dall’inglese) di Vincenzo Mingiardi, Beat Edizioni

Mamma è scomparsa da una settimana.

La famiglia è riunita a casa di tuo fratello maggiore Hyong-chol, e ognuno dice la sua. Decidete di fare dei volantini da distribuire nel luogo dove mamma è stata vista l’ultima volta. Tutti d’accordo: per prima cosa bisogna scrivere un volantino. certo, un volantino è una soluzione antiquata per un’emergenza del genere.

Fin da bambina, pensare alle persone che scompaiono nel nulla, che svaniscono senza che se ne sappia più niente, mi ha sempre messo molta tristezza, angoscia, senso di vuoto e precarietà. In questo romanzo a sparire è Park So-nyo, ingoiata dalla folla in una stazione della metropolitana di Seoul. Da quel momento in poi, insieme alle ricerche, comincia un intreccio di ricordi, dialoghi e monologhi che compongono le quattro parti del libro. Quattro voci — i due figli, il marito, per ultima la stessa Park So-nyo — raccontano cosa vuol dire essere una famiglia e, soprattutto, cosa vuol dire essere madre.

Whale di Cheon Myeong-kwan, trad. di Rosanna De Iudicibus, Edizioni E/O

La storia in realtà cominciava molto prima. Tanti anni addietro la vecchia era stata ripudiata dal suo novello sposo solo un giorno dopo il matrimonio, perché era troppo brutta. Il fatto aveva sfatato il mito secondo cui sono le donne belle, non quelle brutte, a essere abbandonate dai mariti gelosi. La vecchia non era mai più riuscita a trovare un compagno e aveva lavorato come serva in diverse case finché non ebbe superato i trent’anni. A quel punto fu assunta in una casa benestante come aiuto in cucina.

Una parte di me consiglierebbe questo romanzo solo a chi è già affascinato dalla letteratura sudcoreana. L’altra parte, invece, lo considera un ottimo primo punto di partenza per chi vuole scoprirla.

In orbita! di Bae Myung-hoon, trad. di Lia Iovenitti, ADD Editore

In orbita! è un romanzo di Bae Myung-hoon, che avevo scoperto con 𝐿𝑎 𝑡𝑜𝑟𝑟𝑒. È considerato tra i migliori autori di fantascienza, in patria. Credo che le ragioni comincino a essere molto chiare anche fuori dalla Corea.

Due soli nello stesso cielo sono impensabili, eppure quell’estate i soli in cielo erano due. E come se non bastasse, uno aveva la forma di Pac-Man.

Il contesto futuristico permette di affrontare temi come le relazioni di potere, la difficoltà dei rapporti umani e della comunicazione, la sostenibilità, la guerra e il pacifismo. Anche questo romanzo parla della Corea contemporanea e trae spunto da ciò che accade nel nostro mondo, filtrandolo con chiari elementi fantascientifici. E lo fa con ironia e umorismo, il che rende le pagine scorrevoli, piacevoli e gustose.

La prima parte di questo viaggio termina qui. Che ne pensate di questi titoli, vi ispirano? Ne avete letto qualcuno?

A presto con altri consigli sulla letteratura sudcoreana!

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Erica Di Cillo
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Written by Erica Di Cillo

Freelance Digital Copywriter | Web Writer | Content Manager

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