La sporta del narratore

Alessandra Rigano
evidenziature
2 min readJun 4, 2023

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da Chthulucene, sopravvivere su un pianeta infetto di Donna Haraway

Filthy Luker’s inflatable art in Manchester

Quasi tutta la storia della Terra è stata raccontata in balìa di una fantasia: la fantasia delle prime bellissime armi e delle prime bellissime parole; la fantasia delle prime bellissime armi come parole, e viceversa. Strumento, arma, parola: la parola fatta carne a immagine del dio dei cieli, questo è l’Antropos. In una storia tragica in cui c’è un solo attore reale, un solo vero creatore del mondo, l’eroe, questo è il racconto del cacciatore in missione che va a uccidere e torna con il terribile trofeo, la storia che genera l’Uomo. È un racconto di azione crudo, feroce e combattivo che posticipa la sofferenza della passività collosa e ammuffita oltre la soglia della sopportazione. Tutti gli altri in questo racconto fallico sono solo oggetti di scena, terreno, appigli per la trama, o prede. Non hanno importanza, il loro compito è stare tra i piedi, essere scavalcati essere la strada, il condotto, ma non il viandante, non il genitore. L’ultima cosa che l’eroe vuole sapere è che le sue bellissime parole e le sue bellissime armi saranno inutili senza una sporta, un contenitore, una rete.

Cionondimeno, nessun avventuriero dovrebbe lasciare la propria casa senza portarsi dietro un sacco. Come hanno fatto la fionda, la pignatta e la bottiglia a entrare improvvisamente nel racconto? Come fanno oggetti così umili a far proseguire la storia? O forse — idea ancor peggio per l’eroe — come fanno queste cose concave e svuotate, questi buchi nell’Essere, a generare sin dall’inizio storie più ricche, particolari, piene, impossibili da categorizzare, capaci di progredire, storie che danno spazio al cacciatore ma che non raccontano e non raccontano di lui, l’umano che si fa sé, la macchina della storia che crea l’umano? La leggera curvatura della conchiglia che contiene solo un po’ di acqua, un po’ di semi da dare e ricevere, suggerisce teorie di con-divenire, di induzione reciproca, di specie compagne il cui compito nella vita e nella morte è non fare finire il racconto, il divenire del mondo. Con una conchiglia, una rete, diventare umano, diventare humus, diventare terrestre, assume tutta un’altra forma: la forma serpeggiante del con-divenire. Con-pensare significa restare a contatto con il problema naturalculturale multispecie della Terra. Non c’è nessuna garanzia, nessuna freccia del tempo, non ci sono la Legge la Storia o la Scienza o la Natura in queste lotte. C’è solo il mondeggiare FS inesorabilmente contingente del vivere e del morire, del con-divenire e dello scon-venire, della simpoiesi, e dunque, forse, del prosperare multispecie sulla Terra.

Chthulucene, sopravvivere su un pianeta infetto
di Donna Haraway
2019

Edizione del 2019
NERO
Traduzione di Claudia Durastanti e Clara Ciccioni

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Alessandra Rigano
evidenziature

prof at Abadir, creative director at Suq.Magazine, one of AVAJA, cat feeder, good girl.