Cosa non funziona — Marvel’s Spider-Man

Non tutte le ragnatele centrano il bersaglio.

Fabrizio "Bix" Salis
Frequenza Critica
7 min readOct 1, 2019

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Notizia di pochi giorni fa: Spider-Man di Insomniac Game è l’esclusiva Playstation più venduta di sempre negli USA. Non solo, Sony ha pure messo ufficialmente lo sviluppatore sotto la sua ala, per cui l’annuncio di un seguito è a questo punto una mera formalità.

Ma tutto questo successo è davvero meritato? Non sono il tipo a cui piacciono i giochi di parole, quindi voglio chiarire subito la mia posizione: Marvel’s Spider-Man è un gioco che riesce a intrattenere, ma che si porta dietro una serie di elementi di gameplay che oggi non sono più accettabili. Nell’anno in cui è uscito Red Dead Redemption 2 trovo davvero incomprensibili tutte queste lodi nei confronti di un prodotto realizzato sicuramente con cura, ma con una struttura che sa di vecchio. E voglio essere buono.

Avete presente quel momento della scorsa generazione in cui tutti gli action open world ricalcavano pedissequamente la struttura degli Assassin’s Creed e/o degli Arkham? Beh, Spider-Man, se non fosse per un comparto tecnico al passo coi tempi, sembrerebbe un gioco uscito in quegli anni. Le due serie appena citate, pur con alti e bassi, sono riuscite a liberarsi di gran parte di quel fardello, possibile che i ragazzi di Insomniac non abbiano voluto o potuto fare altrettanto?

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Niente Marisa Tomei a questo giro, purtroppo.

Laddove la storia principale riesce solitamente a essere ben narrata (pur con qualche sviluppo prevedibile), abbastanza variegata e capace di mantenere l’interesse del giocatore, le varie componenti secondarie del gioco non funzionano altrettanto bene. O meglio, potrebbero anche funzionare decentemente se non fossero ripetute all’infinito senza variazioni. Spider-Man è infatti un gioco non solo derivativo, ma anche dannatamente ripetitivo; riesce nel non semplice compito di venire a noia anche senza durare centinaia di ore.

Le varie attività secondarie finiscono per diventare un peso tra una traversata e l’altra. Sì, perché il sistema di movimento di Spider-Man è dannatamente divertente e bello da vedere, ed è forse l’unica cosa che riduce gli incentivi a concludere il gioco ignorando quando possibile tutto quello che non fa parte della storia principale.

Ma scendiamo un po’ più nel dettaglio.

In Spider-Man ci sono le torri da scalare. Le dannate torri da scalare. Per essere più precisi, ci sono dei palazzi da scalare per arrivare alle torri. Sai che grande novità. È un’attività di fatto quasi obbligatoria, dato che questi sistemi di sorveglianza, dopo aver completato un minigioco sempre uguale, rivelano una parte della mappa. Una mappa piena di attività altrettanto noiose, che sono ovviamente ben segnalate, annullando da subito qualsiasi velleità esplorativa.

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Il nostro peggiore incubo.

Una delle prime cose che faremo sarà dare la caccia ai criminali che imperversano per New York. Questo vuol dire andare a prendere a pugni una serie di omini in contesti diversi, come rapine, furti d’auto e imboscate alla polizia. Può sembrare una trovata quanto meno “simpatica” all’inizio, ma viene ripetuta fino alla nausea. Nel momento in cui pensiamo di aver sventato tutti i crimini in un quartiere ecco che ne spuntano altri, praticamente uguali ai precedenti ma con nemici diversi. Oggi, quasi un anno dopo aver terminato il titolo Insomniac, anche solo vedere il “quick time event” tramite cui Spidey blocca le macchine dei cattivi mi fa sentire male. Il gioco tenta di impreziosire questi scontri con vari obiettivi opzionali, che però lasciano il tempo che trovano, dato che, anche ignorandoli, vengono comunque elargiti tutti i gettoni che ci servono per far crescere il nostro personaggio nel modo che preferiamo.

Ho detto quick time event? Orrore e raccapriccio. Sarebbe esagerato dire che Spider-Man abusa di questa componente, ma ce ne sono comunque tanti, troppi. Chiaramente lo stesso sviluppatore li ritiene a dir poco fondamentali, tanto da permetterci di disattivarli nel menu delle opzioni.

Vogliamo poi farci mancare le basi da conquistare? Certo che no. Anche qui tutto si risolve sempre nello stesso modo, a dispetto della provenienza dei nemici che occupano queste zone: prima si sfoltiscono un po’ le fila degli avversari utilizzando un sistema stealth preso di peso dalla serie Arkham (che mette in mostra un’intelligenza artificiale quasi inesistente), poi si riempiono di botte varie ondate di nemici. Anche nel caso delle fortezze possiamo dedicarci a piccoli compiti bonus per ottenere qualche gettone supplementare, ma il discorso non cambia di una virgola.

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Gli sgherri di Fisk potrebbero completare la costruzione invece di starsene in giro a non far niente.

Completano questo “trio della noia” gli immancabili collezionabili. Gli zaini contenenti vari ricordi e i “luoghi simbolo” da fotografare (come l’Avengers Tower o la Alias Investigations) sono quanto meno utili per scoprire la storia pregressa di questa versione di Spider-Man, ma per trovarli non è necessario accendere il cervello: è sufficiente andare dove c’è il segnalino sulla mappa e premere R3, in modo da evidenziarli. Per il resto, gli appostamenti di Black Cat li ho tollerati solo perché permettono aggiudicarsi uno dei costumi più belli del gioco, mentre avrei voluto spiaccicare quegli stupidi piccioni che invece di restituirli al “legittimo” proprietario. Bei tempi quelli di GTA IV.

C’è anche qualcosa che si salva ovviamente, o il gioco sarebbe un completo disastro. Le stazioni di ricerca, per esempio, pur senza introdurre novità di gameplay rilevanti, offrono missioni un po’ folli e fuori dagli schemi, oltre che discretamente diversificate. Avreste mai pensato di vedere l’amichevole Spider-Man di quartiere dedicarsi a problemi idraulici o alla cura dei pesci? Non mi sono dispiaciute neanche le sfide di Taskmaster, che quanto meno richiedono un minimo di impegno per essere completate. Ci sono anche delle vere e proprie missioni secondarie dotate di un certo sostrato narrativo, che a volte si uniscono per dare vita a delle vere e proprie storie collaterali. Proprio su queste sarebbe stato meglio concentrarsi, piuttosto che riempire la Grande Mela di una quantità inutilmente enorme di riempitivi.

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Gli Avengers hanno lasciato New York perché si sono stancati di sventare ogni giorno 500 crimini tutti uguali.

Neanche la storia principale è esente da critiche. Mi riferisco in particolare alle sezioni in cui abbandoniamo temporaneamente i panni di Peter Parker per indossare quelli della sua fiamma storica, Mary Jane Watson, qui in versione reporter d’assalto, e di un altro personaggio di cui preferisco non svelare l’identità. È apprezzabile la scelta di raccontare la storia da più punti di vista, ma queste fasi, per fortuna solitamente brevi e non troppo vicine tra loro, sono davvero pessime. Si tratta di sezioni stealth con qualche semplice enigma in mezzo e una discreta componente di trial & error, che tra le altre cose sottolineano ancora una volta le debolezze dell’intelligenza artificiale. In un gioco che fa della libertà di movimento la sua bandiera è davvero un suicidio inserire missioni totalmente lineari con protagonisti privi di capacità o equipaggiamenti interessanti. Meno male che spesso si possono completare questi livelli correndo semplicemente verso l’uscita. Rivedibili anche le boss fight, sicuramente molto belle da vedere, ma abbastanza povere a livello di meccaniche e troppo spesso funestate da un gran numero di quick time event.

Qualche parola va spesa anche sul sistema di combattimento. Anche qui lo sviluppatore è andato sul sicuro, adottando il Free-Flow System degli Arkham e di decine di altri giochi usciti negli ultimi 10 anni. Si tratta di una meccanica abbastanza divisiva, che ha tanti detrattori quanti sono i suoi ammiratori; personalmente, mi posiziono più o meno nel mezzo. Non è questa la circostanza giusta per dedicarsi alla questione in maniera approfondita, per cui mi limiterò a dire che Insomniac la adatta in maniera competente; lo sviluppatore losangelino tiene ovviamente conto della maggiore mobilità di Spider-Man, ma non riesce a dare agli sconti una personalità davvero distintiva. Certo, ci sono il combattimento aereo (invero un po’ macchinoso) e la possibilità di lanciare oggetti e persone con le ragnatele, ma passiamo comunque la maggior parte del tempo impegnati nella solita “danza”, tra attacchi, schivate, gadget e un pizzico di mosse speciali. Almeno in questo caso l’iconcina che ci incita a schivare è giustificata dal senso di ragno. Gli stessi avversari che ci troviamo ad affrontare rientrano perfettamente negli stilemi del genere, dai cecchini agli immancabili soldati dotati di scudo.

Svolazzare in giro è sempre un piacere, però le scene d’intermezzo del fast travel sono davvero spassose.

Marvel’s Spider-Man riesce a rendere alla perfezione i movimenti tra i grattacieli in compagnia del fidato lancia-ragnatele. Anche a livello di storia e personaggi è un prodotto solido, che riesce addirittura a stupire nel suo voler dare alle avventure di Peter Parker un tocco più intimo e personale. Come esperienza cinematografica, insomma, funziona. Il suo fallimento sta nel non osare niente, ricalcando una struttura open world stantia di cui sembrava ci fossimo finalmente liberati.

Mi preoccupa il fatto che, parlando di questo gioco in ottica futura, ci si sia concentrati sui tempi di caricamento più rapidi (in realtà sono già molto brevi oggi) e sulla maggiore velocità di traversata garantita da uno streaming di texture ed elementi più efficiente. Non ho invece sentito parlare di cosa hanno intenzione di fare col gameplay dell’inevitabile seguito. La speranza è che Sony e Insomniac evitino di puntare su un more of the same basato sull’odioso principio bigger is better. Non sarebbe male ispirarsi a quei concetti di interazione e immersione che hanno reso grande Red Dead Redemption 2.

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