Guida per capire (e amare) Undertale — Vol. I

Del concetto di “determination”.

Lorenzo “GOV” Sabatino
Frequenza Critica
7 min readSep 10, 2019

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Al netto di un vasto e nutrito stuolo di fedeli adoranti (sfocianti in un vero e proprio culto della vita e delle opere di Toby Fox, il creatore del videogioco che stiamo trattando), Undertale è un’opera spesso mis-compresa, e pertanto disprezzata. Dietro una patina di apparente infantilità, acuita da uno stile grafico ben poco accattivante (ma ben lungi dal non recare in sé elementi di consistente “artisticità”), il videogame creato tramite il tool Game Maker è in realtà uno degli esempi più fulgidi di quali vette comunicative possa raggiungere il medium videoludico. Scopo, dunque, di questa serie di scritti è di proporre una serie di chiavi di lettura che possano “indicare la strada” al videogiocatore che intenda raggiungere il “cuore” dell’opera di Fox. Va da sé che questa guida si rivolge esclusivamente a chi questo videogioco l’abbia già concluso: quindi sì, SPOILER.

Undertale-game-over
“X, stay determined…”

Stay determined. Questo è l’invito che uno sconosciuto narratore ci rivolge a ogni game over. O è piuttosto il videogioco a spronarci? La determinazione è un concetto che in Undertale ritorna incessantemente, costituendo, a conti fatti, una delle chiavi di volta nella decriptazione del senso dell’opera di Fox. Uno degli elementi di maggiore acume mostrati dall’autore in sede di scrittura consiste proprio nella multitestualità della “determination”, a seconda dei diversi piani di lettura con cui si approcci il mondo (e il videogioco) di Undertale. Ogni volta che nel gioco appare il concetto di determinazione, il discorso di Fox ha natura diegetica e, spesso, soprattutto extra-diegetica. Analizziamo per gradi.

L’universo di Undertale è composto da umani e mostri, quest’ultimi banditi dalla superficie in quanto ritenuti pericolosi (senza una ragionevole motivazione apparente) e costretti a vivere nell’Underground. Immediatamente Fox colora il suo mondo di una peculiarità, un’originalità rispetto a tante simili narrazioni: gli umani sono infinitamente più forti dei mostri. Sul significato di una simile scelta ritorneremo nei prossimi volumi, per ora ci basti mettere in luce un elemento, ossia che è la “determination” a rendere così soverchianti gli umani rispetto ai mostri.

La debolezza delle creature dell’Underground deriva dalla scarsa solidità dei loro corpi, composti perlopiù di materia magica; viceversa gli umani hanno in dote il dono della “determinazione” che rende compatto e forte il proprio corpo. La fragile natura dei mostri non permette a essi di “contenere la determinazione”, in presenza della quale gli stessi patiscono orrende mutazioni. Dunque è la determinazione che permette al nostro avatar, il bambino Frisk, di poter sbaragliare interi eserciti di mostri, brandendo, ad esempio, una padella.

Papyrus-morte-dissolvimento
Papyrus si dissolve nella morte.

A un primo livello, allora, Fox caratterizza il “potere” (quasi un corrispettivo “shounen-like” di diversi anime giapponesi) del mondo di Undertale con il nome di “determination”: ciò risulta fin troppo evidente nella battaglia finale della “pacifist run”, quando il nostro protagonista ingaggia una vero scontro di determinazione con Asriel, un mostro che ha fuso in sé una parte di umanità, generando una lotta a tutti gli effetti “divina”, in cui lo spazio e il tempo subiscono continui mutamenti. La vera forza, dunque, risiede nella determinazione. Nel mondo di Undertale la determinazione ha una sembianza di materialità, dal momento che si riflette sulla corporalità degli uomini: Frisk ha la meglio perché è determinato. Ma chi altro è determinato?

L’iperuranica battaglia con Asriel, in questo caso affrontata con una notevolissima “no hit boss fight”.

A questo punto il concetto di determinazione tracima i confini del narrato e si estende su un piano interpretativo che coinvolge in prima persona il videogiocatore (inteso nel duplice significato di “idea di videogiocatore” e videogiocatore che, “hic et nunc”, sta giocando Undertale), legando in maniera acuta il potere di Frisk con il “potere del giocatore”.

Qual è, indubitabilmente, il più grande potere del videogiocatore? Il poter gestire il tempo e lo spazio del “mondo virtuale” attraverso la funzione di salvataggio dei progressi. Attraverso di esso il giocatore non solo può liberamente decidere delle conseguenze che formano la “realtà” (ricaricando, qualora non gli aggradano), ma soprattutto è immortale: il giocatore non può mai essere sconfitto, anche qualora “morisse” ricomparirebbe di lì a poco, pronto a riaffrontare l’ostacolo.

E cos’è che permette al videogiocatore di poter tornare ogni volta laddove è stato sconfitto? La determinazione, ovvio. Nei punti di salvataggio prestabiliti nella mappa, una piccola frase precede il momento dell’effettivo save. Questa frase, cangiante ogni volta in una sua parte, contiene però sempre una dicitura fissa: “fills you with determination”. Fox è anche fin troppo didascalico nel rinverdirci il messaggio che il salvataggio sia la più grande manifestazione di determinazione, dunque di potere, non solo di Frisk (che potrà “rinascere” da questi punti qualora morisse) ma soprattutto del videogiocatore, deciso a riprovarci finché non riuscirà ad avere la meglio.

Undertale-punto-di-salvataggio
Una luce nelle profondità della terra ci riempie ogni volta di determinazione.

La referenzialità del concetto di determinazione al giocatore, però, è appunto polisemica. Non solo Fox sta implicitamente asserendo che il potere di Frisk è, da ultimo, il nostro potere, quello di noi giocatori che in quel momento abbiamo stabilito, “impersonando Frisk”, di non volerci arrendere — ed è estremamente evidente l’irriducibilità come attributo del giocatore/Frisk nella battaglia contro il cosiddetto OmegaFlowey, contro il quale ritorniamo ancora e ancora, anche dopo aver perso il controllo del software/mondo di gioco virtuale; ma soprattutto, il discorso di Undertale investe la condizione stessa del videogiocare, che, in fondo, non è altro che rialzare la testa dopo ogni atterramento, per “vincere l’ostacolo” (sulla natura dell’ostacolo in Undertale ne riparleremo in un futuro volume).

La determinazione come attributo degli umani di Undertale; la determinazione come carattere ineludibile del videogiocatore; infine la determinazione come (auto-)determinazione dell’uomo. Seppure non sia il caso di anticipare molte delle considerazioni che tratteremo più avanti discutendo del finale della “genocide run”, alcune sono strettamente connesse al tema della “determinazione” in Undertale.

Un concetto strettamente avvinto a quello di “determinazione” è quello di “libertà”. Nel contesto del mondo di Undertale, nessun mostro è veramente libero, bensì sono tutti sottomessi alle volontà di una mente creatrice (che è allo stesso tempo quella dell’uomo-creatore, ossia Toby Fox, e quella dell’uomo-modificatore, ossia il videogiocatore); in qualsiasi momento, la loro realtà potrebbe essere mutata a piacimento di un “dio volubile”, che in estrema sintesi, siamo noi stessi, per mano dell’avatar con cui stiamo interagendo.

Soltanto due entità nel gioco (Flowey e Sans) sono consapevoli dell’illusorietà di qualsiasi forma di auto-imposizione della propria esistenza (e non a caso saranno i nostri due principali oppositori lungo la nostra esperienza), e solo una di queste, Flowey, ci comunica di aver avuto la possibilità di poter liberamente, più e più volte, disporre del mondo che abita.

Undertale-Flowey
Flowey ci racconta come tutto ebbe inizio.

Durante la “genocide run”, in un surreale dialogo, costantemente oscillante nell’avere come interlocutore sia il bambino sia il giocatore, Flowey ci confida di aver “provato di tutto”. S’è comportato bene, ascoltando tutti e risolvendo i bisogni di ciascuno (insomma, completando le side quest), ha esaurito così il mondo più e più volte; ma poi s’è annoiato, e gli è baluginata l’idea di “vedere che succedeva se uccideva qualcuno”, così ha commesso massacri, ha torturato individui con cui prima aveva stretto legami, individui inconsapevoli perché “privi della determinazione” necessaria per essere liberi e consci della realtà che li circonda.

Flowey ci ha descritto il comportamento del giocatore in un mondo aperto di cui può disporre; e, al contempo, ci ha visceralmente rappresentato l’intima natura dell’essere umano, un soggetto la cui (auto-)determinazione (ossia, l’illusione di poter fare “ciò-che-vogliamo”) è la premessa logico-temporale con cui si manifesta lo scacco dell’abulia di senso, di cui la noia è una delle sue forme. Ed è da questa base che si innerva il principale lascito etico di tutta l’opera di Toby Fox, il nucleo tematico che anima ogni singola componente del videogioco (come avremo modo di vedere) ma che trova la propria epifania principale agli esiti della “genocide run”: il potere (ovvero, la libertà), senza comprensione, è distruttiva sopraffazione, priva di ogni senso.

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Il nostro avatar, svincolandosi dal nostro controllo, ci parla.

Nello straordinario dialogo finale fra giocatore e avatar della “genocide”, quando siamo infine messi di fronte ai nostri “peccati”, ci facciamo carico delle responsabilità di aver condotto una “determinazione disinteressata”, di aver portato alle estreme conseguenze un potere che sentivamo di dover esercitare “perché potevamo”. L’ultima realtà che si para di fronte a noi è un mondo vuoto, in cui un vento senza fine ulula: la determinazione dell’uomo può essere anche la sua rovina.

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Lorenzo “GOV” Sabatino
Frequenza Critica

Ci sono poche cose che meritano di esser dette e spesso manca anche la voglia.