Banca d’Italia interviene sul Bitcoin e valute virtuali
Originally published at www.newmoney.it on January 31, 2015 by Giulia Aranguena, ADLP Studio Legale
Finalmente (anche) la Banca d’Italia si è pronunciata sulle valute virtuali e sul Bitcoin. E lo ha fatto addirittura nell’ambito del Bollettino di Vigilanza, cioè della pubblicazione periodica più importante che raccoglie gli atti di tutte le autorità creditizie (CICR, MEF e Banca d’Italia) rilevanti per l’attività di sorveglianza posta a presidio della correttezza e trasparenza dei rapporti tra intermediari e clienti.
Così, ieri, la Banca d’Italia ha comunicato a tutto il mercato la propria posizione ufficiale in merito alle valute virtuali colmando con ciò, anche se con un certo ritardo, il lungo ed assordante silenzio con cui aveva scelto di “non trattare” questo tema, esploso all’attenzione internazionale di investitori, Stati nazionali, media, autorità di settore e semplici utilizzatori di tutto il mondo.
Vista l’assunzione di posizioni istituzionali in altri paesi, l’intenso dibattito internazionale dedicato al Bitcoin, le numerose interrogazioni, audizioni e documenti ufficiali avutisi in altre nazioni su questo argomento; e considerati soprattutto i traffici sempre più energici fatti con valuta digitale privata, era venuto quasi il sospetto che il protrarsi di una mancata reazione della nostra Authority bancaria fosse frutto di uno scarso senso di realtà, di poca lungimiranza e di un cocciuto istinto “ombelicale” di non pronunciarsi per “superiorità” o per non dare troppa importanza alle valute virtuali, sottolineandone così la natura di moda passeggera, piuttosto che di vero e proprio nuovo paradigma degli scambi e degli strumenti finanziari.
Ebbene, noi per primi riconosciamo di essere stati smentiti, e per fortuna — anche se alcuni potranno non condividere i contenuti comunicati ieri da Via Nazionale — il tenore complessivo delle dichiarazioni di Banca d’Italia postula e dimostra una serie di elementi positivi.
Innanzi tutto, è chiaramente leggibile la volontà di occuparsi dell’argomento e, quindi, indirettamente, un volersi confrontare con le sfide ed il potenziale innovativo dei nuovi strumenti digitali di scambio di valore finanziario su basi crittografiche, che così tanta diffusione stanno avendo nel mondo.
Inoltre, pare esservi un riconoscimento, implicito ma definitivo, della dignità e dell’importanza delle valute virtuali da parte di Banca d’Italia, che aggancia con autorevolezza anche il nostro paese al “villaggio globale” che sta diventando il mondo pur sollecitando, com’è naturale, l’assunzione di una posizione congiunta ed armonizzata in sede europea stante l’essenza transnazionale del fenomeno e le precorse comunicazioni ufficiali da parte della BCE e dell’EBA.
Ma la nostra Authority non si è limitata a dare un segno di presenza passiva al nostro Paese buttandolo (finalmente in maniera ufficiale) nella mischia delle crypto-currencies.
Infatti, viene offerto anche un principio di definizione delle valute virtuali che, per quanto light (anzi meglio), mostra chiaramente che Via Nazionale ha partecipato e intende partecipare al confronto sulla natura giuridica di esse, fornendo, senza dubbio un boost agli interpreti ed a coloro che sono chiamati a risolvere il “dilemma” di cosa sia il Bitcoin.
Al riguardo, non solo ci fa piacere che Banca d’Italia aderisca a quella visione delle valute virtuali (da noi per primi perorata ed avvalorata) come “rappresentazioni digitali di valore” che aiuta il Bitcoin ad uscire dalla trappola di una definizione monetaria a tutti i costi. Ma ne condividiamo il senso complessivo, volto, secondo noi, ad avvicinare le valute virtuali a quel carattere di documento informatico rappresentativo di un valore finanziario e di scambio (di cui noi stessi avevamo parlato in varie sedi l’anno scorso), che potrebbe consentire di riportare il tutto nell’ambito del c.d. digital baerer (negoziabile e liberamente scambiabile, al pari di altri titoli), in grado di “fotografare” la natura ibrida delle valute virtuali e di sostenere le loro molteplici forme di utilizzazione economica, sia come mezzi di scambio sia come investimenti finanziari alternativi.
Altro elemento che condividiamo (almeno in via di principio) e che consideriamo di stimolo è la volontà di Banca d’Italia di riportare l’ordine nel campo.
La nostra Authority ricorda, in prima battuta e per primi agli intermediari vigilati, che negoziare valuta virtuale, in assenza di “adeguati presidi” (cioè tutele) e di un “quadro legale certo” può comportare dei rischi e provocare delle perdite, collegate alla poca stabilità che, ancora, affligge il valore di cambio delle valute virtuali rispetto alle valute nazionale.
In seconda battura, e qui senza dubbio si accenderanno gli animi, Via Nazionale non “le manda a dire”, facendo presente, con estrema chiarezza e durezza, che — specie in assenza di una diversa presa di posizione da parte dell’ordinamento e, pertanto, di una scelta politica precisa — le modalità concrete di funzionamento delle valute virtuali, e cioè il compimento delle attività economiche ed a scopo di lucro ad esse collegate, potrebbero ricadere negli ambiti di quelle attività di impresa che la legge italiana (anche per effetto di direttive comunitarie) riserva a determinati soggetti legittimati, titolati e qualificati sia dal punto di vista delle garanzie patrimoniali e del capitale di vigilanza, sia dal punto di vista della compliance nei confronti della clientela.
A questo proposito la Banca d’Italia rievoca, a beneficio di chi vuole intendere e sa investire, che l’esercizio dell’attività bancaria, la raccolta e la sollecitazione del risparmio e la prestazione dei servizi di pagamento e di investimento costituiscono attività economiche “protette” e l’esercizio di esse, senza le necessarie autorizzazioni, infrange divieti legali ed integra un abuso penalmente perseguibile (secondo alcune norme del Testo Unico bancario).
Sul punto specifico, tuttavia, bisognerà vedere come la nostra massima autorità di vigilanza del settore (e soprattutto il legislatore) intenderà dar corpo e “regolare” quanto precisato in maniera astratta e generale dalla comunicazione di ieri.
È naturale, infatti, che startup operanti in questo particolare settore Fintech delle valute virtuali non possano, e francamente, non debbono essere paragonate ad intermediari tradizionali se non si vuole “ammazzare in culla” un nuovo settore di intrapresa economica che così tanto successo sta avendo in altre parti del mondo e che, ad esempio, ha visto la giovanissima Coinbase avviarsi, dopo un secondo round di finanziamenti a dir poco eccezionale, nell’esercizio del primo exchange regolamentato secondo l’ordinamento finanziario degli Stati Uniti. E occorrerà capire se, ad esempio, potranno essere previste delle soglie di esenzione oppure dei periodi di parziale esonero fino al raggiungimento di determinati livelli di fatturato per poi applicare la disciplina ordinaria.
Ma questo è un discorso di ordine generale o politico se si preferisce, e si vedrà. Moltissimo dipenderà ad esempio da come le banche commerciali tradizionali e gli intermediari tradizionali reagiranno alla concorrenza che tutta l’attività Fintech ha portato e continuerà a portare in maniera sempre più massiccia e caparbia nei confronti dei vecchi modelli della banca universale.
Certo è che ora, a seguito della comunicazione di ieri, la Banca d’Italia ha suonato la campanella della fine della ricreazione lasciando intendere molto chiaramente che il periodo di far west è terminato e che, in Italia, si è all’avvio della vigilanza prudenziale (e microprudenziale) anche per le valute virtuali.
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