La storia del Pomodoro Tommaso

PAOLO CECI GINISTRELLI
Food&Wine
Published in
5 min readApr 19, 2021

Se sei una persona facilmente suggestionabile, questo non è un articolo per te. Se invece sei un lettore forte, sono qui pronto a raccontarti la storia del Povero Pomodoro Tommaso.

Il Pomodoro Tommaso, era un pomodoro come tutti gli altri, cresciuto sotto il caldissimo sole estivo del tavoliere Pugliese. Perché “povero Pomodoro”, allora? Il suo problema era quello di esser cresciuto su una pianta che aveva avuto a disposizione poco da mangiare, determinando così, sul piccolo Tommaso, una deformazione irrimediabile che lo ha reso brutto ma non meno buono. Quella piccola e insignificante deformazione ha compromesso l’intera vita di Tommaso infatti, oltre ad essere lo zimbello di tutto il campo, quella deformazione, lo ha portato ad affrontare viaggi su camion, celle frigo, cassette, frigoriferi accesi h24 di un supermercato e poi di nuovo su un camion pe finire in una grande discarica inquinante sperduta nelle campagne di un’indefinita città Italiana.

Sembra una favola per bambini senza il “e vissero felici e contenti” ma, invece, è il racconto un problema ben più grave di quello che possiamo immaginare. Dal rapporto dell’Osservatorio Waste Watcher risulta che in Italia 36 chili di cibo a testa diventano scarto. Ogni anno, infatti, lungo tutta la catena di produzione, distribuzione e consumo, “buttiamo” tra i 12 e il 16 miliardi di euro, ovvero circa l’1% del Pil nazionale. Produciamo quattro volte di più quello che sarebbe necessario per sfamare quella parte di pianeta che muore ogni anno per la mancanza di cibo.

Ogni anno moltissima frutta e verdura viene scartata dalla catena alimentare in quanto -come afferma l’economista Andrea Segrè- ha “solo” perso valore commerciale ma che potrebbe essere ancora destinata al consumo umano perché sana e salutare.

Frutta e verdura meno bella, questo sì, ma certamente non meno buona! In una società come la nostra, in cui il canone estetico di una “bellezza” irraggiungibile si riversa anche nel mondo del cibo, stiamo forse dimenticando la sua funzione principale: alimentarci! Senza nulla togliere a tutte le “nuove esperienze” oggi legate al cibo: sperimentazione sensoriale, socialità, viaggio fisico e culturale.

Come il pomodoro Tommaso, ci sono migliaia di tonnellate di vegetali, ottimi dal punto di vista nutrizionale, ma non adatti alla grande distribuzione perché irregolari (in riferimento a colore, piccoli difetti morfologici, lucentezza) o fuori calibro rispetto a quanto imposto da alcuni rigidi regolamenti, e per questo scartati direttamente dai produttori o, nella migliore delle ipotesi, utilizzati come componente di alcuni mangimi animali.

Per fortuna però, questo problema potrebbe trovare una soluzione nella natura stessa della nostra società. La nostra, infatti, è una società individualista, dove si parla da anni di sviluppo sostenibile, resilienza, conversione ecologica, sfruttamento cosciente delle risorse…ma le parole spesso restano tali.

Se tendiamo ad essere così individualisti, e quindi a pensare sempre di più a noi stessi, è logico che consideriamo sempre più la nostra salute, la quale è anche, e soprattutto, collegata al cibo. Biancaneve, e tutti e sette i nani, hanno provato fin da piccoli a farci capire che la mela, più è lucida, rossa, grande, turgida, liscia…e più è velenosa. Il rapporto nazionale pesticidi nelle acque, pubblicato dall’Ispra nel 2019, ha rivelato come nella Provincia di Trento la presenza di pesticidi (9,3 kg /ha) sia molto più alta rispetto alla media nazionale. Da un test effettuato da ilsalvagente.it, si è visto che su 22 mele in vendita sono state trovate fino a cinque sostanze tossiche su uno stesso frutto, tute sotto la soglia dei Limiti Massimi di Residui, ma quanto si sa sull’effetto cocktail che potrebbero esercitare sul nostro organismo?

Nello stesso tempo, dalle analisi effettuate da The world after lockdown di Nomisma e Crif su un campione di 1.000 nostri connazionali, si è visto che, in uno scenario post Covid 19, fra i trend in forte crescita nella scelta dei prodotti da parte dei consumatori ci sarà l’origine locale, una forte attenzione alla sostenibilità ambientale ma, soprattutto, una grande attenzione alla salute. È proprio questo l’aspetto su cui più bisogna puntare in quanto, alla società presente poco interessa di cosa lasciamo alle generazioni future.

Come si può sfruttare questo innato istinto egoistico dell’uomo moderno occidentale? Formare, informare, condividere e diffondere. I produttori del comparto agricolo sono costretti ad affrontare la questione della sopravvivenza della propria attività, spesso messa in dubbio da livelli e parametri commerciali e da una lotta concorrenziale incentrata quasi esclusivamente su parametro “prezzo”. In quello che pare essere un sistema tenuto in scacco dalla produzione standardizzata ed esteticamente più appetibile è assolutamente necessaria una conversione generalizzata non solo da parte dell’agricoltura ma anche di noi consumatori finali.

Tornando sulla questione estetica, cosa intendiamo per “brutti”? Una pesca ammaccata. Spinaci troppo piccoli o troppo grandi. Una patata con troppi bozzi. Una cipolla troppo lunga. Una noce piccola e scura. Una arancia meno liscia e lucida delle altre. Un pomodoro con qualche macchiolina più chiara. Un mandarino dolcissimo ma pieno di semi. La pera a forma di mela e, perché no, una mela a forma di pera. Una zucchina extralarge. E potrei continuare all’infinito, creando un elenco di tutte le magnifiche peculiarità che la natura ogni giorno ci offre, senza nulla togliere a sapore, caratteristiche nutraceutiche e funzione che queste, anche se non “perfette”, assolvono per le nostre necessità nutrizionali.

Quando impareremo che la natura non può essere standardizzata? Quando impareremo che non dobbiamo mangiare frutta fuori stagione? Ci siamo abituati a mangiare ciliegie e uva a Natale, zucchine e pomodori tutto l’anno e frutti esotici che arrivano da paesi lontani portando con sé migliaia di tonnellate di anidride carbonica emessa dai mezzi trasporto utilizzati per coprire i lunghi spostamenti. I sistemi agricoli intensivi che spingono solo sulla quantità e non sulla qualità del prodotto finito, fanno spesso uso smodato di additivi chimici, pesticidi e metodi forzati producendo frutta e verdura esteticamente perfetta ma spesso priva di sapore, di nutrimento e di “tradizione” del proprio territorio.

Quindi, se veramente non volgiamo pensare alle generazioni future e nemmeno al Povero Pomodoro Tommaso e a tutti gli altri scarti come lui, dovremmo almeno pensare a noi stessi, alla nostra salute e a quanto, un pomodoro brutto, sia, in realtà, bello dentro…nella realtà il principe azzurro, a salvarci dal veleno della mela, raramente arriva. Pensiamoci prima e salviamoci da soli!

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