La diplomazia nei Total War

Ok che si chiama Guerra Totale, però…

Stefano “Revan” Castagnola
Frequenza Critica
6 min readJul 31, 2020

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logo di Total War: Shogun 2

Rome: Total War è un gioco bellissimo e un’autentica pietra miliare dei videogiochi strategici, grazie a una formula piuttosto immediata e molto appassionate, capace di creare assuefazione e scatenare il famoso meccanismo di “ancora un altro turno e smetto, dai”, parole sempre pronunciate almeno un centinaio di volte prima di chiudere effettivamente la partita, accorgendosi che sono le 3 di notte e che le ultime cinque ore sono passate come in un batter d’occhio, ipnotizzati davanti allo schermo.

Rome: Total War è anche un gioco con qualche anno sulle spalle, ma con questo non voglio dire che oggi sia ingiocabile, affatto. Anzi, proprio l’altro giorno mi sono rituffato nella campagna di conquista del mondo antico alla guida della Famiglia Giulia ed è andata esattamente come ai bei vecchi tempi, tirata di cinque-sei ore incluse.

Insomma, il gioco di Creative Assembly è un grandissimo classico capace di regalare ancora oggi tante ore di divertimento (al netto di alcuni problemi tecnici che ho purtroppo riscontrato nella versione Steam), ma c’è un aspetto nel quale è invecchiato piuttosto male: la gestione della diplomazia.

diplomazia Rome: Total War
È il caso di abituarsi a risposte come questa, anche quando una tregua farebbe comodo a tutti.

La diplomazia è in verità sempre stata il tallone d’Achille della serie (su cui avevamo già speso alcune parole anche in un altro articolo) di strategici targati SEGA, questo è vero, e il nome stesso della saga mette in chiaro fin da subito come al centro dell’esperienza di gioco ci siano guerre e battaglie contro i nemici, ma comunque si poteva fare decisamente di più anche per chi è interessato a stringere alleanze per giungere ai propri obiettivi. Anzi, l’IA che gestisce le varie fazioni e i loro rapporti col giocatore lascia davvero a desiderare e assisteremo di continuo a decisioni e comportamenti che metteranno a dura prova la nostra sospensione dell’incredulità.

Così capita che nella mia sopracitata campagna per stabilire la gloria di Roma (ma soprattutto della famiglia che darà i natali a Gaio Giulio Cesare) su tutto il mondo antico mi sia rapidamente trovato circondato da nemici che apparentemente non vedevano l’ora di attaccarmi, anche se erano già impegnati in conflitti con altre potenze della zona. Dichiararmi guerra non sembrava avere molto senso, visto che commerciavamo con buon profitto per entrambe le fazioni e avevamo pure siglato un’alleanza qualche turno prima.

Ho provato a fare il buon vicino (per quanto possibile e non con tutti, lo devo ammettere), espandendomi alle spese dei galli e lasciando stare le altre popolazioni che si affacciavano ai miei confini, con cui ho anzi stretto rapporti diplomatici di amicizia, scambi commerciali proficui, scambiato informazioni. Certo, più tardi probabilmente sarei giunto per prendere anche le loro terre, o forse mi sarei spinto ulteriormente verso ovest nella penisola iberica, e poi a sud nel nord Africa, ma al momento ero assolutamente tranquillo e amichevole.

battaglia in Rome: Total War
Le questioni, in Rome: Total War, vanno risolte così, sul campo di battaglia.

Ovviamente non è bastato e, in men che non si dica, mi sono ritrovato con tre o quattro fronti aperti, perché oltre al conflitto coi galli sono stato attaccato dai daci, dai britanni e pure dai numidi (che evidentemente non avevano gradito la presa di Cartagine). A dichiararmi guerra è stata ogni singola nazione confinante, insomma.

Tra l’altro in teoria galli e britanni erano in conflitto pure tra di loro, ma da lì in poi sembravano concentrati solo ed esclusivamente sui miei territori. Con alcuni di loro ho provato la via del negoziato, per stabilire la tregua e chiudere almeno un fronte così da potermi concentrare sugli altri, ma nessuno ha voluto darmi retta, anche quando ci avrebbero guadagnato più di me. Per esempio, i daci hanno rifiutato la pace anche quando li avevo ridotti quasi in cenere e non ne hanno voluto sapere fino a quando non li ho spazzati via dalla mappa, conquistando i loro ultimi insediamenti. Ovviamente non c’è stato tempo per celebrare la vittoria, perché sono stato subito attaccato da un’altra fazione, quella degli iberi.

Per fortuna che il Senato non ha ancora deciso che ho accumulato troppo potere nelle mie mani e che sono quindi diventato un nemico di Roma, perché l’apertura di un nuovo fronte contro le altre famiglie romane potrebbe essere un po’ troppo anche per i potenti Giuli.

artwork di Total War: Shogun 2
Shogun 2 omaggia l’arte nipponica per immergere subito il giocatore nell’affascinante atmosfera di gioco.

Negli ultimi anni mi sono un po’ distaccato dalla saga, preferendo impiegare il mio tempo su altri videogiochi, spesso di tutt’altro genere, e quindi non so come sia effettivamente gestita la diplomazia nei Total War più moderni. Tra quelli che ho provato a trovare l’equilibrio migliore tra l’elemento bellico e quello diplomatico era indubbiamente Total War: Shogun 2.

Uscito sette anni dopo l’epico e colossale Rome, Shogun 2 vantava non solo delle battaglie ancora più impressionanti, ma anche tutta una serie di migliorie pensate per quei giocatori che sono sì preparati per la guerra ma che vogliono espandere il proprio dominio anche in modi meno diretti, facendo uso di tutti gli strumenti a propria disposizione.

In alcuni casi si trattava di idee già sperimentate in alcuni dei predecessori e ulteriormente perfezionate nel gioco ad ambientazione nipponica. Il risultato è che, in Shogun 2, la diplomazia può effettivamente essere una strategia sensata e un’arma in più da utilizzare nel proprio percorso verso il dominio del Giappone.

diplomazia in Shogun 2
Da questo comodo pannello potremo comodamente gestire le nostre relazioni con i vicini.

Nel nuovo e rivisto pannello dedicato alle relazioni con le altre fazioni, in cui tra l’altro possiamo osservare il leader rivale (o amico) armato di tutto punto secondo la tradizione dei daimyo e pronto a commentare ogni nostra mossa mentre è comodamente seduto e circondato dallo sfarzo del proprio studio, ci sono finalmente tante opzioni in più e l’IA, pur comportandosi talvolta in modo bizzarro, è finalmente abbastanza avanzata da dare la parvenza di operare secondo una logica.

Certo, capita ancora di essere traditi improvvisamente dagli alleati di una vita (cosa che, dopo tutto, è avvenuta anche nella storia vera e propria) ma situazioni tragicomiche in cui ogni fazione inizia ad attaccare il giocatore nel giro di pochi turni, fino a ritrovarci con tutto il mondo di gioco contro (a volte persino gente che non ha confini in comune con noi!) sono decisamente più rare, se non anche del tutto assenti.

Tutto ciò fino alla seconda fase della campagna, in cui lo shogun decide che siamo diventati una minaccia troppo grande per il suo dominio e ci dichiara guerra. A quel punto i nostri rapporti con gli altri clan giapponesi cadranno velocemente a pezzi e molti di loro decideranno di schierarsi con l’attuale governante; i giochi di palazzo a cui avevi partecipato fin dalle prime ore, le relazioni di commercio, le alleanze che avevi abilmente intessuto si spezzano e ti ritrovi isolato mentre devi fronteggiare mezzo Giappone contando solo sulle tue forze. O quasi, perché un paio di alleati che decidono che tutto sommato gli piaci più dello shogun e che un cambio ai vertici può essere un bene per tutta la nazione magari ti rimangono anche.

l’esercito si prepara alla battaglia
Certo, la diplomazia ha fatto dei bei passi in avanti ma prima o poi bisognerà anche sporcarsi le mani… se vogliamo diventare i nuovi shogun, almeno.

Diversamente da Rome: Total War con la sua stravagante (e stralunata) gestione delle relazioni internazionali, in questo caso si tratta però di una meccanica voluta dagli sviluppatori, un po’ per intensificare la sfida e rendere le ultime ore di gioco più movimentate, un po’ per dare prova del potere e dell’ascendente dello shogun, detentore del potere assoluto nel Giappone del XVI secolo (nonostante esista anche un imperatore, in realtà un semplice fantoccio).

Ma fino a quel momento, e quindi per almeno tre quarti della campagna di gioco, non sono solo le battaglie in campo aperto e gli assedi alle città e ai forti nemici a tenerci impegnati allo schermo, ma anche una diplomazia che, pur con ancora qualche margine di miglioramento, funziona finalmente meglio rispetto ad ogni precedente incarnazione della saga.

Alla fine, in un gioco che richiama fin dallo stesso titolo il concetto di guerra totale, tutto sommato può anche andare bene così.

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Stefano “Revan” Castagnola
Frequenza Critica

Si è innamorato dei giochi di ruolo esplorando la Costa della Spada tra l’Amn e Baldur’s Gate, ma non disdegna anche altri generi di avventure.