Chef: piccoli cuochi, grandi responsabilità

Il mio nuovo cappellino è una toque blanche.

Ioannis Largo
Frequenza Critica
7 min readSep 16, 2020

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Chef-immagine copertina

Miei carissimi e amatissimi lettori, queste prime due settimane di settembre sono trascorse nella noia più totale: ho passato la maggior parte del tempo rotolando per il pavimento della redazione lamentandomi della noia o del troppo caldo. Alcuni giorni fa il nostro invincibile e indistruttibile Dama mi ha fermato e mi ha domandato se non dovessi fare qualcos’altro oltre a rotolare, per esempio lavorare. Io ho risposto a Dama che gli voglio tanto bene, ma che l’idea di lavorare è semplicemente malsana.

Comunque alla fine della fiera Dama mi ha affidato la recensione di un gestionale e mi ha raccomandato di parlare solo del gioco e di evitare di divagare su fatti del mio passato o di lasciare sfogo alle voci nella mia mente, pena la cancellazione del mio account di AiDungeon e la distruzione della mia action figure di Char Aznable.

Anche gli italiani sviluppano videogiochi

Chef è un titolo sviluppato dall’italiana Inner Void Interactive, di cui il nostro Harlequin ha intervistato uno dei membri, Nathan Piperno. Ora voi cliccate quel collegamento ipertestuale con il tasto destro del mouse, cliccate su apri nuova scheda e vi leggete questa bella e interessante intervista, anzi riflessione sullo status dell’industria videoludica italiana. Non perché ve lo ordino, ma perché è davvero un’intervista da leggere assolutamente.

Chef è un gestionale dedicato al mondo della ristorazione e della cucina, mondo che nell’ultima ventina di anni ha avuto una gran fortuna con numerosi reality show e programmi del tipo cuoco napoletano mena paccheri dietro alla testa di cuochi depressi. Un mondo che mi appassiona poco, dato che mi nutro solo di panetti di burro, di cioccolata bianca e di funghi allucinogeni. In Chef noi saremo un cuoco, che partendo da un umile ristorante tenterà di diventare il re dei cuochi e di dominare la città attraverso ricette nuove, l’affetto dei clienti e una catena di ristoranti.

Una ricetta per domarli, un ricetta per trovarli, un ricetta per ghermirli e al tavolo incatenarli

La nostra scalata al successo inizia con la creazione del nostro avatar. La grafica del gioco è essenziale, forse molto spartana se zoomiamo sui dettagli, ma pulita e caruccia, perché richiama a titoli come Animal Crossing e MySims. Personalmente odio questo tipo di grafica e di character design, ma devo ammettere che sono adatti per attirare un pubblico variegato e per dare un’atmosfera di allegria e di semplicità. Ottime le tracce sonore strumentali — che richiamano molto la colonna sonora di The Sims — anche se sono poco variegate, quindi dopo un’oretta di gioco iniziano a diventare noiose (e per me fastidiose).

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Potremo personalizzare il nostro avatar con una quindicina di acconciature, abiti e pure qualche cappellino!

Quattro sono i livelli di difficoltà, anzi modalità di gioco: tre (normal, hardcore e relaxed) influenzano la quantità di fondi a nostra disposizione, spese ed entrate e cattiveria dei nostri clienti; la quarta, denominata sandbox, offre fondi infiniti così da garantirci una partita senza preoccupazioni di sorta.

Dopo la creazione dell’avatar e la scelta della modalità, saremo accolti dalla mappa della regione di gioco e dovremo scegliere il luogo in cui aprire il nostro ristorante. La regione è divisa in tante zone: avremo il centro turistico, la campagna, il quartiere residenziale e così via, ognuna con un determinato numero di futuri clienti. Quest’ultimi sono divisi in undici categorie che vanno dal turista low-budget alla media borghesia passando per vegetariani e colletti bianchi. Ogni zona ha da uno a tre locali da affittare, ognuno di essi ha diverse dimensioni, ma anche particolari fattori come la presenza di pannelli solari, l’infestazione di scarafaggi o la vicinanza a un quartiere pericoloso, tutti fattori che influenzeranno quali clienti arriveranno e il fitto da pagare.

Dopo tale scelta inizierà la nostra partita vera e propria. Saremo accolti da una schermata con Rordon Gamsey (cugino di latte del più famoso Gordon) che ci chiede se vogliamo avviare il tutorial. È un tutorial con alcune lacune: dà per scontato il saper zoomare o ruotare la telecamera, ma purtroppo non illustra meccaniche importanti come il modo in cui si stabilisce un buon prezzo per le nostre portate o gli effetti dell’ascesa della nostra popolarità.

Un buon ambiente favorisce l’appetito

Prima di aprire il ristorante dovremo arredarlo, e lo faremo piazzando elettrodomestici, tavoli e decorazioni nella sala e nella cucina. Gli elettrodomestici si sbloccheranno progressivamente e influenzeranno i piatti che il nostro avatar cucinerà (senza grill dimentichiamo la carne arrostita). Invece i mobili e le decorazioni da posizionare nella sala influenzeranno quali clienti arriveranno e il loro giudizio. Successivamente toccherà la scelta delle portate del nostro menù da una lista, che si amplierà con l’aumentare dell’esperienza del nostro cuoco o con i piatti inventati da noi. Portate che hanno un tempo di cottura e un prezzo netto, portate di cui dobbiamo stabilire un prezzo. Infine dovremo assumere camerieri ed eventuali aiuto cuochi ai quali durante il gioco possiamo indicare le attività da svolgere; prendere alcune decisioni come la pubblicità, lo stipendio del nostro staff, l’igiene del ristorante.

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Aperto il nostro ristorante arriveranno i nostri clienti, che mangeranno i nostri piatti, soprattutto pagheranno e giudicheranno il nostro ristorante influenzando fondi e popolarità. L’aumento di popolarità implica nuove opzioni nelle politiche del nostro ristorante e permette di sbloccare nuovi mobili ed elettrodomestici, fino ad arrivare alla possibilità di aprire un secondo ristorante. I nostri clienti scriveranno recensioni e daranno delle stellette: recensioni carine da leggere, ma letta una dozzina sono state lette tutte, quindi diventa noioso vedere l’arrivo della notifica dell’ennesima recensione. Alcune volte i nostri clienti attireranno la nostra attenzione con lamentele o complimenti; una buona parte di queste situazioni presentano una scelta che alterna perdita di popolarità, di denaro o mandare via il cliente con il rischio di una recensione negativa.

Ovviamente non finisce tutto qui. Il nostro avatar e il nostro staff guadagneranno punti esperienza da spendere per poter aumentare la velocità delle nostre azioni, la qualità dei nostri piatti e sbloccarne di nuovi; guadagneremo anche dei punti “alimento” da utilizzare per sbloccare nuovi ingredienti o migliorarne la loro qualità; infine guadagneremo dei punti popolarità che ci permetteranno di espanderci nei quartieri adiacenti. Potremo anche creare i nostri piatti con gli ingredienti sbloccati; spesso questi piatti sono meno costosi di quelli “preconfezionati” e sono qualitativamente superiori. La creazione dei piatti è abbastanza interessante e ben approfondita: ci sbizzarriremo a creare piatti scegliendo gli ingredienti e la loro quantità.

Creazione-alimenti-Chef

C’è un elefante nella mia minestra!

Dopo aver elencato tutte le nostre possibilità in Chef è necessario parlare di un difetto del gioco, il canonico elefante della stanza, un difetto che non è attribuibile esclusivamente alle scelte di game design fatte dagli sviluppatori, ma proprio alla natura del gioco e all’ambientazione scelta.

Sarò brutale et crudele. Dopo aver arredato il nostro ristorante, aperto, speso i punti esperienza guadagnati e così via noi setteremo la velocità x4 e faremo scorrere la giornata intervenendo solo in casi di pericolo (clienti che si lamentano, staff che si ferma) e aspettando il report di fine settimana o nuovi punti esperienza da scegliere sperando che si sblocchi qualche nuova funzione. In poche parole Chef tende ad annoiare un giocatore che non è immediatamente catturato dal gioco, e soprattutto non ama il mondo della ristorazione e della cucina.

Come detto in precedenza, questo non è colpa di una scelta vera e propria di game design, per esempio una scarsa o una troppa attenzione alla microgestione, anzi Chef dà tantissime possibilità. Però siamo sinceri: dopo aver aperto il ristorante e scelto il menù, cosa dobbiamo fare? Combattere contro gli alieni? Aspetteremo che la popolarità aumenti per sbloccare le nuove opzioni e utilizzarle; se vogliamo una sfida sceglieremo la modalità hardcore.

Chef-schermata-di-caricamento
La schermata di caricamento è molto, ma molto caruccia. Complimenti all’illustratore o illustratrice.

Permette un pensiero poetico

In conclusione Chef è da acquistare?

Sì! Se siete amanti dei gestionali e volete provare un gestionale dedicato al mondo della ristorazione (ce ne sono pochissimi in giro) avete il gioco adatto per voi.

No! Se non amate i gestionali, se non conoscete chi è Guy Fieri e se vi annoiate con facilità. Non ve lo consiglio, non perché il gioco sia brutto, ma perché semplicemente non è fatto per voi.

Post scriptum con predizione: quando ho iniziato a giocare a Chef era stata annunciata la versione 1.01. Se Chef riuscirà a formare una piccola community di fan, potrà avere una propria nicchia di mercato come tanti altri gestionali e strategici pubblicati durante l’età dell’oro (ossia venti anni fa), ad esempio Space Colony, Evil Genius, Metal Fatigue o Eador.

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