Festival della polemica

di Arianna Capulli, da VIVA un quindicinale di Fantastico!

Fantastico!
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4 min readApr 11, 2021

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polèmica s. f. [femm. sostantivato dell’agg. polemico]. — Controversia, piuttosto vivace, su argomenti letterarî, scientifici, filosofici, politici, ecc., sostenuta per lo più attraverso una serie di articoli o di altri scritti tra persone che hanno diversità di vedute. L’attività del polemizzare. Con sign. estens., contrasto, discussione portati avanti per inveterata abitudine a contraddire gli altri; atteggiamento di critica preconcetta.

Sport nazionale, passatempo prediletto, strumento inefficace, tentativo fallimentare.

polèmico agg. [dal gr. πολεμικός «bellicoso, guerresco», der. di πόλεμος «combattimento, guerra»] (pl. m. -ci). — 1. Detto di persona, generalm. d’indole battagliera e combattiva, che tende ad assumere, o assume, un atteggiamento di decisa opposizione, soprattutto su un piano concettuale, contro ciò che contrasta con i suoi interessi o con il suo punto di vista, e sa sostenere validamente e con vivacità, talora aggressiva, le proprie ragioni.

Ma non è detto abbia ragione.

In un momento preciso della settimana appena trascorsa mi sono arresa.
All’improvviso, davanti al Presidente del Consiglio che sminuisce la categoria professionale degli psicologi in diretta nazionale, nell’esatto momento in cui sarebbe toccato a me scendere in campo e prendere il posto dei poveri runner dimenticati e degli adolescenti irresponsabili che si vedono al parco, ho pensato “Ma chi me lo fa fare?”.
Ho capito che, in questo anno e più di deprivazioni, mi è capitato di desiderare e ricercare la polemica del giorno, col solo obiettivo di cavalcarla. Quanto mi è costato? Oggi posso dirlo: tanto.
Così, mentre per una volta ci stavano pensando i miei colleghi a fare la guerra, mi sono seduta sulla necessità di riposarmi a guardare quello che succedeva.

Se quella “della polemica” fosse una settimana dell’anno, sarebbe quella appena trascorsa.
Festival della polemica, programma:

OVERTURE: Aldo Grasso spreca un articolo di giornale per raccontarci che, secondo lui, un programma che dovrebbe far ridere, in realtà, non fa ridere.

L’utente medio su Twitter: difendere un programma televisivo di successo a suon di meme, teorie e tecniche

NAS / Henri Bergson e l’illusorietà del concetto di tempo: il virus viaggia sui mezzi pubblici / Ah.

DDL ZAN: il senatore Pillon sbeffeggia un noto marito/cantante/influencer giocando col suo nome d’arte

Cancel culture: cavall* di battaglia

European Medicines Agency (EMA): “I benefici che superano i rischi”; utilizzare la statistica per convincere, ma senza spiegare. Come confondere la popolazione in tre, contraddittorie, conferenze stampa.

La questione etica: obbligo vaccinale, scudo penale e consenso al trattamento per assunzione dei rischi relativi a un evento avverso raro / “Se i miei anziani parenti non sono stati ancora vaccinati è anche colpa tua” / Dare a Cesare quello che è di Cesare — Laboratorio di processi attribuzionali

Interviene: il Presidente del Consiglio Mario Draghi in “Io prendo le decisioni, me ne dimentico, ma tu agisci secondo coscienza altrimenti me la prendo con te e tre quarti della categoria professionale tua”.

Main Sponsor dell’evento: confirmation bias

Il perché ho ritenuto fosse conveniente fare un passo indietro, quando mi è stato detto che non avrei potuto porre un quesito etico sull’obbligo della vaccinazione con il vaccino peggio discusso di sempre, è proprio qui.

Sir Francis Bacon, nel suo “Novum Organum” (1620) fa riferimento a “un peculiare e ripetitivo errore del capire umano, di propendere maggiormente e con più enfasi nei confronti delle affermazioni più che delle negazioni.

Lo psicologo Raymond Nickerson (1998) definisce il Confirmation Bias (l’errore di conferma), come “la ricerca o l’interpretazione di prove in modo che siano favorevoli a esistenti credenze, aspettative o ipotesi del soggetto interpretante.
Gli errori cognitivi, questo in particolare, non risparmiano nessuno.
Non siamo programmati per falsificare le ipotesi, Karl Popper se ne faccia una ragione; al contrario, tendiamo a cercare prove ed evidenze a sostegno delle nostre idee, rigettando quelle contrarie ad esse e lo facciamo soprattutto, si è ipotizzato, per difendere il nostro senso d’identità personale, di appartenenza al gruppo sociale.

La caccia alle streghe non è mai finita perché, spesso, e per nostra natura, è strega tutto ciò che si allontana da quello che noi vorremmo, faremmo, condivideremmo.
L’errore di conferma ostacola la valutazione pubblica di opinioni e argomenti, favorendo la propaganda politica, la scarsa credibilità dei mass media, il disprezzo per l’opinione degli esperti, la polarizzazione e manipolazione delle opinioni, il conformismo sociale.

Mi prendo una pausa da questo sport nazionale, o almeno ci provo.
Nessuna opinione è insindacabile, ma le nostre siamo raramente disposti a metterle in discussione. Non è una dieta bilanciata, meglio correre ai ripari.

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