Cronache dal Backlog — Little Witch Academia: Chamber of Time

Da Netflix ai vostri PC.

Stefano Lucchi
Frequenza Critica
6 min readMay 11, 2020

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Tre sono le certezze nella vita: la morte, le tasse e i titoli su licenza manga/anime fatti da Bandai Namco. Oggi ci occupiamo proprio di uno di questi ultimi.

Little Witch Academia è un cartone di Studio Trigger che dopo due corti d’animazione di buon successo (di cui uno finanziato su Kickstarter) è stato tramutato in una serie da due stagioni, distribuite in diverse parti del mondo da Netflix. Si tratta di una produzione che riprende il classico tema delle majocco (maghette), ma aggiornata al successo più recente di Harry Potter. Bandai Namco, come già per The Seven Deadly Sins — altro cartone distribuito in esclusiva da Netflix — , ne ha acquisito la licenza e realizzato un titolo dedicato che in occidente è arrivato in sordina nel solo formato digitale, perciò ho deciso di vedere come sono andate le cose.

Iniziamo introducendo la trama: il gioco si colloca temporalmente tra la prima e la seconda stagione del cartone; l’anno scolastico è finito e la protagonista Atsuko “Akko” Kagari, dopo aver combinato l’ennesimo pasticcio, riesce a farsi mettere in punizione al primo giorno di vacanze estive: il suo compito sarà quello di riordinare i libri della biblioteca. Neanche a dirlo, durante l’assolvimento del compito spezza inavvertitamente il sigillo della cosiddetta Camera dell’Horologium, “rompendo” lo scorrere del tempo e intrappolando tutta l’accademia in un loop di “giornata che si ripete all’infinito” in stile Ricomincio da Capo; starà alla stessa Akko e alle sua amiche rimettere a posto le cose e far tornare lo scorrere del tempo alla sua normalità.

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Potete scommetterci.

Iniziando a giocare la prima cosa che colpisce è la fedeltà con cui i contenuti del cartone sono stati ricreati: l’accademia è ricostruita in maniera fedelissima, riproponendo quasi tutti i luoghi visti nel cartone animato, ed è presente una vastissima gamma di personaggi della serie grazie anche al fatto che il team di sviluppo è andato a pescare a piene mani tra quelli minori, non mancando di ricostruire tutta una sequela di iterazioni tra i personaggi decisamente divertenti; i dialoghi sono infatti spiritosi e ben accompagnati da animazioni buffe che ben si adattano ai personaggi stessi, con un occhio di riguardo ovviamente per la protagonista Akko, in grado di strappare un sorriso ancor prima di aprire bocca — e lo farà spesso — semplicemente per come si muove.

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Una delle abilità di Akko... origliare.

Appare indubbio fin da subito il fatto che in questo progetto sia stata riversata una certa passione per l’opera originale, come dimostra la presenza dei doppiatori originali giapponesi, di sequenze animate realizzate dallo Studio Trigger appositamente per il videogioco e una serie di contenuti ripresi direttamente dai cartoni, come le carte da collezione di Shiny Chariot di Akko (ovviamente tra i collezionabili del gioco) o mosse speciali mutuate dalle magie viste nei cartoni, come l’immancabile Shiny Arc utilizzabile dalla protagonista o la Fiery Barrage Spell (la pioggia di spade luminose) utilizzata da Diana nel primo cortometraggio e non presente nella serie principale.

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Questa sequenza è presa direttamente dalla serie animata e fa parte di una raccolta di sequenze che fanno da recap per chi non ha visto i cartoni o non ricorda bene personaggi ed eventi.
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L’immancabile Shiny Arc.

Eppure qualcosa è andato storto, e ce ne si accorge non appena si prende il pad in mano.

Il gioco è strutturato su due fasi ben separate: una è quella ambientata dentro l’accademia, dove si interagisce con gli altri personaggi e si risolvono side quest, l’altra è quella dove si effettuano delle vere e proprie esplorazioni di dungeon, caratterizzate da combattimenti in tempo reale che non brillano per profondità; questi sono, di fatto, molto vicini al button smashing, con il solo utilizzo delle magie a variare la formula, accompagnato dalla presenza di un nutrito cast di personaggi con caratteristiche esclusive (si può scegliere per ogni esplorazione un personaggio utilizzabile più due di supporto tra ben sette disponibili). Gli scontri non sono altro che ondate di nemici da affrontare a cervello spento all’interno di scenari dove l’interazione è quasi inesistente — ci sono solo alcune trappole da evitare, per il resto le aree sono praticamente vuote. Un ulteriore problema è rappresentato dal fatto che queste parti di esplorazione non sono integrate a dovere con la parte all’interno dell’accademia: a volte le side quest o addirittura la missioni principali ci chiederanno di andare nel dungeon senza una necessità precisa. Il loot che si ottiene può essere venduto al negozio dell’accademia per denaro, peccato che poi non ci sia niente di interessante da acquistare. Ritornando all’accademia, è presente un ciclo giorno/notte e l’esecuzione delle quest richiede di farsi trovare in determinati luoghi in determinate fasce orarie in stile Shenmue. Essendoci la possibilità di mandare a letto Akko per far scorrere il tempo, si finisce con il fare avanti e indietro tra la sua camera e le varie aree dell’accademia. Questo porta peraltro in rilievo un ulteriore difetto: il fast travel. Nel gioco è presente nella forma di una specifica magia, che richiede l’utilizzo di pozioni da comprare al negozio non con i soldi normali (che, come detto, sono sostanzialmente inutili), ma con dei cristalli che si droppano non molto generosamente nei dungeon, con il risultato che per non sprecarli si finisce per perdere un sacco di tempo a fare della strada a piedi, complici alcune aree dell’accademia stessa non collegate in maniera brillante (vedasi i dormitori dove si trova la stanza di Akko, che hanno stanze a tutti i piani ma sono inspiegabilmente collegati con il resto della struttura solamente al secondo piano). A tutto questo si aggiungono ancora piccole magagne che non rendono il gioco ingiocabile, ma che comunque finiscono per appesantire l’esperienza. Per esempio nei dungeon la telecamera si blocca con l’area e i nemici rimangono per periodi interminabili fuori dall’area di tiro del giocatore, inoltre i compagni gestiti dalla cpu sembrano spesso incapaci di trovare la strada e soprattutto evitare di andarsi a ferire da soli nelle trappole; in più in certe boss battle è richiesto compiere delle azioni il cui tasto assegnato è lo stesso del salto, con risultati prevedibili.

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L’irruenza di Amanda si abbatte sui nemici all’interno di uno dei primi dungeon.
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L’attacco base di Jasminka: SONORI CEFFONI.

Il risultato finale è che questo Little Witch Academia: Chamber of Time, preso a sé stante, si rivela essere ripetitivo, frammentato e con problemi di level design; come scritto precedentemente, però, d’altra parte l’amore per la fonte d’origine è tanto e l’impressione di stare giocando ad un “puntatone” della serie è così forte che se ne siete fan i difetti comunque presenti non vi impediranno di andare avanti e godervi il titolo. Non vi nascondo che, nonostante nel paragrafo precedente abbia snocciolato difetti più di quanti avrei voluto elencarne, il gioco alla fine me lo sono comunque goduto e mi è dispiaciuto arrivare ai titoli di coda.

Magari non un titolo da consigliare a mani basse, ma i fan della serie devono almeno dargli una possibilità.

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