Amleto 2.0: usare gli algoritmi (e la tecnologia) o esserne usati?

Federico Guerrini
Off-the-grid: tra fisico e digitale
4 min readDec 1, 2016

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Scena 1: sono a Helsinki, per la conferenza Nexterday North. Sul palco c’è Kenneth Cukier, data editor dell’Economist. Fra le varie cose che spiega, relativamente a come i big data possano essere usati dalle aziende, ce n’è una che mi colpisce.

“Fino a qualche tempo fa — dice — Uber dava la possibilità ai passeggeri di andare incontro all’autista, per risparmiare tempo” (i cosiddetti smart pick up points), “in futuro non sarà più una scelta”.

Ovvero, gli utenti dovranno fare la loro parte per “ottimizzare” il servizio.

Scena 2: sono sulla via del ritorno, aeroporto di Vantaa.

Al bag drop non c’è quasi nessuno. Stampo la mia carta di imbarco e le etichette bagaglio alla macchinetta check-in e mi avvio verso il bancone.

Una gentile signorina bionda (come quasi tutte lì intorno) mi ferma e mi suggerisce di andare al banco automatico; non devo far altro, flauta, che “scansire il codice a barre” dei bagagli e poi mettere la valigia sul nastro.

Sarà la stanchezza, sarà che in effetti al banco del personale non c’è fila, ma ho un moto di ribellione. “Thanks, but I prefer to use the person”, dico. Devo avere un’aria un po’ arruffata, perché apre la boccuccia, fa per dire qualcosa, poi indietreggia, quasi, e mi lascia passare.

Sull’aereo, mentre sorseggio il mio succo al lampone, ci ripenso: ma non è che con la scusa della tecnologia che semplifica e disintermedia, ci hanno tirato la fregatura?

Mi viene in mente un articolo di Maurizio Ferraris, di parecchio tempo fa che, richiamandosi alla teoria della mobilitazione totale formulata da Ernst Junger negli anni Trenta, spiegava come, nell’era dell’iperconnessione, siamo tutti potenzialmente “richiamabili” e “attivabilI”.

Dovunque ci troviamo e in qualsiasi momento. È un po’ la filosofia alla base di un’applicazione che aveva fatto ben sperare un paio di anni fa, Scoopshot, che dava la possibilità alle redazioni di “attivare” i lettori per coprire eventi sul territorio.

Ma è anche l’idea alla base dei vari contest di fotografia organizzati da enti del turismo e pro loco, delle app di segnalazione di disguidi ai Comuni, dei concorsi di idee promossi sul Web.

Non è che sia un male: maggiori opportunità di attivazione significano anche, in teoria, maggiori possibilità di risparmio sui tempi, guadagno e visibilità.

Il problema è capire, come con Uber, quando questa partecipazione è frutto di una scelta volontaria e quando diventa imposta. E cui prodest.

Un esempio eclatante, è ovviamente, quelle delle app legate alla gig economy. Nei mesi scorsi si è molto parlato della vicenda Foodora, e degli altri servizi di consegna cibo a domicilio.

Uno dei refrain più sentiti da parte degli uffici stampa, in quel periodo, era che ogni volta che ricevevano un’ordine, i fattorini “potevano scegliere liberamente di effettuare o meno la consegna”.

Sul serio? E il tempo passato ad attendere, in reperibilità e modalità stand by, chi glielo paga? E dopo quanti rifiuti scatta il licenziamento tramite diniego di accesso all’app?

Si può davvero parlare di libertà, in queste condizioni?

Esistono però anche condizionamenti più sottili, di cui a stento ci rendiamo conto. Pensiamo alle banche. Fantastico, l’home banking. Non devo andare in filiale, non devi perdere tempo.

D’altra parte, a questo ci si pensa meno, è un vantaggio anche per le banche, che attivano l’utente per fargli svolgere compiti di data entry e di amministrazione che prima dovevano fare internamente.

Tu stai a casa, incatenato al computer, e mentre lo fai, senza nemmeno rendertene conto, lavori per la banca, che così può fare a meno di pagare un cassiere per fargli fare le stesse cose che tu ora fai gratuitamente.

Ma, si dirà, tu puoi benissimo continuare ad andare allo sportello come prima, sobbarcandosi la fila. Vero, ma qua scattano i meccanismi di disencentivazione: canoni più alti per i mesi con operazioni in banca, meno operatori, orari ridotti ecc.

Un po’ come con Uber, o con l’imbarco bagagli in aeroporto, il margine di scelta a poco a poco si riduce. Cose che prima sembravano normali, e facevano parte del servizio, diventano dei lussi.

L’idea è che siamo tutti più indipendenti e risparmiosi: che l’eliminazione del middle man porti a riduzione dei costi e maggiore autonomia.

Il rischio è però che funzioni nel senso inverso: che sia l’utente a doversi fare carico di una dose di lavoro extra, per soddisfare le pretese di chi gestisce la piattaforma (o il servizio), e garantirgli margini di profitto sempre più elevati.

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Federico Guerrini
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Journalist. Writing about Technology & blogging the Startup world for the daily @La_Stampa - http://t.co/iyBOBOZ5