Code Vein: La prima di Bandai Namco senza From Software

Bisogna pur iniziare da qualche parte no?

Vincenzo “Myuer” d’Angelo
Frequenza Critica
5 min readOct 21, 2019

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Code-vein-wallpaper

Code Vein, nuova IP nel panorama dei cosiddetti Soulslike creata da Bandai Namco Studios, si presenta subito come un gioco a ridotto budget. Fin dai primi minuti di gioco si possono notare modelli di gioco che si ripetono già nella prima area, riducendo il valore estetico delle mappe e il loro level design, che è effettivamente un po’ altalenante.

Il gioco inizia con aree molto lineari per poi man a mano aprirsi sempre di più creando una struttura che si può definire labirintica per alcune aree. Una scelta che ho semplicemente apprezzato molto, perché ha dato quel tocco di freschezza che mancava nel genere. Allo stesso tempo, però, la confusione di queste aree labirintiche è peggiorata dal ripetersi degli assets, rendendo gli spazi a livello estetico totalmente uguali tra loro e creando una confusione ulteriore che probabilmente non era voluta dagli sviluppatori.

Code-Vein-Ice-Area
Una delle aree un po’ più “originali” del gioco, anche se l’unica cosa che la contraddistingue è l’immensa presenza di ghiaccio.

Certo, per compensare questo problema viene introdotta una mini mappa (molto funzionale), vera e propria novità nel genere dei Soulslike. Inizialmente è totalmente coperta e l’unico modo per averla completa è raggiungere i vari checkpoint nelle varie aree. Un piccolo sistema di gioco che porta a esplorare l’intera zona, e che attraverso percentuali di completamento dona informazioni sull’esplorazione stessa.

La vera forza di Code Vein, in ogni caso, sta nel gameplay vero e proprio, specialmente nella sua area più da GDR. Le varie build che si possono creare per il proprio personaggio sono tantissime. Specialmente perché si possono combinare abilità di diversi rami di specializzazione, o meglio, come sono chiamate nel gioco, di codici sanguini per creare la propria combinazione. Questo fa sì che nel gioco stesso si possa sperimentare diversi accostamenti se si vuole, garantendo una potenziale rigiocabilità molto alta. D’altra parte nel gameplay Code Vein non si distacca eccessivamente dagli altri Soulslike, inserendo (a suo modo) tutti gli elementi tipici del gameplay e del combat dei Souls, dai colpi alla schiena alla velocità delle capriole, e così via.

Il mix che si può creare su Code Vein è una cosa che ho apprezzato molto, perché davvero la scelta è ampia e ci si può divertire creando combinazioni di abilità diverse da rami diversi e facendo sì che ogni accoppiamento sia unico. Questo ci porta a parlare di come viene gestito il mana, o meglio l’Icore, ovvero minerali dal sangue di creature immortali.

Code-Vein-Ichor-Icore
Esempio di boccette di Icore come vengono mostrate nella storia.

Questo Icore non è un valore fisso, ma un valore che può aumentare e anche diminuire a seconda dell’uso che si fa. In pratica il gioco ricompensa se gli attacchi di un nemico vengono schivati al momento giusto, ricaricando una barra che permette di fare un attacco che sarà in grado di recuperare Icore o aumentarne il proprio limite massimo. Il sistema, in generale, riprende lo stile offensivo di Bloodborne, dove ci si poteva curare se si continuava ad attaccare dopo aver subito un colpo.

Bloodborne è stato indubbiamente la fonte principale di ispirazione da parte degli sviluppatori, e la stessa meccanica della parata è presente ma non è ottimale rispetto alle varie capriole.

Code-Vein-Boss
Quel boss non è lì per essere guardato. Anzi è pronto a darvi problemi.

Certo, Code Vein ha i suoi problemi. A parte il problema legato ai modelli e vari asset grafici che si ripetono nelle varie aree, non si può fare a meno di notare che il gioco rispetto agli altri di questo genere sia molto “story driven”, ed è pieno di cliché e stereotipi tipiche di tante serie di animazione giapponese.

Perché è un problema? Il gioco ha una meccanica che si chiama Vestigi, che permette di sbloccare nuove abilità e nuovi rami per il proprio personaggio. Ma il problema sussiste nel funzionamento di essa: si affrontano sequenze “sogno” per mostrare la storia di background dei vari personaggi nella storia, e in queste sequenze non si può correre quindi il personaggio è forzato a camminare mentre assiste alla storia dei vari personaggi, risultando alla lunga particolarmente stancante.

Code-Vein-Dream-Sequence
Ironicamente quando finisci queste sequenze c’è un fascio di luce.

Ora, non ho problemi quando un gioco vuole far sì che la storia sia onnipresente durante l’esperienza, ma almeno deve essere di buona qualità o quantomeno interessante (basti pensare a Prey, o per citarne uno più recente che è dello stesso genere Sekiro: Shadows Die Twice).

La storia si mescola con il gameplay anche attraverso la possibilità di portarsi un partner — gestito dall’IA — durante la propria avventura, partner che vengono sbloccati avanzando nella storia e che poi hanno un effettivo ruolo nelle cutscenes. L’IA amica non è stupida, anzi personalmente reputo che aiuti anche troppo. Prima di tutto regala una resurrezione gratuita in caso di morte e in secondo luogo funziona fin troppo da distrattore durante i boss facendo sì che i boss si concentrino sul partner, mentre noi li devastiamo.

Code-Vein-Partners-Cutscene
Code Vein prevede che vi portate un amichetto dietro, visto che sono presenti in ogni cutscene.

Code Vein mi è piaciuto nonostante i vari grattacapi. Come prima esperienza nel campo dei Soulslike per Bandai Namco Studios è sicuramente promosso, grazie al gameplay e alla buona componente ruolistica che ha al proprio interno. Anche il level design è da premiare perché nonostante il riciclo di assets le varie aree sono piene di scorciatoie intelligenti. Restano però tutte quelle sequenze forzate dalla storia che potevano essere ridotte al minimo indispensabile — specialmente perché non fanno urlare al capolavoro.

Però è un inizio. Un inizio che soprattutto a livello di gameplay promette molto bene. Un sequel con un budget più alto e con alcune rifiniture sulla storia potrebbe far sì che ne esca un ottimo gioco. Bisogna pur iniziare da qualche parte, e Code Vein è un ottimo inizio.

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Vincenzo “Myuer” d’Angelo
Frequenza Critica

Gioco più o meno a tutto, incapace di usare il controller tranne quando si tratta di giochi action.