I veri verissimi Syd Game Awards 2020

Ovvero: come celebrare un passaggio generazionale strano in maniera strana.

Diego “Syd” Cinelli
Frequenza Critica
7 min readDec 16, 2020

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Artwork di Mortal Kombat 11 Ultimate, Nioh 2 e Final Fantasy VII Remake

Questo passaggio generazionale è stato unico su più fronti, anche a livello personale. Non sono un estremista quando si tratta di console e la mia piccola collezione lo dimostra, ma sono rimasto incollato a Sony fin dai tempi della prima PlayStation (come ho già avuto modo di raccontare qui) e ho, tra casa mia e quella dei miei genitori, tutte le sue sorelle maggiori — versioni mid-gen escluse. Questa però è stata la mia prima volta da day one: mi sono lanciato a occhi chiusi, mettendo mano a una versione senza disco di PlayStation 5.

Sapevo, come tutti, che sarebbe stato un passaggio più fluido rispetto ai precedenti, ma non pensavo che lo sarebbe stato fino a questo punto. Il primo momento “wow” è stato il trasferimento dati da PS4 a PS5: nel giro di venti minuti, la migrazione di tutto ciò che avevo sulla vecchia console era completato. In un attimo, la mia vecchia slim nera è diventata solo un lettore blu-ray. L’impressione è stata più vicina a quella di un aggiornamento dei componenti di un PC, ecco.

E non è finita qui: Sony ha avuto la brillante idea di gettare benzina sul fuoco del mio backlog, scaraventandoci sopra una collezione di perle della scorsa generazione. Per questo ho deciso di riepilogare questo mio 2020 videoludico guardando alla rinnovata libreria PS5, tuttora sprovvista di titoli davvero next-gen, e assegnare dei premi un po’ particolari, degni di questo passaggio piuttosto bizzarro.

Premio “Ancora tu? Ma non dovevamo vederci più?”

Vincitore: Nioh 2

Per prima cosa bisogna dare un grande riconoscimento alla costanza. In un mondo di live service che difficilmente riescono a rapirmi del tutto, il gioco che mi ha stupito maggiormente quest’anno è stato Nioh 2. Per capire come mai, bisogna fare una premessa: mi piace il genere (?) soulslike e, in particolare, ho adorato Bloodborne. L’ho giocato e rigiocato fino a poco tempo prima che uscisse il secondo capitolo della saga di Team Ninja e, arrivato in fondo alle mie avventure cosmic-horroriane, l’unico rammarico che avevo riguardava la modalità multigiocatore: se BB avesse avuto un sistema appena decente a supporto dei sotterranei del calice in co-op, non avrei mai smesso di giocarci.

Un combattente di Nioh armato di due asce affronta un demone
Quante volte ci siamo incontrati, Mezuki? Ora sei tu a non prenderla troppo bene, quando succede. Come cambiano le cose, eh?

Ecco, è più o meno quello che è successo con Nioh 2. Grazie alla modalità Spedizioni, ho potuto affrontare i vari NG+, DLC e, ovviamente, sessioni di grinding matto e disperatissimo assieme ai miei compagni di giochi abituali. E pensare che i suddetti neppure sono appassionati di soulslike, anzi. Eppure questa semplice modalità cooperativa, unita a un sistema di combattimento solido e a livelli impegnativi quanto basta, è riuscito a farci passare sopra prima al senso di frustrazione iniziale, poi alla ricerca ossessiva di equipaggiamenti che diventavano obsoleti all’aggiornamento successivo — più o meno.

Premio “Prendiamoci una pausa”

Vincitori: i picchiaduro next-gen

Tutti quelli che mi conoscono sanno che amo i picchiaduro. Tra i frame di una modalità allenamento mi ci perdo; rimango imbambolato per ore a provare combo, a studiare cose, a perfezionare l’esecuzione. Non che io sia bravo nella pratica, ma mi diverto moltissimo. Per questo il 2020 è stato un anno molto difficile, specialmente quando è arrivato il passaggio generazionale. Mano a mano che gli annunci dei giochi per le nuove piattaforme cominciavano a spuntare, nel mio cuore — e credo anche in quello di tutti gli appassionati del genere — si è affacciata un’ombra di atroce dubbio.

Due combattenti di Guilty Gear -STRIVE- si fronteggiano nel deserto
Guilty Gear -STRIVE- è uno dei grandi assenti del 2020, dal versante picchiaduro.

Via via che l’uscita delle console si avvicinava, questo dubbio si è trasformato in certezza: di picchiaduro next-gen non c’era alcuna traccia. Mentre gli altri generi più celebri venivano ricompensati con remake, seguiti e DLC, i videogiochi di combattimento facevano ancora una volta la figura di chi non è, da un bel pezzo a questa parte, al passo coi tempi. L’unico raggio di luce è arrivato da NetherRealm Studios, che ha pubblicato una versione definitiva di Mortal Kombat 11, completa di supporto cross-platform e cross-gen. Speriamo che qualcuno, nella terra del sol levante, abbia preso appunti.

Premio “Il problema non sei tu, sono io”

Vincitori: i JRPG

Io e i JRPG abbiamo avuto una lunghissima luna di miele, ma è stato tanti anni fa. La mia vita era diversa, soprattutto per quanto riguarda il tempo libero a disposizione. Ormai ne è passata, di acqua sotto i ponti: sono lontane le seconde, terze partite ai Final Fantasy per la prima PlayStation. Ma ogni tanto mi capita di tornare in quell’isola felice e lineare, sperando di ritrovare quelle vecchie sensazioni.

E invece nulla. Saranno le sessioni più brevi a disposizione, che mi fanno stare stretti tutti i giochi con punti di salvataggio prestabiliti o limitati, sarà che i miei gusti si sono evoluti, ma non c’è più quel feeling di una volta. Neppure dopo ottimi impatti iniziali, come con il primo Ni No Kuni, recuperato a inizio anno. Forse andrà meglio con Persona 5, finito di prepotenza nel mio backlog insieme a tutti i giochi regalati agli utenti PS Plus al passaggio alla nuova console.

Premio “Eroe del backlog”

Vincitore: The Last of Us: Parte II

Il colpo più inatteso del 2020. Il primo capitolo della serie è stato uno dei giochi che, a suo tempo, mi aveva riportato verso i single player, facendomi apprezzare una narrazione matura e violenta, che scorre forte di un andamento molto lineare. Credevo di essere caduto vittima dell’hype, di essere la preda perfetta per il secondo, attesissimo episodio partorito da Neil Druckmann e soci. Avevo visto i trailer, addirittura! I trailer, io che di solito me ne tengo alla larga come se fossero appestati. E invece, nulla.

Quando The Last of Us: Parte II è finalmente arrivato tra noi, non mi sono sentito pronto. Non avevo tempo, c’erano troppe cose in ballo e volevo racchiudere quell’esperienza di gioco in un momento in cui avrei potuto dargli tutta l’attenzione che meritava. Tra una cosa e l’altra il suo tempo, in casa mia, non è ancora arrivato, ma è una storia che si ripete: anche il primo mi capitò tra le mani, in prestito, a ben oltre un anno dalla sua uscita.

Premio “Ribaltone inaspettato”

Vincitori a pari merito: Final Fantasy VII Remake e Cyberpunk 2077

Qui siamo al versante opposto rispetto al premio precedente: è il momento dei paladini del day one a sorpresa. Quelli che fino alla fine ho detto “no, non mi serve, lo prenderò più avanti, figurati” e poi sono scivolato sull’enorme tasto preordina. Solo due volte ho ceduto, quest’anno, e a farmi cedere sono stati due pezzi da novanta. Final Fantasy VII Remake è riuscito a segnare un gol a porta vuota solleticando per mesi la corda della nostalgia: come detto prima, io e la serie in questione ci siamo frequentati molto, in passato — e sono stati proprio il settimo e il nono capitolo a far scattare la scintilla. Ho mentito a me stesso per mesi, mentre venivo bombardato da video, articoli e immagini: niente, complice una settimana di ferie forzate, prima che potessi formulare un’obiezione valida ero già a spasso per Midgard.

Con Cyberpunk 2077 la faccenda è stata molto diversa. L’insieme di opere del genere lette su carta o viste su schermo nel corso degli anni ha fatto sì che il progetto di CD Projekt RED attirasse le mie attenzioni, ma senza smanie particolari. È stata un’attesa sana, senza unghie mangiate né nervosismo provocato dagli slittamenti della data di uscita. Ho preordinato la versione console — il mio computer non avrebbe comunque garantito una resa impeccabile — non tanto perché avevo il bisogno di giocarlo il prima possibile, ma piuttosto per avere la possibilità di parlarne, di scriverne da subito.
Purtroppo, dopo qualche ora di gioco e un paio di missioni alle spalle, per i chiacchieratissimi problemi delle versioni per console, rischia di diventare un videogioco del 2021 (spero non troppo inoltrato). Ma questa è un’altra storia.

Artwork di Cyberpunk 2077 con V armato in metropolitana
Non guardarmi così, V. Io ce l’ho messa tutta, lo giuro.

Ma d’altra parte questo 2020 videoludico non poteva chiudersi in modo diverso. Un anno fatto di rinvii — e non solo, ma non avventuriamoci in lidi ben più cupi— e debutti di nuove generazioni avvolte dal mistero, che “forse c’è tutto, forse non c’è nulla” e alla fine a mancare, più che i giochi, era proprio lo stesso hardware, almeno nei magazzini dei rivenditori. Probabilmente, se c’è un messaggio che possiamo leggere dietro a tutto questo, è che le novità brillano di più da lontano, che tra retrocompatibilità e servizi in abbonamento il nostro backlog non finirà mai di ingrandirsi e che, forse, sono i videogiochi che scegliamo di tenere nella nostra libreria — in mezzo a tutto questo marasma — a definire il nostro presente e la nostra identità come giocatori, al di là della pubblicità assordante e dalle date di uscita.

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Diego “Syd” Cinelli
Frequenza Critica

Chiacchieratore seriale, passa buona parte del suo tempo a parlare ad altri della sua passione per i videogiochi.