Ho la vasca troppo piccola

Non la guardare che ti vengono i pensieri

Fantastico!
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4 min readMar 23, 2021

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Tinello, cucina, salotto, bagno, camera da letto, cucina, bagno, tinello, salotto, bagno, camera da letto… Misuro a piccoli passi ogni angolo della casa. Trangugio un caffè amaro in piedi davanti alla finestra del tinello tutte le mattine. È la mia colazione. Durante quel minuto guardo i piccoli terrazzi del palazzo di fronte cercando di capire a chi appartengono. Qualcuno ha messo una bandiera dell’Italia. È talmente grande che la possono vedere anche quelli in fondo alla via. Al secondo piano invece hanno appeso il disegno di un arcobaleno. Ho capito che al secondo piano abitano due bambini. Lo so perché ai lati dell’arcobaleno sono impresse due paia differenti di piccole mani colorate.
Quando finisco di bere il caffè lascio la tazzina nel lavabo colma d’acqua. Faccio così con tutte le stoviglie che utilizzo per i pasti. Alla sera mi ritrovo con una pila esigua di piatti da lavare coperti d’acqua. Credo che sia il momento migliore della giornata, quello.
Per adempiere al rito metto un vinile. Ogni sera ne scelgo uno diverso e prima di inserirlo medito su quello che potrei ascoltare il giorno successivo. Tranne l’altra sera. L’altra sera non c’ho pensato, avevo troppa fretta di iniziare a lavare i piatti, scegliere la temperatura perfetta, sentire l’acqua che scorre limpida tra le dita… Ho una scaletta per questa operazione. In primo luogo, dopo aver selezionato il disco, lo estraggo dalla copertina e lo appoggio sul piatto roteante del giradischi. Premo il tasto d’accensione e osservo il braccio in alluminio che cerca la sua meta. Il disco intanto ha iniziato la sua corsa, mentre la puntina intraprende la discesa sul vinile. La seguo avanzare lungo i solchi. Ed ecco che la magia si compie, e dalle casse esce la musica. Corro al lavello e conto quanti piatti sono in ammollo nell’acqua. In media trovo una pentola e due padelle, una grande e una piccola, tre piatti, due bicchieri, quattro tazzine e sette pezzi tra posate e mestoli. Ormai ho imparato a dosare la giusta quantità di sapone che dovrò erogare dal detersivo per piatti splendenti al limone bio. Che poi non ho capito se bio è il limone, o il sapone, o.
Premo il dosatore e osservo il liquido giallo addensarsi in un piccolo vortice fosforescente sulla superficie della spugna, mentre muovo la testa al ritmo di Back In Black degli AC/DC, o almeno l’altra sera è andata così. Subito dopo mi appresto a bagnare leggermente la spugna con l’acqua già presente nel lavabo ed inizio ad insaponare i piatti, uno a uno, per poi spostarli nel lavello accanto. Quando sono tutti belli schiumosi mi predispongo a scegliere la temperatura dell’acqua: non troppo fredda, né troppo calda. Insomma, una morbida e avvolgente carezza che lascio scorrere sul vetro e sulla ceramica, sull’acciaio e sulla ghisa, assecondandone i movimenti con le mani. In quei cinque minuti, che cerco di prolungare con una lentezza studiata e armonica, riesco a non pensare a niente. Non esiste più la pandemia, la quarantena, la cassaintegrazione, la solitudine…
Puf! Tutto scomparso.
Yes I’m let loose from the noose.
Solo ieri sera ho capito: siamo progettati per stare male. Si, perché senza pensieri si sta da dio.
E invece noi pensiamo, pensiamo, e pensiamo, pensiamo ancora, e ancora…. Come fosse il nostro scopo di vita.
Così per qualche altro minuto dopo la rivelazione non ho più pensato all’affitto, alle bollette, alla fila per la spesa, alle mascherine obbligatorie, ai politici…
Ho pensato solo che penso troppo.
Una volta compreso il grande mistero ho deciso di mettercela tutta. Devo riuscire a non pensare, mi sono detto. Non posso più aspettare di lavare i piatti, ora che ho capito l’inghippo.
Domani inizio, mi sono detto. Ormai sono a letto, bello lavato e pieno di sonno.
Così mi sono svegliato con questo pensiero. Ma era il primo giorno e avevo bisogno di un aiutino. L’acqua! Ci vuole dell’acqua, mi sono detto. Allora mi sono fatto una lunga doccia.
Per un po’ ha funzionato. Poi il sapone di Marsiglia bio per corpi splendenti mi è entrato dentro a un occhio. E ho lasciato il paradiso per l’inferno. Tanto poco è bastato. Una stupida disattenzione.
Ci riprovo nel pomeriggio, mi sono detto.
Questa volta ho riempito la vasca fino all’orlo e mi sono immerso come quegli ippopotami che si vedono nei documentari. Dopo un po’ ho iniziato a guardarmi le dita dei piedi che sbucavano dal bordo della vasca con fare sfacciato. Cos’avete da stare tanto allegre? ho chiesto, ricacciandole dentro. Ed ecco che sono uscite le ginocchia. Però! mi sono detto, tutti quegli anni a tirare nella Civita a qualcosa sono serviti…
Dopo vari tentativi ho capito che non c’è proprio modo di stare tutti sottacqua. Ho la vasca troppo piccola.
Mi sono alzato grondante, gocciolando per mezzo bagno, e per poco non sono scivolato. Allora ho ricordato il perché non uso mai la vasca. Ma l’accappatoio odorava ancora di bucato e di quel nuovo ammorbidente alla lavanda bio per vestiti abbaglianti che ho comprato nell’ultima colossale spesa che ho fatto. Così mi sono seduto sul water a fissare quella vasca troppo piccola.
Voglio una vasca grande! Devo avere una vasca grande! Mi merito una vasca grande!
Quando tutto sarà finito la farò cambiare. Dovessi buttare giù tutto il bagno, mi sono detto.
Da allora non riesco a smettere di pensarci. Non posso farci niente, è più forte di me. Se non altro non penso più ai bracconieri, al mercato di animali vivi a Guangzhou, all’inquinamento, alla fame, alla povertà, alle bombe…

di Gioia C.

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