Love the way you lie

di Tonia Peluso da VIVA, un quindicinale di Fantastico!

Fantastico!
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4 min readJul 11, 2021

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Com’è bello far l’amore da Trieste in giù
L’importante è farlo sempre con chi hai voglia tu
E se ti lascia lo sai che si fa?
Trovi un altro più bello
Che problemi non ha

Raffaella Carrà ci ha lasciato lunedì, non mi è mai sembrata così presente.

Raffaella Carrà nel 1978, guarda il futuro

Chi questa settimana non ha canticchiato almeno una volta “Tanti auguri”?

Una canzone che ricorda ad ognuno un pezzo di vita: le festa in spiaggia, quella cotta estiva che ti ha spezzato il cuore, la gioia, il colpo di testa dei suoi balletti che hai provato a replicare.

Qualcuno ha azzardato quasi un’esegesi filo cristiana, ipotizzando fosse un consiglio da non prendere alla lettera, una sorta di inno alla “superficialità relazionale”, che non volesse il cielo mai. Altri hanno controbattuto di non farne un’interpretazione così seriosa, che in fondo si tratta di una canzonetta.

Due posizioni unite dall’aver ignorato la portata storica di un brano che è stato manifesto di libertà, irrompendo nelle case degli italiani sulla punta di piedi che ballavano, canticchiato da un viso pulito.

Siamo nel marzo 1978: appena otto anni dopo la Legge sul divorzio, due mesi prima della legalizzazione dell’aborto, in un Paese in cui il diritto d’onore permette ancora all’uomo — padre, marito, fratello — di uccidere per difendere la propria dignità.

Raffaella ha cantato la libertà di amare chi vuoi, come vuoi, quando vuoi, da Trieste in giù, al netto dei pregiudizi e dei percorsi prestabiliti.

Quanto ancora abbiamo bisogno di ricordarcelo oggi, noi che sembriamo poter godere della fortuna di vivere in un tempo lontano dall’arretratezza culturale di quegli anni, ma che in realtà siamo vittime di dinamiche che persistono al di sotto dei costrutti sociali condivisi.

Ci pensavo lunedì mentre a Temptation Island andava in onda la mia più grande paura: la possibilità di continuare a condividere la mia quotidianità con qualcuno che non mi faccia star bene, che mi faccia venire voglia di girarmi dall’altra parte del letto, senza però mai avere il coraggio di alzarmi e dichiarare la fine della relazione o l’inizio della mia autodeterminazione, ribaltando la prospettiva.

«A volte mi vergogno quando la porto con me, è proprio limitata» confida uno dei protagonisti a una ragazza pagata per farlo dubitare. Nel mentre la fidanzata, ignara di ciò, dall’altra parte del villaggio fa un dettagliato elenco delle cose che le fanno schifo di lui: non alza la tavoletta, fa i rutti a tavola, non sa spolverare, non offre la cena, al supermercato divide il conto a metà, sta diventando calvo e a volte ha dei modi brutti nei momenti di intimità.

Cosa spinge due persone che si odiano a stare insieme?

https://twitter.com/ToniaPeluso/status/1410353582172430355?s=20

Lo chiedo su Twitter.

I follower, i soldi, le collaborazioni future coi beveroni dimagranti, risponde chi sostiene che la possibilità di partecipare al programma e avere guadagni futuri metta in secondo piano la necessità di una relazione felice.

L’abitudine, il narcisismo, l’esigenza di sposarsi, la volontà di sminuire l’altro per assolversi o sentirsi migliori, sostengono alcuni consci del fatto che queste cose non avvengono solo in televisione a favore di camera, bramando la notorietà.

Così, mentre va in onda un racconto sconfortante di cosa può voler dire stare con qualcuno senza essere mai stati con sé stessi, mi trovo a pensare a quante volte facciamo l’errore di cercare al di fuori un palliativo all’ insoddisfazione o semplicemente qualcuno a cui addossare il motivo di un mal di vivere profondo.

L’amore non è una via di fuga dalla solitudine.

L’amore non è una facile soluzione all’infelicità.

L’amore è un sentimento faticoso. È un’arte che richiede pazienza, disciplina, tempo, conoscenza reciproca e di sé stessi. In l’Arte di amare Erich Fromm dice che:

«L’amore, sentito così, è una sfida continua; non è un punto fermo, ma un insieme vivo, movimentato, anche se c’è armonia o conflitto, gioia o tristezza, è d’importanza secondaria dinanzi alla realtà fondamentale che due persone sentono sé stesse nell’essenza della loro esistenza, che sono un unico essere essendo un unico con sé stesse, anziché sfuggire sé stesse.»

e ancora:

« Chiunque abbia possibilità di studiare l’effetto di una madre dotata di genuino amore per se stessa, può vedere che non c’è niente di più utile che dare a un bambino l’esperienza di ciò che è amore, gioia, felicità, che solo può ricevere il bambino amato da una madre che ama se stessa.»

Amarsi per amare.

Love the way you lie canta Rihanna nella sigla del programma e invece spesso a mentire siamo noi che indossiamo illusioni, che preferiamo una sicurezza di facciata alla solitudine, al giudizio sociale, alle domande impertinenti su una vita sentimentale auspicabile, che sembra ancora ferma a dettami sulla carta desueti. Noi che proiettiamo sugli altri ciò che di noi odiamo così tanto da volercelo strappare di dosso. Noi che speriamo di trovare soluzioni senza indagare a fondo il problema.

Prenderci la responsabilità della nostra esistenza è una fatica che non sempre siamo disposti a compiere. Così disintegriamo l’amore: giustificandoci con gli altri, assolvendoci la notte.

Secondo la regola dei segni:

più per più fa più
meno per più fa meno
più per meno fa meno
meno per meno fa più

il prodotto di due fattori concordi è positivo, mentre il prodotto di due fattori discordi è negativo.

L’amore è più complesso di un’operazione algebrica.

Bisogna ascoltarsi, conoscersi, piacersi. Bisogna comprendere i propri sentimenti e prendersene cura. Bisogna imparare a tramutare i segni negativi in positivi.

Bisogna essere soddisfatti in due, non molto infelici entrambi, perché si guardi nella stessa direzione.

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