L’acquisizione di Workfront e il valore della collaborazione nella marketing technology

Gianluigi Zarantonello
Professioni Digitali
4 min readNov 23, 2020

Quando ho scritto il capitolo sulle tecnologie per il mio libro Marketing Technologist la tempesta del Corona Virus era ancora lontana e imprevedibile ma avevo sentito ugualmente il bisogno di inserire tra le famiglie di strumenti quelle necessarie a collaborare e pianificare.

In questo senso quindi mi ha colpito una notizia che si è aggiunta a quello che ho definito “Risiko della martech”: l’acquisizione di Workfront da parte di Adobe per ben 1,5 billion.

Una cifra importante per un tool di collaborazione e progettazione, che ne segue altre del 2019 che hanno riguardato alcune soluzioni di content marketing platform come Percolate e Kapost.

D’altronde, Forrester intitola il capitolo strategico di visione del suo playbook sull’enterprise collaboration con l’eloquente titolo “The Path To Customer Obsession Is Paved With Enterprise Collaboration” e stimava già nel 2019 che le aziende di tutto il mondo avrebbero investito 40 miliardi di dollari in tecnologie di collaborazione, non solo a fini di marketing

COLLABORARE E’ ALLA BASE DI UNA STRATEGIA DI CUSTOMER OBSSESSION

Ci sono molti livelli di tecnologie che si possono utilizzare secondo la maturità e il budget disponibili: suite di collaborazione o di project management generici per muoversi poi verso strumenti più verticali e spinti come le già citate content marketing platform o, andando ancora oltre, le piattaforme di Marketing Resource Management (MRM). Nel libro ne faccio una trattazione abbastanza dettagliata, vista l’importanza che rivestono.

Quel che è certo, infatti, è che la necessità di una maggiore efficacia nella collaborazione diventa sempre più cruciale per l’esecuzione della strategia di client centricity, rispetto alla quale ai progressi seguono continue crescite delle aspettative.

Fonte: chiefmartec.com

In un white paper della soluzione di content marketing platform Percolate viene riportato che i marketer concentrano il 90% dei propri sforzi e degli investimenti nella parte finale delle attività verso il cliente, ossia la distribuzione di contenuti e iniziative attraverso i diversi canali.

Tuttavia, secondo lo stesso documento il 90% dell’impatto sui marketer si ha invece in tutto il resto del ciclo di lavoro, precedente al momento della distribuzione, ossia le fasi della pianificazione, della collaborazione, della creazione e del processo di approvazione.

Che sia il 90% o l’80%, questo dato è realistico e significativo, e mostra come al crescere della sofisticazione delle attività di martech cresca ancora di più la necessità di allineare diverse persone e di avere un flusso strutturato ed efficace di produzione.

In questo c’è anche un aspetto di misurazione importante. Nell’informatica tendenzialmente si tende a rendicontare il numero di ore lavorate dai diversi team interni rispetto ad un progetto, abbinando a tale valore un equivalente economico che permetta di avere una visione completa dei costi sostenuti, in alcuni casi mettendo anche parte di tale valore a bilancio.

Tipicamente negli ambiti di marketing questo non si è mai fatto in modo strutturato, se non in parte per il controllo dei costi in caso di ricorso esterno ad agenzie e consulenti. Tuttavia con la convergenza con il mondo IT che la martech sta apportando al marketing cresce il valore del tempo speso in progettazione, test, passaggi di approvazione, che dovrebbe essere sempre più esplicitato e tracciato.

AL DI LÀ DEL SOFTWARE, IL TEMA E’ SEMPRE L’ORGANIZZAZIONE E LA MENTALITÀ

Come potete intuire da tutti questi punti, man mano che ci spostiamo verso soluzioni dedicate il focus diventa sempre di più quello di incanalare e gestire la complessità organizzativa e per fare questo i processi diventano in parte più codificati e si cerca di misurare in maniera oggettiva il costo rispetto al risultato.

Infatti, anche le metodologie più agilI paradossalmente subiscono le problematiche di un processo non adeguato. Prendo ad esempio solo l’a/b testing: creare due varianti di un messaggio richiede se non il doppio quanto meno più tempo di farne una sola, inoltre un buon a/b testing deve essere fatto prima della messa di produzione per tutti della versione migliore, quindi deve essere pronto con tempi ancora più anticipati per poter misurare i risultati e decidere con quale variante procedere. E spesso non c’è abbastanza tempo.

A questo punto è importante dire che il software però non basta, solo na giusta mentalità può risolvere davvero il rebus. Infatti, la tecnologia purtroppo aiuta le aziende a risolvere i propri problemi organizzativi e procedurali solo se viene inquadrata nel modo corretto, viceversa li fa emergere in modo più veloce e impietoso e questo nella martech è probabilmente più forte che in altri ambiti visto che la forbice che spesso si vede materializzarsi è tra possibilità quasi infinite dei software e difficoltà a mettere in pista anche attività molto semplici.

Il giusto clima culturale e la chiarezza di obiettivi e di valori sono i fattori che permettono di avere davvero tutte le persone “a bordo” della trasformazione e quindi di permettere un uso corretto anche della tecnologia che abilita quello che oggi viene definito “future of work”.

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