Frequenza Critica racconta: gli Uncharted

Emblema di PS3, le avventure di Nathan Drake hanno sempre il loro fascino.

Marco "Thresher3253" Accogli
Frequenza Critica
7 min readJun 12, 2020

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copertina uncharted 4

Sony è fortunatissima ad avere tra le proprie fila uno sviluppatore come Naughty Dog: i Crash Bandicoot sono stati una mano santa per la prima PlayStation e, sebbene la serie di Jak & Daxter non abbia riscosso lo stesso successo nella generazione successiva, gli Uncharted sono riusciti a risollevare una PS3 che fino a quel momento non se la stava passando benissimo. Non male per uno sviluppatore che ha esordito con titoli come questo.

Nathan Drake ha quindi lasciato il segno nella passata generazione di console, offrendo un’alternativa ai Gears Of War su Xbox 360, tant’è che Sony stessa usa la sua immagine per promuovere il brand PlayStation assieme a Kratos, Aloy e il Sackboy. È dunque naturale ripercorrere brevemente la saga durante una settimana dedicata a Naughty Dog.

uncharted drake’s fortune ps3
Dai, lo ammetto, ho messo questa foto solo per quella faccia sul muro.

Uncharted: Drake’s Fortune è stato il primo titolo, pubblicato su PS3 nel 2007: famoso più che altro per il suo aspetto tecnico che esibiva alla grande le potenzialità tecniche della console, il gioco è uno sparatutto in terza persona che mischia combattimenti e sezioni esplorative. L’ispirazione a Indiana Jones è evidente e inevitabile: Nathan Drake è un personaggio dalla battuta sempre pronta e incredibilmente dotato sia a livello intellettuale che fisico, che spazza via ondate di cattivoni tra meccanismi antichi ancora inspiegabilmente funzionanti e una serie di semplici enigmi ambientali a base di leve da tirare e casse da spostare. Il titolo, come narrazione e gameplay, non si discosta una virgola dai cliché tipici di questo genere di storie e come conseguenza non ci troviamo di fronte a un gioco rivoluzionario. I corridoi sono lineari e l’esplorazione è ridotta all’osso, e anche la scrittura non è che abbia niente di particolarmente interessante da dire al di fuori dei soliti binari. Non si tratta certamente di un brutto gioco, ma di uno banale, che non si sforza più di tanto di reinventare la ruota. Una formula essenziale, ma che ha sicuramente funzionato, anche grazie alla capacità di Naughty Dog di spremere al massimo l’hardware a disposizione.

uncharted 2 il covo dei ladri ps3
Il salto grafico dal primo al secondo è stato notevole.

Per il vero miracolo abbiamo dovuto aspettare Uncharted 2: il Covo dei Ladri. L’inevitabile seguito ha voluto restare su un terreno sicuro, ricalcando passo passo gli elementi vincenti del primo capitolo, ma espandendone la spettacolarità. Sebbene aspetti come le sparatorie e l’esplorazione — ancora troppo lineari — non si discostino dalla solita solfa, il lavoro più accurato è stato fatto nel ritmo: i livelli sono un susseguirsi di sequenze al cardiopalmo e arrampicate su pareti impossibili, mentre la narrazione non si ferma neanche durante lo svolgimento del gameplay effettivo. Un vero peccato che la trama non abbia avuto il coraggio di fare quel qualcosa in più che la facesse uscire dallo scimmiottamento dell’ennesimo polpettone d’azione, ma è facile affezionarsi ai personaggi e il cattivone di turno riesce incredibilmente nell’impresa di dimostrare più carisma del solito, pur senza scrollarsi gli stereotipi di turno. Notevole anche la capacità di aver spremuto il Cell al massimo: le ambientazioni sono ricche di dettagli in movimento, i modelli poligonali dei personaggi sono tutti più rifiniti e l’immagine finale offre una pulizia superiore rispetto al primo episodio. Insomma, Uncharted 2 è quello che considero uno dei capitoli migliori della saga, anche per la sua capacità di restare divertente anche senza rivoluzionare alcunché.

uncharted 3 ps3
Il terzo è l’episodio caldo, con i serpenti, i cammelli, il sitar e le bancarelle con l’hashish.

Uncharted 3: l’Inganno di Drake è il terzo episodio di cui non si sentiva realmente il bisogno (i cornicioni che si staccano e i diecimila fessi senza volto a cui sparare tendono a stancare dopo un po’), ma la cui presenza è stata comunque più che gradita. Oltre a riscuotere forti consensi e raccogliere una cascata di premi, Uncharted 3 ha avuto il compito di chiudere il ciclo della saga originale, rivelando alcuni dettagli sul passato del protagonista e riciclando alcune delle situazioni già proposte in passato per rigirarle con nuovi spunti. Il ritmo, sebbene non bilanciato così bene come nel 2, mantiene alta l’attenzione per gran parte dell’avventura, che si dimostra ben assortita come varietà di situazioni e di incontri. Il problema principale del terzo episodio sta nel non aver voluto minimamente osare rispetto al seminato, col risultato che la struttura estremamente formulaica tende a diventare stantia verso le ultime ore di gioco. Sia chiaro, il terzo resta un titolo assolutamente degno di essere giocato, ma la mancanza di vere e proprie innovazioni all’interno del genere lo rende meno impressionante, almeno una volta contestualizzato.

uncharted l’abisso d’oro ps vita
Ci sono pure i QTE da fare scorrendo il dito sul touchscreen, non ci facciamo mancare proprio niente.

Uncharted: l’Abisso d’Oro è quel classico prequel realizzato spingere una nuova console, in questo caso la compianta PS Vita. In qualità di titolo portatile, l’aspetto tecnico mostra un livello sopra la media, quasi al livello del primo capitolo in versione PS3; ottimo materiale per pubblicizzare la piccola console di casa Sony, ma il gioco?

Il gioco mostra tutti i limiti di uno sviluppo affidato a un team esterno (i SIE Bend Studio) che ha cercato di ripetere lo stile di Naughty Dog limitandosi a ricalcare il disegnino, in questo caso quello di Uncharted: Drake’s Fortune. Il ritmo è infatti molto simile e diverse sezioni risultano davvero troppo smorte per poter intrattenere il giocatore. In aggiunta, la necessità di implementare alcuni dei gimmick della console — per esempio il touchpad posteriore per scalare e il giroscopio per mirare — tradisce la reale natura di titolo fatto apposta per questioni di marketing. Non che di norma la tendenza a produrre sequel derivi da necessità artistiche, ma questo mediocre prodotto non può neanche fregiarsi dell’essere semplicemente ricreativo. Per fortuna la parentesi portatile si è chiusa rapidamente. Sì, lo so che esistono Fight for Fortune e Fortune Hunter, ma non li ho giocati e non mi interessano particolarmente.

uncharted 4 fine di un ladro ps4
Il gioco è uscito nel 2015, ma è davvero ancora attuale a livello tecnico.

Per fortuna, la saga è approdata su PS4 con il quarto capitolo, il quale segna una leggera deviazione dal percorso battuto dalla trilogia originale. Uncharted 4: Fine di un Ladro è un titolo esplosivo, ritmato quasi altrettanto bene come il secondo e che si preoccupa di uscire un attimo dalla sua zona di comfort per porre il giocatore in situazioni folli e spettacolari. Alle rifiniture nel gameplay si affianca la storia di un fratello chissà perché mai nominato nel corso dei precedenti episodi, che approfondisce ulteriormente il passato di Nathan Drake e si preoccupa di chiudere degnamente l’arco narrativo del protagonista. Le correzioni “pad alla mano” vedono la realizzazione di un sistema più verosimile per le scalate (niente più cornicioni che crollano “casualmente” dopo il nostro passaggio) e di un gunplay più moderno. L’aggiunta di un semplice sistema di stealth, da sfruttare grazie a un level design meno lineare che in passato, permette di variare il classico ciclo scontro — arrampicata — filmato, in modo da aggiungere pepe ai livelli.

Insomma, Uncharted 4 è la conclusione migliore che la saga abbia potuto chiedere, anche considerato le diverse sbavature che il titolo comunque possiede (il retcon del fratello è una paraculata pazzesca). E comunque la serie non ha ancora finito di parlare.

uncharted lost legacy ps4

Uncharted: l’Eredità Perduta è uno spin-off basato sullo stesso motore grafico del quarto capitolo, nel quale Nathan non appare nemmeno. La storia è incentrata infatti su Chloe e Nadine, due personaggi presenti rispettivamente in Uncharted 2 e Uncharted 4, mantenendo il gameplay pressoché identico a quest’ultimo. Complessivamente, questo spin-off, che consiglio a piene mani, ricicla un mix dei momenti migliori di quei due episodi — notevole l’aver ripreso il livello nel convoglio in corsa con un twist differente — conservando l’ottima fluidità dei movimenti e una varietà di situazioni tutta sommato buona. Il classico titolo che si può giocare a mente spenta e che riesce degnamente a intrattenere per una mezza dozzina di ore, pur non risultando eccezionale nel suo complesso.

Oggi, all’alba del secondo capitolo di The Last of Us, Naughty Dog è uno degli sviluppatori più affermati sul mercato e ha permesso a Sony di consolidare il suo vantaggio nell’attuale generazione. Penso che la saga di Uncharted abbia detto davvero tutto quello che aveva da dire e spero veramente che la casa americana possa sfruttare le loro conoscenze per sviluppare generi differenti, non limitandosi solo alle cosiddette “esperienze cinematiche”.

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