In Days Gone il viaggio è più importante della destinazione

Può un titolo tutto sommato ordinario sorprendere il giocatore?

Daniele “Alteridan” Dolce
Frequenza Critica
6 min readJun 25, 2021

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Immagine di copertina con Deacon St. John e la sua moto

Mentre scrivo queste parole ho appena finito di vedere i titoli di coda di Days Gone. Ho deciso di scrivere questo articolo di getto, dopo aver trascorso oltre cinquanta ore in compagnia del videogioco targato SIE Bend Studio. Il perché è presto detto: ho intenzione di buttare giù le mie impressioni a caldo senza perdermi troppo in chiacchiere che rischierebbero di dipingere un quadro della situazione che non corrisponde alla realtà. Se mi fermassi troppo a riflettere sono sicuro che inizierei a trovare tanti difetti, piccoli e non, che andrebbero a mistificare il punto centrale di questo articolo.

Il punto è che Days Gone mi è piaciuto.

Tanto.

Ammetto di aver snobbato questo gioco alla sua uscita su PS4. “Un altro action/adventure open world generico” pensai. Uscì anche in un periodo piuttosto affollato di titoli che mi interessavano di più, quindi non ebbi mai motivo di recuperarlo. Almeno fino a qualche settimana fa, quando Sony ha pubblicato Days Gone su PC. Approfittando di questa ghiotta occasione, decisi di colmare la lacuna e dare a Deacon St. John e ai suoi compagni di avventure una chance.

Panorama dell’Oregon in Days Gone
Days Gone è ambientato in Oregon, stato in cui ha sede lo sviluppatore.

In realtà il motivo principale del mio acquisto — da buon appassionato di fotografia virtuale — è stata la possibilità di scattare su una piattaforma in grado di far risaltare al massimo l’ambientazione. Anche se il gioco non mi avesse fatto impazzire, avrei comunque potuto sfruttarlo per la mia passione.

Deacon St. John su moto
La moto è di fatto la seconda protagonista del gioco.

Per fortuna, dopo essermi immerso nell’Oregon digitale ricreato da Bend Studio, mi sono sentito immediatamente a mio agio. Nonostante di base Days Gone sia un titolo piuttosto generico, sia nell’impostazione del gameplay che nella storia che vuole raccontare, ho subito provato una certa empatia con il protagonista Deacon St. John. Un biker vagabondo che prova a sopravvivere assieme al suo amico fraterno Boozer in un mondo devastato dall’apocalisse zombie. Anche qui, l’incipit è di quelli classici: un virus sconosciuto ha attaccato l’umanità, uccidendone immediatamente una parte e trasformando il resto degli infetti in esseri apparentemente privi di volontà affamati di carne e sangue. I pochi superstiti hanno abbandonato le grandi città e si sono organizzati alla buona in campi di fortuna, provando a restare alla larga dalle massicce orde di zombie che dominano il mondo, oltre che tentando di difendersi dagli assalti delle bande di viandanti senza alcun rispetto per la vita altrui.

In tutto questo, il protagonista è alla costante ricerca di sua moglie Sarah, di cui ha perso le tracce quando la società è definitivamente crollata, circa due anni prima dell’inizio del gioco.

Flashback di Deacon e Sarah
Nel gioco sono presenti diversi flashback sulla vita di Deacon e Sarah prima dell’apocalisse zombie.

Quella narrata da Days Gone è dunque una storia d’amore di cui di fatto si conosce già il finale. Di tanto in tanto il gioco prova a mettere in discussione tale concetto, mischiando un po’ le carte in tavola, salvo poi tornare quasi immediatamente sui suoi passi. È un viaggio in cui punto di partenza e di destinazione sono noti, ma tutto quello che accade nel mezzo è ciò che permette al gioco di andare avanti e mantenere alta l’attenzione.

Tra l’altro, dopo aver raggiunto i titoli di coda, mi sono accorto che gli sviluppatori non hanno mai nascosto il finale del gioco durante il periodo che ne ha preceduto l’uscita. Pensate che una delle immagini promozionali impiegate da Sony è proprio tratta dalla sequenza conclusiva di Days Gone.

Squadra NERO in un bosco
Gli agenti governativi NERO al lavoro mentre studiano gli infetti.

Quando scrivo che il viaggio è più importante della destinazione mi riferisco proprio a questo. Nell’esatto momento in cui ho avviato il gioco per la prima volta non ho mai messo in dubbio il possibile epilogo (che poi è diventato l’effettivo finale). Eppure Days Gone di occasioni in cui ha saputo sorprendermi ne ha proposte a bizzeffe.

Uno zombie in un’orda
La caratterizzazione estetica degli zombie è eccellente.

Mi ha sorpreso quando ho assistito gradualmente alla crescita e alla maturazione di Deacon e Boozer. Mi ha sorpreso un po’ meno nel caso di alcuni colpi di scena un po’ telefonati in relazione a qualche personaggio secondario fin troppo stereotipato. È tornato a sorprendermi la prima volta che ho dovuto affrontare un’orda di zombie, dovendo sfruttare al massimo ogni singolo strumento a mia disposizione per avere la meglio su centinaia di infetti rabbiosi.

Tutto questo in una cornice ludica sostanzialmente derivativa che invita il giocatore a liberare gli accampamenti nemici disseminati nelle varie regioni dell’Oregon, a riattivare la corrente nei checkpoint governativi abbandonati per recuperare potenziamenti per salute e stamina, e a raccogliere tonnellate di collezionabili tutto sommato inutili. Tante attività secondarie che possono essere portate a termine nell’ordine che si preferisce, salvo aver raggiunto determinati punti prestabiliti nella main quest in modo tale da avere accesso a più aree e gadget.

Deacon alle prese con un’orda di zombie in Days Gone
Spesso l’unica mossa sensata contro un’orda è la fuga.

La presenza di molte storie del tutto opzionali, però, permette di avere un quadro piuttosto preciso della vita dei sopravvissuti. Devo ammettere che in molti casi mi sono ritrovato a svolgere delle secondarie solo per conoscere dove sarebbe andato a parare il filone narrativo di questo o quel personaggio. Come quella volta in cui ho salvato una giovane adolescente orfana dei genitori che poi è finita ai lavori forzati in un campo gestito dalla sua ex vicina di casa, solo per scappare alla prima occasione utile e far perdere le sue tracce.

Però arrivato a questo punto forse sarebbe obbligatoria una precisazione. Ho parlato di side quest, ed effettivamente questi incarichi possono essere portati a termine nell’ordine che si preferisce. Ciò contribuisce a dare il ritmo giusto al gameplay di Days Gone, tuttavia si tratta di un inganno. Un trucco ben congegnato che fa sì che il giocatore abbia l’illusione di essere in controllo, mentre la realtà dei fatti è che queste secondarie non sono poi così tanto accessorie. Ogni storia si collega a vario titolo al filone narrativo principale e alla main quest, contribuendo a creare un intreccio più articolato.

Deacon cammina tra le rovine di un campus universitario abbandonato
Un campo di fortuna abbandonato all’arrivo degli zombie.

Di riffa o di raffa, molte secondarie devono essere completate prima che la storia principale possa andare avanti. Ciò fa sì che il viaggio di Deacon in cui il giocatore è spettatore attivo si arricchisca sempre di più, a poco a poco, e che la narrazione diventi man mano più sfaccettata.

Reacher di Days Gone
Un esemplare di reacher, uno degli infetti più pericolosi.

Days Gone riesce a offrire tutto questo nonostante gli evidenti limiti di una formula di gioco tutt’altro che originale. È un titolo poco rifinito, crudo come il mondo virtuale in cui viene catapultato l’utente, ma non per questo privo di personalità. Il carisma del videogioco sviluppato da SIE Bend Studio è davvero innegabile, ma è comunque necessaria una buona dose di pazienza per sorvolare sui difetti e su una struttura un pizzico anacronistica.

È un viaggio on the road che prova a trattare temi importanti, anche se non sempre riesce a farlo nel migliore dei modi.

Mi viene però impossibile non volere bene all’opera di Bend Studio, perché sul versante narrativo gli sviluppatori hanno provato a dare vita a qualcosa di diverso. È venuto fuori un prodotto con molto carisma, poco adatto ai giocatori più esigenti, ma che sa dare molte soddisfazioni se approcciato con lo spirito giusto.

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Daniele “Alteridan” Dolce
Frequenza Critica

Mi piace scrivere di ciò che mi passa per la testa. Prevalentemente di videogiochi, film e serie TV.