I leverage point alla base della rinascita

Francesco Vernelli
Flowing
Published in
5 min readJul 2, 2019

Questa è la seconda parte della storia che racconta come, evolvendo, in qualche modo siamo rinati. Eravamo rimasti al punto in cui farvi conoscere la tecnica con la quale extrategy e ideato hanno deciso di discutere del futuro della loro impresa con entusiasmo e partecipazione; trovate tutto qui sotto.

Open Space Technology

Alla domanda “qual è il miglior modo per discutere in un gruppo” la risposta che posso dare da oggi in poi è: OST. Ovvero, Open Space Technology (per chi ne volesse sapere di più). Questa tecnica è quella che Cocoon Project ha proposto a tutti i membri di ideato e extrategy per discutere di valori, interessi e attività della loro impresa.

L’OST si struttura attorno a un macro tema sul quale viene chiesto ai partecipanti di proporre discussioni. Il tema su cui sono partite le discussioni aveva questo titolo:

Quale valore ognuno di noi deve generare per aumentare il benessere aziendale?.

Cosa notate in questo tema che vi colpisce? A parte la complessità di un’eventuale risposta, a me ha colpito che la domanda presuppone che a costruire il benessere aziendale siano le persone e, al contempo, a quelle stesse persone si chiede di dare una risposta. Ecco perché prima ho parlato di crisi: per discutere questo argomento, con tutte le sfaccettature che tra poco vi elencherò, non si può fare a meno di essere coinvolti in prima persona.

In ogni caso da questo tema, sono partiti 19 tavoli di discussione in due giorni che hanno viste impegnate circa trenta persone. Questi sono i temi che sono stati trattati:

  1. perché è importante il benessere aziendale
  2. il consiglio di amministrazione e la governance
  3. il nostro business model
  4. come aumentare gli stipendi
  5. come utilizzare al meglio il tempo in azienda
  6. la comunicazione tra il reparto produzione e quello commerciale
  7. competenze verticali o competenze orizzontali
  8. organizzare la nostra presenza internazionale
  9. perché stiamo facendo open governance
  10. quali sono i numeri importanti da tenere sotto controllo
  11. rendere utili per l’azienda le passioni dei singoli
  12. la regola dell’80/20
  13. salute fisica e mentale in azienda
  14. se non ora, quando?
  15. service design e strategia
  16. tattiche e strategie in open governance
  17. chi decide le sorti dell’impresa
  18. il valore che generiamo
  19. logiche push e logiche pull

Sforzo collettivo

Ognuno dei punti sopraccitati ha prodotto una discussione, un confronto e un report. I dibattiti sono a volte faticosi: ogni discussione comporta portare la propria esperienza, mettersi in gioco, convincere in qualche modo gli altri e allo stesso tempo fare proprie le altrui ragioni; partecipare significa essere autonomi, emancipati e in grado di trovare la giusta misura di un entusiasmo che definirei squilibrato: da una parte le ragioni personali e dall’altra la visione dell’impresa.

Le certezze e i dubbi, gli entusiasmi e le perplessità, i disagi e le conquiste, i dati e le percezioni: c’è tutto quello che una persona può esprimere in queste 19 discussioni. La sensazione che ho avuto è stata quella di assistere, davvero, a un grande sforzo collettivo ancor più che personale. Questa modalità open di gestire l’impresa è il modo più “semplice” per portare le persone fuori dal loro ruolo di dipendenti e abilitarle ad affrontare alcuni temi chiave prima, a proporre soluzioni e prendere delle decisioni successivamente. In precedenza ho parlato della “crisi” quando ho azzardato una metafora con i supereroi: eccola, è questa. Siamo nel momento sconvolgente e travolgente allo stesso tempo, siamo nel momento in cui si svolta e si cresce.

Il concetto di fiducia

Vi assicuro che a un certo punto ho temuto davvero che tutto questo potesse diventare ingovernabile. Non nel senso del controllo, quanto piuttosto nella possibilità di poter raggiungere una conclusione qualsiasi. Me lo sono chiesto perché non riuscivo a vedere quale potesse essere un punto di svolta che permettesse di passare dallo scambio di esperienze e opinioni, a un contributo collettivo che potesse far crescere tutti con il contributo del singolo. Perché, diciamolo, è molto facile che una cosa del genere possa finire in un qualcosa che assomiglia molto alla chiacchiera e al gossip.

Le mie paure in questo senso hanno trovato argine in un concetto tanto semplice quanto poco scontato: la fiducia. Ho sempre pensato che la fiducia sia un concetto fondamentale per la convivenza degli esseri umani. Ma in questo senso, ho sempre pensato a una fiducia “automatica”, a un meccanismo cerebrale che ci permette di condividere il minimo necessario. Voglio dire, per esempio andando in auto, la fiducia che l’altro in senso contrario mantenga la destra, ci fidiamo che rispetti la regola. Ma la fiducia può essere anche un’altra cosa. Può essere uno slancio che abbiamo senza che ci sia una norma che ce lo imponga, può essere un modo di affrontare le nostre esperienze che lascia un po’ più di spazio alle sorprese, piuttosto che alle sicurezze.

Questa è la fiducia che questo gruppo alimenta nello stesso istante che decide di sedersi attorno a un tavolo per discutere di un tema proposto da un collega, oppure quando sceglie di definire quelli che saranno i focus su cui lavorare nel prossimo futuro. Sono i leverage point, le “linee rosse” sulle quali si muoverà l’impresa, gli obiettivi da portare a casa nel medio periodo. Come si scelgono?

Leverage point

La tecnica non è più quella dell’Open Space Technology ma si lavora in gruppo per implementazioni successive partendo dalla ricerca dei comuni denominatori che ci possono essere tra tutte le discussioni portate avanti fin a quel momento. Quando si trovano, si condividono con i post-it su di una parete e si discute per raggrupparli in aree omogenee.

Poi quando qualcuno partecipa, gli va di arrivare fino in fondo per ascoltare tutto ma anche per dire la sua. Perché è attratto, sono discussioni interessanti, che riguardano anche il suo futuro, il futuro della sua azienda. A me pare molto bello, quasi emozionante, perché è evidente che ognuno ha a cuore le sorti dell’impresa: non è come un figlio, ma credo di non sbagliare nel definirlo il loro tesoro.

Così, poco a poco, quella massa di foglietti si concentra in alcuni punti focali e alla fine ne nascono i leverage point, le leve sulle quali basare quella che prima, parlando di eroi, abbiamo definito la rinascita.

Questione di attrazione

Non saprei dire, ora, se sarebbe stato possibile arrivare a questo punto in un’altra maniera perché solo alla fine ho un’idea chiara di tutto il percorso. Però sono convinto che ci sono due cose essenziali per poter lavorare in questa maniera raggiungendo risultati di un certo livello: le persone e la fiducia.

Soprattutto per questo credo che lavorare con questa impresa sia bello. In qualunque modo ti avvicini, che tu sia un cliente, un dipendente, un collaboratore, un partner c’è un punto in cui ti accorgi che c’è qualcosa di diverso da quello che solitamente si intende come rapporto professionale. Non sto parlando di amicizia. La definirei più come un’attrazione: più li osservi all’opera, più ti chiedi come sia possibile, più rimani meravigliato dai risultati. Forse ho davvero avuto a che fare con persone dagli strani poteri.

Oppure, più semplicemente, questa breve storia racconta di come le trasformazioni, i cambiamenti e le evoluzioni sono un percorso così affascinante che non possiamo non esserne attratti perché in fondo, ciascuno di noi, ha voglia di crescere e diventare un supereroe.

--

--

Francesco Vernelli
Flowing

Imprenditoriale, editoriale, manageriale. Qui racconto storie di lavoro, imprese, comunicazione e sviluppo delle persone.