Ci racconti di quella volta in cui qualcosa è andato storto?

Fifth Beat
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9 min readDec 6, 2023

30 persone che lavorano nel mondo del design ci raccontano tutte quelle volte in cui qualcosa non è andato secondo i piani, quelle volte in cui hanno imparato molto, dai loro errori e anche da quelli degli altri.

Matteo Balocco

C’è stato un momento in cui ho voluto credere a una narrazione dell’etica del lavoro definita da altri e che non sentivo pienamente mia. È stata una decisione, fatta in buona fede, che oggi non rifarei. D’altra parte le conseguenze di quell’errore mi hanno insegnato molto e mi hanno consentito di mettere in fila le priorità e rafforzare i miei principi.

Elvira Berlingieri

Ho bucato la deadline di consegna del mio primo libro (“Legge 2.0”, edito da Apogeo). Panico completo e occhi sbarrati davanti alla mail che dovevo scrivere all’editor per comunicare che ero indietro, nel senso di indietrissimo. Alla fine ho consegnato un capitolo alla volta nel giro di tre settimane, 23 terribili giorni ad essere precisi, dormendo 4 ore a notte. Shout out al mio editor, Fabio Brivio, per avere semplificato il processo da seguire in modo tale che non ci fosse per me spazio di dire “e adesso cosa faccio”. Mi disse, cito a memoria: “ok, ora prendi quello tutto che hai scritto, lo rileggi, lo aggiusti, me lo mandi un pezzetto alla volta, quando ti mando le bozze corrette le rileggi e mi dici cosa fare mentre ti correggo quello che nel frattempo mi hai mandato, e cosí via”. Poteva andare peggio, e invece ha funzionato. Ora so che succede tutte le volte, ai principianti.

Marco Bertoni

Qualcosa va sempre storto. Davvero, non basterebbe la Biblioteca di Babele per elencare i miei fallimenti. Ma ne parlo solo davanti a una birra, magari a un failure party.

Nicola Bonora

Intervento tecnicamente riuscito, paziente morto. Un progetto di redesign particolarmente ampio, in cui — sembra strano — l’obiettivo finale, la ragione-per-cui, la definizione di successo è rimasta latente, strisciante, fino alla fine.

Decisioni prese per buon senso e per credo-che, tutte in buona fede, che hanno portato alla pubblicazione di un progetto giudicato poi dall’alto come fallimentare, perché valutato in base agli indicatori di performance impostati sul progetto precedente.

Quando un sistema si trasforma da apparato enciclopedico a hub di smistamento, pare ovvio che debbano cambiare i parametri di giudizio. E invece. Lo scollamento di visione iniziale ha poi generato uno scontento interno, nonostante il progetto funzionasse, ma secondo logiche evidentemente fuori dalle aspettative (non espresse…).

Un grande insegnamento: capire sempre se non stiamo dando le risposte giuste alle domande sbagliate.

Salvatore Chiarenza

Alcuni anni fa un ente formativo ci aveva chiesto di partecipare a un bando per un progetto finanziato da un progetto europeo. Io ero responsabile di far compilare i moduli ai miei colleghi e di consegnarli all’ente formativo in tempo per presentare la domanda. Dato che la scadenza era vicina, ho fatto le corse per raccogliere tutti i documenti, farli compilare e far mettere la firma digitale. Alla fine sono riuscito a inviarli mezz’ora prima della scadenza. Peccato però che non avevo fatto applicare correttamente la firma digitale.

Alex Conconi

Parlando di complessità organizzativa, ricordo una riunione con un cliente andata particolarmente male. Tutti i partecipanti (non solo lato cliente) erano in completo disallineamento, molto innervositi nel vedere le loro aspettative disattese. Evidentemente non avevamo preparato bene quell’incontro: sarebbe stato meglio interromperlo e aggiornarci in un secondo momento.

Mafe de Baggis

Riprogettando il sito di una testata non ho capito e non mi sono accorta che la piattaforma scelta di blogging e community non aveva le funzionalità richieste, almeno non al livello necessario. Da allora ho lavorato sempre meno volentieri sulla parte software, dedicandomi al progetto dei contenuti e della comunicazione.

Giovanna de Vincenzo

Momento della vita particolare, pochi stimoli al lavoro e zero motivazione… tante difficoltà nel portare avanti i progetti che avevo in carico. Posso dire che il team e il mio responsabile sono stati la mia salvezza.

Andrea Ferraresi

Ce ne sono tantissime, molte delle quali sono protette da NDA. Posso raccontarti di quella volta che mi hanno portato in ospedale in elicottero oppure vuoi sentire solo di esperienze lavorative?

Federico (Chicco) Ferretti

Le cose vanno storte fino a qualche minuto prima che comincino ad andare bene. Succede spesso. Nessun “epic fail” che abbia senso condividere. Piuttosto 3 ”learnings”:

  • La perseveranza ed il supporto di un team aiutano in questi casi e divengono fonte d’innovazione: “Desperate Innovation VS Disruptive Innovation”;
  • Prendersi le responsabilità e sbagliare per scelta rende l’errore non solo plausibile ma auspicabile: “Sbagliare di meno VS Sbagliare più in fretta”;
  • Lasciare che gli altri sbaglino senza intervenire, non è menefreghismo ma mentorship.

Roberta Grimaldi

Si trattava di un progetto partito male, era imposto dall’alto e quindi incontrammo tanta resistenza e poca partecipazione. Dopo qualche mese di ricerca, lo bloccarono ma, a differenza di quanto pensavamo, ripartì e andò un po’ meglio. A pochi mesi dalla fine, il capo dei capi di quell’azienda decise di cambiare il software, mantenendo ovviamente le scadenze. Il team di allora fu magnifico: riuscimmo, lavorando in maniera matta e disperatissima, a consegnare… e da lì quel team è diventato un gruppo di care amiche.

Sara Groblechner

Quella volta in cui un cliente, dopo qualche mese dalla conclusione del lavoro, mi ha richiesto il file sorgente di un progetto per poterlo modificare. Io gli ho condiviso le due possibili soluzioni (entrambe prevedevano un investimento) e lui mi ha risposto che lo avevo trasformato in un “ex cliente insoddisfatto”.

Daniela Iozzo

Può capitare spesso che qualcosa vada storto sul lavoro, è naturale e fa parte del gioco. Va molto storto invece quando i problemi nascono da mancanza di cultura progettuale o peggio, incuria.

Maria Cristina Lavazza

Ne avrei parecchie, ma le peggiori vengono sempre dall’essere utilizzati come armi di guerre interne all’organizzazione. Ho imparato a riconoscere l’odore del napalm e a declinare gentilmente la proposta. I clienti si scelgono 😊.

Giovanni Marazita

Qualche anno fa, su un progetto per un brand molto conosciuto, a conclusione di un test utenti con dati schiaccianti e oggettivi il cliente ha voluto prendere la strada opposta.

Tobia Marconi

Meeting di portfolio review per ottenere una internship in Facebook. Probabilmente una delle opportunità professionali più importanti della mia vita. La prima metà dell’ultimo step di un faticosissimo processo di selezione durato 2 mesi e mezzo. Facebook ti manda un dettagliatissimo elenco di punti per testare in anticipo che tutto funzioni alla perfezione per la call, considerato che ti dedicano trenta costosissimi minuti di un loro manager e che devi sfruttarli al meglio. Faccio diligentemente i miei test tecnici sul loro tool (Blue Jeans) con qualche giorno di anticipo per assicurarmi che vada tutto bene e di aver tutto il tempo di risolvere problemi in caso ce ne siano. Tutto ok, tutto pronto. Arriva il fatidico giorno. Mi connetto super propositivo…la persona dall’altro lato dello schermo non mi sente!

Dieci minuti bruciati per risolvere il problema. Ho un fervido ricordo dell’adrenalina che entra in circolo, i neuroni come fuochi d’artificio che cercano contemporaneamente di individuare il problema o di trovare una soluzione alternativa annaspando in mezzo al terrore di star bruciando un’occasione unica. Alla fine l’illuminazione: nel paio di giorni tra il mio test e la prova, il mio sistema operativo si era aggiornato, controllo, durante gli aggiornamenti tutte le impostazioni e i permessi che avevo sistemato durante la prova, e che stavo dando per scontati, erano stati riportati ai valori di default vanificando il tech check. A quel punto concentrarsi era quasi impossibile.

Elena Marinoni

Quasi ogni giorno qualcosa va un po’ storto, la vita è spesso storta di suo, l’importante è non voler rimanere noi troppo dritti.

Erica Moreti

Il mondo dell’innovazione è fatto di fallimenti. È l’obiettivo stesso dell’innovazione quella di fallire, cambiare, trovare delle soluzioni o invenzioni diverse, che magari non esistono al momento. Un esempio è stata la richiesta di una nuova categoria di prodotti e servizi per la Coca-Cola: prodotti nutraceutical e reattivi al DNA di ogni persona. La tecnologia non esiste ancora, nemmeno i metodi produttivi, e non è mai uscito dalla carta. Però li è servito a percorrere altre strade.

Nicole Nardelli

Qualche tempo fa, all’interno del mio team di prodotto, stavamo lavorando a un progetto molto grosso, con molti altri team coinvolti. Quando abbiamo iniziato a rilasciare il primo flusso in versione beta per i dipendenti il progetto ha iniziato a circolare in azienda e ci siamo resi conto che uno dei team non era esattamente allineato con quello che stavamo facendo, e non era molto d’accordo con alcune decisioni prese. A questo punto ci siamo riuniti e siamo giunti a una conclusione: o riuscivamo a modificare l’esperienza con quello che già c’era o il progetto non sarebbe andato avanti. Ci siamo rimboccati le maniche e abbiamo trascorso due settimane molto intense lavorando tutti insieme per risolvere il problema…e fortunatamente ci siamo riusciti. Come sempre, la comunicazione è tutto.

Alice Orrù

L’anno scorso sono partita in quarta con un progetto di content design fondato sull’accessibilità dei testi per il nuovo sito web di un cliente. Tutti i pianeti sembravano essersi allineati; ma quando ho mostrato i primi risultati, il cliente ha considerato i testi “troppo accessibili, troppo semplici per il nostro pubblico”. Nonostante abbia provato in tutti i modi a evidenziare i benefici della scrittura accessibile in un contesto come il loro, il risultato finale è stato diverso da quello che avevamo prospettato inizialmente. Mi è dispiaciuto molto.

Beatrice Pedrini

Diciamo solo che ci sono state lezioni da imparare, qua e là…

Elena Piovan

Ci sono stati un paio di progetti in cui sono emersi problemi lungo il percorso. Sono state esperienze decisamente formative; in particolare mi hanno insegnato l’importanza di impostare in modo chiaro e puntuale fin dall’inizio il punto di partenza, di arrivo, e tutte le caratteristiche previste dal progetto.

Donatella Ruggeri

Questa è stata la risposta più difficile da dare. Non mi è venuto niente in mente per diverso tempo, che le cose vadano storte è parte del processo e quindi probabilmente non le ricordo con questa accezione.

Se proprio devo identificare una volta, ricordo un team che si è sgretolato e poi sciolto intorno a un progetto. Lo ricordo con un po’ di dispiacere perché non sono riuscita ad evitarlo e perché ne hanno risentito anche i rapporti personali. A ripensarci con lucidità e con più esperienza oggi, c’erano seri problemi di ruoli, aspettative e ownership che alla fine, per quanto il tema e la vision di prodotto fossero entusiasmanti, hanno fatto collassare tutto.

Daniele Tabellini

Con Erika curammo il progetto grafico di una mostra a Castel Sant’Angelo sulle “storie dell’arte di eccellere” dei marchi del design italiano. Sei mesi di lavoro di cui l’impresa promotrice ci ha pagato ⅓ di quanto nei contratti. Anni dopo vinciamo la causa e, non ci pagano comunque. Abbiamo decisamente imparato molte cose su contratti, legal design e srl. La raccolta fatta per il tribunale su quanto avevamo progettato e realizzato rimane uno dei miei portfolio preferiti.

Davide Tarasconi

Sarò sintetico e un po’ criptico: pensavo che bastasse dare il buon esempio, e non è bastato.

Giorgio Trono

Quando ho collaborato ad un progetto al termine del quale è stato consegnato in ritardo un prodotto non ottimale: esito inevitabile a causa di una cattiva gestione dei vari collaboratori, dei tempi di lavoro e del cliente da parte di chi ne aveva la responsabilità.

Matteo Uggeri

Ho lavorato per anni su un progetto del MIUR nel quale credevo molto, e con persone eccezionali coinvolte sia nell’istituzione in cui lavoravo, sia nella sua parte diciamo ‘politico/dirigenziale’. Poi, come nelle serie di crime, come si dice ora, sono arrivati i cattivi. E mi sa che hanno vinto, e noi perso. E’ stato uno shock, ma non ho smesso di essere un militante e “continuare a sperare, per poter riderci sopra” (altra citazione, chi la becca gli spiego meglio ancora la risposta alla domanda 4 e gli offro un caffè).

Lowie Vermeersch

C’è stato un momento in cui volevamo comunicare al mondo il progetto Mobjects, ma in qualche modo è andato tutto storto, perché le nostre azioni hanno portato a un perfetto silenzio. Abbiamo imparato da quel momento, ma abbiamo ancora molta strada da fare per portare la comunicazione al livello qualitativo del lavoro che stiamo svolgendo in studio.

Pasquale Volpe

Sorvoliamo… non è interessante.

Marco Ziero

A livello commerciale è stata venduta una remunerazione legata alle performance.

Ciò ha sbloccato nel cliente l’idea che tutto poteva finire dentro il calderone delle attività da fare perché più fatturava lui e più fatturava noi.

Ma noi stavamo tenendo traccia del tempo impiegato nel progetto per capire se l’idea di andare a performance fosse stata win-win.

Mi trovai quindi tra l’incudine — il cliente che non aveva più freno — e il martello — il project manager che mi chiedeva di dosare al minimo le ore.

Mi ha messo a disagio quella situazione perché, mentre al telefono mi dimostravo coinvolto e ingaggiato, sapevo in realtà che molte delle cose che ci dicevamo non le avrei potute fare.

Questo aneddoto ha rafforzato la mia idea di (1) dire di no (2) essere io a indicare al cliente le condizioni all’interno delle quali ritengo di dover lavorare per portare il massimo dei risultati.

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