I nuovi obiettivi di Mortal Kombat 11

Ovvero come, secondo NetherRealm Studios, un picchiaduro può guidare i giocatori anche fuori dalla modalità tutorial.

Diego “Syd” Cinelli
Frequenza Critica
5 min readJul 11, 2020

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L’immagine di copertina di Aftermath, con Shang Tsung, Raiden e Liu Kang.

È vero: i picchiaduro hanno abbandonato da molto tempo la cresta dell’onda. Eppure nell’ultimo biennio il genere è stato in grado di raggiungere ottimi risultati in termini di vendite, con due esponenti di spicco finiti nella top 10 dei videogiochi più venduti dei rispettivi anni: Super Smash Bros. Ultimate e Mortal Kombat 11. Questi rappresentano le due punte di un iceberg costruito a partire dallo scorso decennio, con gli sviluppatori sempre più concentrati a demolire l’alone di inaccessibilità che tormentava il genere.

La fama è dura a morire quando nasconde un fondo di verità. Proprio l’altro giorno parlavo con il nostro Damaso (di cui potete leggere l’intervista ad Andrea Maderna, a questo indirizzo) di questo pezzo, che ha definito i picchiaduro “giochi che richiedono centinaia di ore per capirci davvero qualcosa”. È una definizione errata? Sì e no. Rappresenta il “problema” (le virgolette qui sono d’obbligo) che affligge i videogiochi di combattimento? Possiamo dire di sì.

Screenshot di Street Fighter III: 3rd Strike Online Edition: Elena sferra un potente calcio a Yun.
Street Fighter III: 3rd Strike è un ottimo esempio di picchiaduro con meccaniche avanzate che sembrano intimare al giocatore inesperto di starsene alla larga.

Perché è una definizione giusta ma anche errata? C’è, come dicevo, un fondo di verità. Nei picchiaduro, anche nei meno tradizionali, esistono meccaniche e concetti ricorrenti: attacchi, parate, prese, ma anche principi più astratti come la gestione dello spazio, le valutazioni da fare in fase neutrale, e via dicendo. Tutti questi elementi richiedono un certo tempo per essere interiorizzati; fortunatamente, gli sforzi notevoli fatti negli ultimi anni per migliorare le modalità di tutorial e allenamento rendono mediamente più semplice comprenderli e applicarli, ma sì: se siete al vostro primo picchiaduro — e volete prenderlo davvero sul serio — dovete imparare un po’ di basi. Allo stesso modo però, se già in passato avete fatto vostri questi concetti, il tempo che vi servirà per raggiungere un buon livello in un nuovo videogioco del genere (salvo casi di titoli particolarmente unici rispetto alla massa) sarà molto, molto inferiore.

Perché poi la definizione di cui sopra rappresenta, per certi versi, il problema principale dei picchiaduro? La percezione che il divertimento, nei videogiochi di combattimento, sia arroccato dietro una curva di apprendimento ripidissima, fatta di ore e ore di allenamento offline e mazzate online, di certo scoraggia molti ad avvicinarsi al genere. Per demolire questa percezione, il primo passo fatto dagli ultimi capitoli delle serie Smash Bros. e Mortal Kombat è stato curare con maggiore attenzione le principali modalità a giocatore singolo. Nel caso di Mario e compagni, un altro aiuto arriva dal lato party game della serie che, tra strumenti fuori di testa, colpi speciali a comparsa e potenziamenti strampalati, aggiunge un certo quantitativo (regolabile) di casualità — permettendo ai giocatori alle prime armi di divertirsi anche senza aver sgobbato per ore e ore in modalità allenamento.

Mortal Kombat 11 ha un approccio diverso ed ha a che fare con gli obiettivi. Per quanto strati e strati di meccaniche possano rendere la questione piuttosto confusa, la formula base di un picchiaduro è sempre molto semplice: vince il giocatore che, alla fine del round, resta in piedi; il round finisce quando almeno uno dei due indicatori della vita si esaurisce o, in buona parte dei casi, quando il timer raggiunge lo zero. Quello che non è semplice capire (non sempre e non per tutti) è come utilizzare le meccaniche proprie di ogni singolo gioco, unite agli strumenti unici del personaggio scelto, per raggiungere l’obiettivo. L’ultima produzione di NetherRealm Studios ha inserito dei micro-obiettivi, riuniti sotto l’etichetta dei Colpi Devastanti, in grado di guidare sulla traiettoria giusta i giocatori senza dover ricorrere a spiegazioni lunghe e articolate.

È pur vero, come detto prima, che negli ultimi anni le modalità tutorial hanno fatto dei giganteschi passi avanti, ma è raro che queste riescano a unire teoria e pratica quando si tratta di insegnare al giocatore a costruire una strategia di gioco (argomento trattato nel dettaglio, proprio pensando a Mortal Kombat 11, da SchiacciSempre per Everyeye).
Volendo semplificare un poco, possiamo immaginare un picchiaduro come un gioco a turni. Un giocatore prende l’iniziativa e sferra un attacco; in molti casi, se l’avversario si difende correttamente, può ribaltare la situazione e procedere con il proprio turno. I tutorial riescono ormai piuttosto bene a far capire le basi dell’attacco e della difesa, permettendo ai giocatori di cominciare a capire quando la palla passa da un personaggio all’altro… ma come si fa a capire cosa farsene, di questa iniziativa?

Una parte dell’Elenco Mosse di Noob Saibot, in Mortal Kombat 11.
I Colpi Devastanti, in Mortal Kombat 11, non sono solo un’ottima fonte di danno, ma anche un indizio su come impostare il gioco con un dato personaggio.

Le variabili in campo sono molte: distanza dall’avversario, livelli delle barre dei punti vita, risorse a disposizione dei due giocatori, strumenti su cui si può contare, tipologia di personaggio, e così via. Saper mettere assieme tutti questi dati e ottenere una risposta in un intervallo di tempo brevissimo non è affatto banale e scontato. I Colpi Devastanti, in Mortal Kombat 11, aiutano a impostare una strategia di gioco dando una ricompensa tangibile (e non trascurabile) al giocatore che riesce a metterli a segno.

In pratica, i Colpi Devastanti sono versioni molto potenziate di determinati attacchi a disposizione dei combattenti, che si attivano se vengono soddisfatti dei requisiti ben precisi. In molti casi, tentando di soddisfare questi requisiti si finisce per impostare naturalmente uno stile di gioco basato sui punti di forza del personaggio scelto. Prendiamo Noob Saibot come esempio: il suo attacco Placcaggio Oscuro attiva un Colpo Devastante se, nel corso dell’incontro, sono già andate a segno 10 altre tecniche con il clone d’ombra. Per riuscire a raggiungere questo obiettivo, si dovrà impostare una buona offensiva dalla distanza… che è poi un punto di forza del personaggio in questione.

Si comincia quindi a pensare a un incontro in termini di situazioni: in che modo posso arrivare a sfruttare quel Colpo Devastante? In che sequenza mi conviene procedere? Contro quali personaggi è più facile o più difficile portare a termine l’impresa? In questo modo si divide il match in una lista di obiettivi chiari e, dopo ogni vittoria o sconfitta, è più facile analizzare la propria performance. Questa meccanica rappresenta quindi un buon punto di partenza per la riflessione sulle strade che gli sviluppatori di picchiaduro possono percorrere per guidare i nuovi giocatori anche al di fuori delle modalità tutorial e allenamento. Perché, per quanto sia d’aiuto — e, perché no, necessario — sviluppare modalità tutorial sempre più complete, i videogiochi di combattimento non smetteranno mai di sembrare “inaccessibili ai profani” se non sapranno trasferire una buona parte di questo processo di onboarding direttamente nelle fasi di gioco, smettendo di dividere le fasi di apprendimento da quelle di divertimento.

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Diego “Syd” Cinelli
Frequenza Critica

Chiacchieratore seriale, passa buona parte del suo tempo a parlare ad altri della sua passione per i videogiochi.