Little Briar Rose: tra fiabe e nostalgia

La bella addormentata senza Disney.

Francesco Toniolo
Frequenza Critica
5 min readOct 14, 2020

--

Little Briar Rose, il protagonista e il castello in sfondo

Questo articolo è stato scritto a quattro mani da Francesco Toniolo e Stefano Giovannini.

Il videogioco Little Briar Rose di Elf Games è un’avventura grafica italiana uscita nel 2016, anno in cui ha anche vinto il premio “Miglior Game Design” del Drago d’Oro Italiano (divenuto poi Italian Video Game Awards). Ricordato soprattutto per il suo peculiare stile grafico — essendo interamente disegnato come se fosse un’immensa vetrata — questo videogioco rinarra la storia de La bella addormentata nel bosco, seguendo tuttavia non la conosciutissima versione Disney, ma la precedente versione dei fratelli Grimm. Tale scelta è dichiarata nell’official artbook del videogioco, dove si parla della «nascita ed evoluzione del gioco», dicendo che lo spunto di partenza nasce dal fatto che «il principe non era dunque un prode, ma un fortunato. Da qui l’ispirazione di provare a raccontare la storia sotto forma di avventura grafica dai toni sottilmente comici, dove il giocatore si ritroverà a fare cose tutt’altro che epiche ed in cui, quando un principe fallirà… beh, avanti un altro pretendente!» (Little Briar Rose Official Artbook, Elf Games, 2017, p. 41).

L’accenno alla fortuna del principe deriva da questo passo della fiaba: «Ora, proprio il giorno in cui il principe tentò l’impresa erano trascorsi cento anni. Quando si avvicinò al roveto, non trovò che fiori bellissimi che si scostarono spontaneamente al suo passaggio, ricongiungendosi alle sue spalle, sicché egli passò illeso» (Grimm, Rosaspina, trad. it. di A. Cocito). L’incantesimo che avvolge il castello dove dorme Rosaspina non scompare, insomma, perché il principe è il “vero amore” della principessa, o perché è il più coraggioso, ma semplicemente perché era una magia ‘a scadenza’. A margine, si segnala che la definizione di «fiaba originale», con cui ci si riferisce al testo dei Grimm nell’Official Artbook, non è del tutto precisa, perché quel che i Grimm hanno raccolto nelle loro Fiabe del focolare (Kinder und Hausmärchen) è in realtà solo una delle numerose varianti (un’altra è, per esempio, La belle au bois dormant di Charles Perrault) di una tradizione più antica.

Rosaspina, dei fratelli Grimm

Si potrebbe poi discutere a lungo su quanto antica sia, e in tal senso non è agevole trovare un accordo (dipende anche dal considerare o meno determinati testi che, pur condividendo la stessa struttura di questa fiaba, presentano anche varianti non trascurabili), ma non è questa la sede per farlo. È comunque significativo il richiamo a un “originale” da parte di Elf Games come segno del desiderio di volersi collocare in una tradizione. È uno sguardo al passato che non vuole solo limitarsi al recupero di una lectio precedente rispetto alla famosa versione disneyana; c’è un interesse nel rivivificare quei contenuti, unendoli a suggestioni più recenti. La stessa venatura comica è un’ibridazione che ben rappresenta le operazioni contemporanee di commistione fra generi e tradizioni differenti, ed è anche una scelta alla base di numerose avventure grafiche e dintorni, dai classici LucasArts ai ben più recenti (e italiani) The Wardrobe (C.I.N.I.C. Games, 2017) e Detective Gallo (Footprints, 2018). Little Briar Rose rimane più lontano da una certa ironia caustica e pungente, ma alleggerisce comunque il tono della fiaba “originale”, che in certi passaggi era decisamente crudo (come molte fiabe, del resto, prima che venissero considerate come una narrazione esclusivamente “per bambini”).

Questo sguardo al passato, del resto, si affianca a un altro recupero nostalgico, che è possibile rintracciare in gran parte delle produzioni più recenti nel campo delle avventure grafiche e dei punta-e-clicca, almeno per quanto riguarda il panorama italiano. Si tratta di un recupero interno al genere stesso, in termini di logiche interne e di meccaniche. Le avventure grafiche, certamente, si sono differenziate molto per quanto riguarda le tematiche, ma le loro meccaniche continuano a rimaner tendenzialmente molto ancorate ai “classici” del genere, talvolta in forme persino eccessive. E se, da un lato, questo rimane un elemento distintivo e fidelizzante, che rassicura la piccola ma affezionata nicchia di appassionati del genere, dall’altro pone anche dei limiti alle potenzialità di sviluppo e di diffusione su pubblici più differenziati.

Uno screen da Little Briar Rose

Little Briar Rose — similmente a come ha fatto nei confronti della fiaba di Rosaspina — mantiene un atteggiamento di recupero, ma con un certo rimaneggiamento ironico volto a stemperare il ‘peso’ di una tradizione. L’Official Artbook, di nuovo, contiene un paio di esempi su come il team scherzi con la «logica da avventure grafiche», in cui un’epica quest può ridursi al dover consegnare tre pesci a un NPC, oppure a come sia possibile distrarre un personaggio semplicemente donandogli uno specchio, così da poter fare qualsiasi cosa sotto il suo naso senza esser scoperti. Si tratta di quel genere di situazioni ricorrenti che fanno a volte un po’ ridere, ma che al tempo stesso ci rassicurano nel ritrovarle di volta in volta. Proprio come quando, da bambini, si voleva ascoltare più e più volte la stessa fiaba, anche se già si sapeva perfettamente come sarebbe andata a finire.

Postilla (di Stefano Giovannini): ma è davvero così “rassicurante”?

Nel giocare a Little Briar Rose si ha un’impressione iniziale di spensierata variopintezza infantile che va via via affievolendosi nel dipanarsi del punta-e-clicca. Come la sua veste grafica, d’ispirazione architettonico-medievale, così il gioco stesso cela inquietanti risvolti gotici: qualora il nostro bel principino non soddisfi adeguatamente i capricci del popolo di turno, garante di un passaggio sicuro verso il castello ove riposa la bella, sarà orribilmente punito, se non con la morte, con una trasformazione in un membro muto ed apparentemente catatonico del popolo stesso. Se scontenti gli gnomi, gnomo sarai, se scontenti i tritoni, tritone sarai e in certi casi potrai trasformarti in creature peggiori. Più si avanza in Little Briar Rose, dunque, più si è consapevoli di questa latente crudeltà così tipica delle fiabe tradizionali, non disneyanamente-edulcorate. Ecco che dunque la sgargianza cromatica e l’isterica ebbrezza degli abitanti di Little Briar Rose fanno da grottesco contraltare al sobrio grigiore del successo gotico per eccellenza del decennio: la serie dei Souls di FromSoftware. È più temibile perdere un bottino d’anime o la propria stessa natura? La negazione del game over (cfr. il relativo articolo su questo stesso sito) in Little Briar Rose pare più crudele del game over stesso.

--

--