Mi ricordo

Io, invece, rispondevo: “L’odore dei fichi d’india”

Fantastico!
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2 min readOct 21, 2020

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Non è il sapore di una madeleine a farmi tornare in mente questo ricordo, ma il profumo di una crema mani di Cristina che da qualche giorno mi riempie i polmoni. È una crema al fico d’india e il suo profumo mi piace davvero tanto.
Soltanto che, fino a stamattina, ai fichi d’india ho sempre associato il brontolio dell’acqua corrente dentro al secchio di plastica che li rimesta facendogli perdere la spine, anche se poi qualcuna resta lo stesso. Ai fichi d’india ho sempre associato il rumore inesistente della lama del coltello da innesto del nonno che recide in tre punti specifici la loro buccia e le sue mani che la rivoltano staccandola con cura dal frutto.
Ai fichi d’india ho sempre associato, però, anche il fastidio dei semi grossi e duri come tanti sassolini sotto ai denti, che tutti in famiglia hanno sempre divorato con facilità e che io non sono mai riuscito a tenere dieci secondi in bocca.
A tavola, infatti, quando giungeva il momento di far largo alla grande ciotola con i fichi d’india io ero attento a schivare con lo sguardo gli occhi di chi era già pronto a dirmi Alberto lo vuoi un fico d’india? Sono speciali. Sì, perché a me i fichi d’india non piacciono, o meglio mi piace il loro sapore, ma tutti quei semi proprio non li reggo. Non ho mai capito perché a casa mia fosse vietato sputarli nel piatto: perché quelli delle ciliegie sì e quelli dei fichi d’india no? Forse non sono grossi abbastanza per essere considerati ostili?
Non l’ho mai scoperto perché, da piccolo, li assaggiavo giusto per non scontentare nessuno, ne succhiavo il succo come se si trattasse di una spugnetta imbevuta e poi chiedevo tatticamente a mio papà di aiutarmi perché ero sazio. Poi sono cresciuto e ho smesso anche di succhiarli.
C’è una cosa però che è sempre rimasta immutata nel mio rapporto con i fichi d’india, una specie di senso di colpa per essere l’unico in famiglia a non mangiarli; non è una tragedia, lo so, eppure mi infastidisce.
Quello che al contrario mi consola è che io ai fichi d’india assocerò sempre le mani solcate di nero dei miei nonni, incuranti delle spine e dell’acqua gelida. Lo farò sempre, anche adesso che ho scoperto l’esistenza di una crema mani fatta con un frutto che le mani le ha sempre rovinate.

di Alberto Politi

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