L’industria dei videogiochi è marcia

Si promette cambiamento per non cambiare mai nulla.

Daniele “Alteridan” Dolce
Frequenza Critica
5 min readJul 4, 2020

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Scena madre de Il Gattopardo

Ci siamo: il segreto di Pulcinella è finalmente di pubblico dominio. L’industria dei videogiochi fa schifo. Chi l’avrebbe mai detto che anche tra gli sviluppatori di giochini elettronici si insidino dinamiche di potere che sfociano in abusi, molestie e sfruttamento dei lavoratori? Nessuno, ma proprio nessuno.

Sì, quello che state leggendo più che un editoriale è uno sfogo, un’invettiva che molto probabilmente non porterà a nulla, d’altronde cosa volete che possa contare l’opinione di un Daniele Dolce qualsiasi all’interno di un’industria che muove ogni anno miliardi e miliardi di dollari, sempre pronta a esaltare la diversità, ad avvolgersi nella bandiera di questa o quella causa nobilissima soltanto per mascherare un’intrinseca ipocrisia. Un’industria che spesso prova a nascondere la polvere sotto il tappeto per continuare a fare il bello e il cattivo tempo. E sì, so già che questo ragionamento è applicabile a qualsiasi ingranaggio di quella bellissima macchina chiamata capitalismo globalizzato, ma ciò non è una scusa per evitare di denunciare comportamenti a dir poco scorretti, per usare un eufemismo.

Solo che questa volta, detto proprio in completa onestà e con uno dei tanti francesismi di cui non chiederò assolutamente scusa, questa volta — dicevo — mi sono genuinamente rotto il cazzo.

Schermata presente in quasi tutti i titoli di Ubisoft
Tutte puttanate.

Tutto è nato su Twitter, Reddit e altre piattaforme online, dove numerose personalità dell’industria — spesso celebri— sono state accusate di aver commesso le più disparate nefandezze. Si parte da Chris Avellone, accusato di molestie sessuali da alcune sue ex colleghe e conoscenti. Si passa poi ad alcuni ex capoccia della redazione statunitense di IGN, accusati a loro volta di abusi ai danni dei loro sottoposti. Accuse che non hanno risparmiato streamer, youtuber, Insomniac Games, Ubisoft e molte altre realtà più o meno grandi in quella che è stata battezzata l’ondata #MeToo videoludica.

Lungi da me esprimere giudizi di colpevolezza o di innocenza, il focus di questo editoriale vuole essere un altro: la levata di scudi generale da parte delle entità che si sono ritrovate coinvolte dallo scoperchiamento del vaso di Pandora. Tutte pronte a diffondere comunicati fatti con lo stampino. “Ci dispiace per le persone colpite”. “Cercheremo di comportarci meglio”. “Metteremo in atto misure per arginare gli abusi”. “Indagheremo”.

Cazzate.

Stiamo parlando di un’industria che si erge a paladina della giustizia schierandosi (giustamente, non fraintendetemi) al fianco di chi protesta contro la brutalità della polizia negli USA e contro ogni forma di razzismo, ma guai a toccargli la Cina e i suoi rapporti con Hong Kong, d’altronde lì ci sono troppi soldi in ballo. La stessa industria che a giugno si è vestita di arcobaleno per il Pride Month, ma solo in Occidente perché mica gli fa comodo attirare le ire di governi retrogradi e criminali.

Bethesda si tinge di arcobaleno dove gli fa più comodo
Devo davvero scrivere una didascalia?

A questa industria non interessano le indagini o le misure contro gli abusi. Ai capoccia di questo o quel publisher non importa assolutamente nulla del benessere dei propri dipendenti, mettetevelo bene in testa. Non gliene frega un cazzo delle vostre e delle nostre cause per rendere il mondo un posto migliore, a meno che da queste non si possa trarre un profitto tangibile, sia esso economico o di immagine.

Volete sapere cosa cambierà da qui a qualche mese, dopo le indagini dei publisher sui presunti abusi, dopo che qualche mela marcia sarà stata allontanata, dopo l’istituzione di fantomatiche misure contro gli abusi?

Niente.

Si promette il cambiamento, si prende qualche provvedimento ad personam, magari verranno istituite davvero alcune misure che con buona probabilità non saranno mai abbastanza. Ci sarà qualche trasformazione, perlomeno di facciata, e poi basta. Cambierà tutto per non cambiare nulla, perché agli attori di questa industria così marcia interessa mantenere lo status quo senza mai fare i conti con i problemi endemici che affliggono l’intero sistema.

Neil druckmann prende in giro il crunch
Perché nessuno si incazza per questa presa per il culo?

Perché gli abusi ci saranno sempre, perlomeno fintanto che gli sviluppatori verranno trattati come pezze da piedi, schiavizzati durante lunghi periodi di crunch o emarginati per via del loro orientamento sessuale, mobbizzati perché hanno osato chiedere il riconoscimento di diritti.

E poi devono anche sentirsi presi per il culo.

Sì, mi riferisco proprio all’immagine di The Last of Us: Part II che trovate qui in alto. Qui l’alter-ego di Neil Druckmann viene raffigurato come uno scienziato che sfrutta altri esseri umani per un proprio tornaconto personale.

Ahahah! Che ridere!

Ho letto tanti fascisti di merda (perdonatemi ma il “di merda” mi viene proprio naturale) incazzarsi perché ci sono le lesbiche nel gioco. Oh no! Qualcuno pensi ai bambini! Ma nessuno, e dico davvero nessuno, si è chiesto se quello che vuole essere un simpatico easter-egg non sia in realtà una completa mancanza di rispetto nei confronti degli sviluppatori di Naughty Dog. Naughty Dog, voglio ricordarlo, spesso al centro delle polemiche per come vengono trattati i dipendenti e per i lunghissimi periodi di estenuante crunch a cui vengono sottoposti gli sviluppatori.

Qui c’è tutto il marcio dell’industria: in questa singola immagine. Un’industria che vuole sempre farla franca. Un’industria che si crede autoironica ma che non riesce mai a fare autocritica. Un’industria i cui manager si sentono al di sopra di tutto e tutti. Un’industria le cui dinamiche di potere favoriscono gli abusi. Un’industria in cui nessuno vuole prendersi le proprie responsabilità. Un’industria che si nasconde dietro comunicati di circostanza.

Un’industria che fa schifo e che non cambierà mai.

E sì, lo so che questo articolo potrebbe tranquillamente compromettere il mio lavoro nell’editoria videoludica, dimostrando esattamente ciò che ho appena scritto. Ma sapete una cosa? Chi se ne frega.

I’ve had a good run, anyway.

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Daniele “Alteridan” Dolce
Frequenza Critica

Mi piace scrivere di ciò che mi passa per la testa. Prevalentemente di videogiochi, film e serie TV.