Bambini digitali: policy e psicologia per le identità in formazione

Stefano Pace
Off-the-grid: tra fisico e digitale
6 min readNov 4, 2017

Simone Cosimi e Alberto Rossetti hanno recentemente pubblicato “Nasci, Cresci e Posta — I social network sono pieni di bambini: chi li protegge?” (Città Nuova). Dalle professionalità dei due autori emerge un testo che ha un taglio sia di ricerca giornalistica (Cosimi) che psicologico/psicoanalitico (Rossetti). Questa interessante ibridazione disciplinare rende l’idea della complessità del tema e dell’approccio multidisciplinare che richiede: il consumo di social media e di contenuti digitali da parte dei bambini. Da un lato, le policy di siti, social network e app dovrebbero idealmente tener conto delle caratteristiche specifiche dei bambini, utenti che devono essere trattati con tutte le cautele necessarie. D’altro canto, lo studio del comportamento del bambino online dovrebbe informare le policy stesse. Questa reciproca interazione fra policy e psicologia si verifica nella realtà dei social network e degli ambienti digitali? Il libro ci dimostra che purtroppo tale circolo virtuoso non esiste ancora o esiste parzialmente.

Policy

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Il testo analizza le policy di vari social network. I social media americani adottano il regime legale del COPPA (Children’s Online Privacy Protection Rule) che per estensione viene poi a formare la base delle norme social anche di altri Paesi. Le policy dei social media tendono a regolare il rapporto con i minori non nel senso di preservare la natura speciale di bambini, bensì quella di regolare i dati che possono essere raccolti e trattati: “il limite dei 13 anni non è istituito con ottica di tutela rispetto ai contenuti a cui i minori di quell’età potrebbero essere sottoposti sui social network. Bensì con l’obiettivo di costruire un ambiente che raccolga meno informazioni personali su quei soggetti”. Naturalmente, una regolamentazione delle modalità di acquisizione e impiego dei dati dei minori online è una priorità che va tutelata e ben gestita, tuttavia è riduttiva rispetto alla complessità del fenomeno dell’uso dei social da parte di minori. In aggiunta alle importanti norme sulla raccolta dei dati personali, il libro suggerisce una riflessione normativa e teorica più ampia e profonda sull’ambiente digitale che si apre sullo schermo di un minore che accende un computer o usa uno smartphone.

La ricognizione delle policy condotta in “Nasci, Cresci e Posta” consente di capire che la formulazione di norme concernenti gli utenti digitali di minore età richiede una varietà di competenze: tecnologiche, psicologiche, legali, pedagogiche, economiche, sociologiche… Forse questa varietà di competenze caratterizza il fenomeno digitale più di altri contesti, visto che il digitale è un fenomeno in cui il lato tecnologico e quello umano sono ormai inscindibili. Regolamentare il traffico lungo una strada richiede conoscenze principalmente tecniche. Conoscenze ben diverse e più ricche sono invece necessarie per disegnare un’esperienza online adatta a ogni segmento di utenti, inclusi i minori.

Lo sforzo delle policy dovrebbe possibilmente essere legato da un obiettivo in grado di orientare famiglie, imprese e autorità di regolamentazione: rendere gli ambienti digitali adeguati alla fruizione di un bambino o, almeno, non rischiosi. In un futuro, forse utopico, il digitale dovrebbe essere una parte del repertorio formativo di una persona. Per ora, si tratta piuttosto di un territorio promettente e con casi positivi. Uno dei capitoli finali del libro mostra infatti alcuni tentativi di motori di ricerca, siti e risorse digitali pensate per poter essere usate dai bambini. Tuttavia i casi virtuosi coesistono con angoli poco consoni alla crescita di una giovane persona. Il digitale è un ambiente interconnesso e una falla in un angolo può compromettere una serena fruizione da parte degli utenti altrove. Il libro fa comprendere che la mappa digitale è punteggiata da (rade) oasi adatte ai bambini e da regioni descrivibili come hic sunt leones per i segmenti di utenti più vulnerabili.

L’Altro (digitalizzato)

La seconda componente del testo di Cosimi e Rossetti è quella psicologica. Si entra nella profondità dell’esperienza digitale e si ricavano riflessioni che possono aiutare anche gli utenti adulti a pensare diversamente il loro utilizzo dei social media. Un dato essenziale del libro è nell’applicazione di un approccio psicoanalitico di tipo lacaniano. Il testo pone l’Altro come elemento fondante dell’esperienza digitale:l’identità di ciascun essere umano si forma a partire dal legame con l’Altro”. I social sono uno degli strumenti attraverso i quali questo legame intersoggettivo che forma il soggetto viene sperimentato. I social sono uno specchio che l’utente impiega per comprendersi meglio e per prendere le misure della propria identità. Questa funzione formativa dell’identità fa uscire dall’idea superficiale che i social siano un passatempo ozioso. Al contrario, sono proprio i bambini a intuire il potere di social: “Esattamente come gli occhiali curano il difetto della vista, lo smartphone sembra curare i limiti dell’io e, pertanto, non si può stare senza questo oggetto integrativo durante la giornata. I bambini, con il loro sguardo innocente, si accorgono di ciò quando, ancora piccoli, trattano lo smartphone allo stesso modo di un paio di occhiali: quando il genitore ne è sprovvisto fanno in modo di farglielo riavere, riconoscendo così l’importanza di quell’oggetto per la vita di un essere umano”.

Nel caso dei bambini, i social amplificano questa componente di formazione dell’identità in modo eccessivo e distorto, diventando uno specchio che non nutre l’identità in evoluzione, bensì la deforma. “L’identità del cucciolo d’uomo si forma a partire dall’immagine che il grande Altro (familiare, sociale, culturale, storico) gli restituisce attraverso lo specchio: questo legame con l’Altro è al centro della formazione della sua identità. A nessun essere umano è data la possibilità di osservarsi dall’esterno, se non, per l’appunto, attraverso lo specchio, l’Altro, e nel nostro tempo, i social network”. In passaggi come questo si restituisce all’esperienza digitale il suo valore profondo, che non può essere affrontato in modo superficiale, soprattutto se in gioco c’è la crescita di giovani identità e personalità in formazione.

Osservato dall’adulto, un social è uno specchio che fa ragionare e sragiornare, ridere e piangere, riflettere e indignare, imparare. Uno specchio ricco di colori e sfumature, luci e ombre. Visto dal bambino, lo stesso specchio assume toni ben diversi e le ombre rischiano di prevalere, tanto che il testo è chiaro in una delle sue conclusioni: nessun social, per sua struttura, potrà mai essere il posto giusto in cui lasciare un bambino a giocare”.

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Uno dei punti di forza del libro di Simone Cosimi e Alberto Rossetti è che il lettore comprende meglio non solo i bambini digitali, ma comprende meglio il proprio consumo digitale di persona adulta. Il concetto di Altro, mediato dalle tecnologie, è costrutto che può rendere migliori le nostre navigazioni. La tecnologia aiuta a connetterci con un Altro che sarebbe impensabile senza i social, aprendo orizzonti prima sconosciuti. Allo stesso tempo, dobbiamo essere consapevoli di alcuni possibili effetti collaterali di questa potenza di legame. L’Altro incontrato nel digitale è un filo allacciato al nostro filo dall’efficienza della macchina, rendendo l’incontro un fatto quasi scontato e facendo perdere il rispetto del mistero che invece dovrebbe contenere. La “bellezza dell’inciampo”, come nota il libro, viene persa a favore di una maggiore facilità della comunicazione. Non sperimentiamo l’inciampo dell’Altro, l’inciampo sull’Altro, non verifichiamo i nostri limiti nell’interazione con gli altri. Limiti che ci illudiamo di superare grazie ai filtri dei nostri limati profili social e alle rassicuranti connessioni a distanza guidate da algoritmi sulla base di superficiali similitudini.

L’Altro ricorre nei discorsi che descrivono la nostra era, anche in ambiti diversi da quelli psicologici. Ad esempio, in “L’espulsione dell’Altro”, Byung-Chul Han teorizza nella nostra epoca un’eccessiva ricerca dell’Uguale, che sterilizza e annulla l’Altro inteso come identità distinta che può aiutare la nostra identità a svilupparsi pienamente. Spinti nell’iper-efficienza dei nostri sistemi digitali, entriamo in stanze in cui ascoltiamo perennemente l’eco della nostra voce, pensando siano voci di altre persone.

Osservare e tutelare l’esperienza digitale dei bambini non serve solo ai bambini, ma anche a noi. Di fronte ai portenti dell’era tecnologica, rimaniamo tutti un po’ bambini digitali. Ricordiamolo ogni volta che ci inoltriamo nel magico bosco digitale.

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Stefano Pace
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