Lo strano viaggio di No Man’s Sky

Storia di un gioco diventato grande rinnegando sé stesso.

Fabrizio "Bix" Salis
Frequenza Critica
8 min readNov 23, 2020

--

artwork di No Man’s Sky

Sono stato una di quelle persone che hanno dato fiducia all’opera di Hello Games investendoci denaro sonante, pur essendo almeno in parte consapevole dei rischi. E, come tutti gli altri, sono rimasto scottato. Non è mia intenzione ripercorrere il dramma produttivo del gioco di Sean Murray e soci, se ne è parlato anche troppo. Né tantomeno tratterò per filo e per segno di come tutti gli aggiornamenti arrivati nel corso di questi quattro anni abbiamo modificato e arricchito il gioco (magari in futuro, con un articolo a parte).

Vorrei invece concentrarmi sulle logiche dietro all’evoluzione di questo particolare prodotto. Come ho scritto altrove, No Man’s Sky è arrivato sul mercato senza una vera e propria idea di gameplay dietro, ma con un insieme di componenti diverse arrabattate alla bell’e meglio. È chiaro che, dopo il dramma successivo all’uscita, i creativi della software house si sono finalmente seduti a un tavolo per discutere qual era effettivamente la strada che il gioco doveva percorrere. In quel momento è stata presa la decisione: No Man’s Sky sarebbe diventato a tutti gli effetti un sandbox/survival multiplayer. Il problema è che così facendo si ponevano le basi per mettere in secondo piano quello che a mio parere era l’elemento che più aveva attirato l’attenzione sul gioco prima del suo arrivo sugli scaffali: l’esplorazione.

paesaggio con Roamer in No Man’s Sky

Durante la campagna di marketing non ci si è mai focalizzati sui materiali da trovare o sugli oggetti da costruire, né sulle difficoltà di sopravvivere in ambienti ostili. Quello che No Man’s Sky proponeva era un viaggio alla scoperta di una galassia, dei suoi abitanti, dei suoi misteri e delle sue stranezze. Oggi quell’idea non ha ancora avuto una vera realizzazione, perciò non è probabilmente un caso che quello che accade quando si raggiunge il centro della galassia sia rimasto invariato, pur avendo trovato una maggiore giustificazione a livello narrativo.

Ecco, mi pare giusto soffermarmi sull’elemento narrativo. La storia è stata aggiunta circa un anno dopo l’uscita e devo ammettere che ha il suo fascino: dà effettivamente un minimo di senso logico al modo in cui l’universo di gioco funziona, ma allo stesso tempo ha il pregio di mantenere sempre un alone di mistero che trovo decisamente azzeccato. Le circa 30 ore di main quest hanno lo scopo di dare ulteriore sostanza a una lore che, fin dall’uscita, si è rivelata sorprendentemente articolata. La realizzazione concreta è però frettolosa, segno del fatto che una vera e propria missione principale non rientrasse nei piani iniziali. Il primo problema è che il giocatore sembra più uno spettatore delle vicende che una parte integrante delle stesse. Questo perché l’intera trama si risolve in una lunga serie di dialoghi a lunga distanza con gli altri personaggi e nella lettura di diversi testi; mancano momenti di reale coinvolgimento e l’effetto finale lo definirei straniante.

warp in No Man’s Sky

Non va molto meglio dal punto di vista del gameplay duro e puro, dato che le missioni seguono lo stesso identico loop della normale esplorazione — vai lì, scansiona questo, costruisci quello e via di questo passo — , senza proporre elementi inediti o situazioni capaci di suscitare un qualche senso di meraviglia. Stesso discorso per le non troppo numerose sottotrame, come ad esempio quella aggiunta con l’espansione “sottomarina” (non aspettatevi qualcosa al livello di Subnautica). Insomma, è apprezzabile lo sforzo di strutturare maggiormente il background del gioco, ma il risultato finale non entusiasma e ricorda fin troppo un lungo tutorial di cui è meglio sbarazzarsi quanto prima.

La storia di No Man’s Sky è una storia di mistero, ma anche di solitudine. È la storia di un gruppo di individui che bramano la conoscenza di tutti i pianeti della galassia. Ma questa conoscenza ha un senso se non c’è nessuno con cui condividerla? I Viaggiatori sono soli nel loro viaggio, e cercano in tutti in modi un contatto con altre entità come loro, ma è un contatto che non otterranno mai. O forse lo otterranno solo poco prima che tutto finisca.

astronavi nel Nexus in No Man’s Sky

Al di là delle roboanti promesse di un multiplayer massivo (a cui era francamente difficile credere), No Man’s Sky è stato pensato come un’esperienza principalmente solitaria, il che ovviamente cozza con il modo in cui il gioco si è poi evoluto, andando a introdurre un’interazione sempre più articolata con gli altri giocatori, fino ad arrivare ai 32 in contemporanea dell’aggiornamento next gen. Non è in assoluto un difetto, anche perché intorno al gioco si è formata una community parecchio affiatata e molto orientata alla collaborazione. È inutile sottolineare come questa virata sia stata estremamente furba, perché ben sappiamo quanto oggi la possibilità di condividere un’esperienza possa contribuire al successo di una produzione. D’altro canto si è persa quella percezione di desolazione, quella sensazione di essere microscopici in un universo troppo grande anche solo per essere pensato. Tutto è stato scoperto, tutto è stato analizzato, sviscerato e catalogato… e allora cosa rimane? Ovviamente quest’ultima affermazione va presa in senso figurato, dato che non basterebbe un tempo lungo quanto la storia dell’umanità per mettere piede su ogni singolo pianeta di No Man’s Sky.

E a proposito di pianeti, che ne è stato della loro esplorazione? In questo senso mi sarei aspettato dei passi in avanti più decisi. Non sto assolutamente dicendo che lo sviluppatore non si sia sforzato per moltiplicare la varietà delle ambientazioni (bellissimi i pianeti con la flora bioluminescente), ma ancora oggi capita di atterrare su un corpo celeste e pensare di avere a che fare con una serie di filtri di Instagram piazzati sulla stessa base. Aggiungiamo poi che gli animali troppo spesso sembrano più il risultato grottesco dell’esperimento di uno scienziato pazzo che dei veri esseri alieni. In questi ambiti è complicato capire dove finiscano i limiti meramente tecnici dell’algoritmo di generazione procedurale— che senza dubbio ci sono — e dove inizi la responsabilità della software house.

pianeta desertico in No Man’s Sky

Anche senza scomodare la fantascienza, il mondo reale offre una quantità semplicemente enorme di spunti per arricchire l’esperienza: supernove, sistemi solari in fase di formazione, comete, nebulose, pianeti dove piovono zaffiri e rubini, giganti gassosi pericolosamente vicini alle loro stelle… per non parlare poi di tutte le creature stranissime che vivono sul nostro pianeta ma che potrebbero tranquillamente essere specie di altri mondi. Avete presente il tardigrado di Star Trek: Discovery? In compenso cento punti a Hello Games per l’inserimento dei vermoni in stile Dune, più altri cento quando li renderanno finalmente cavalcabili.

Sarebbe anche gradita una conformazione geografica planetaria più verosimile e diversificata, insieme a una distribuzione della flora meno frammentata (per esempio vorrei vedere una vera e propria foresta, non sparuti gruppi di alberi). Qualche passo avanti è stato fatto, per esempio con l’introduzione dei vulcani in uno degli ultimi aggiornamenti (accompagnati da effetti atmosferici davvero ben fatti), ma non ho ancora visto un salto di qualità definitivo.

Tutto quello che ho appena elencato non dovrebbe necessariamente essere inserito realisticamente, ma mantenendo quel tratto stilizzato tipico dell’opera, che fa tanto sci-fi d’altri tempi; per quanto sia il primo ad apprezzare l’accuratezza scientifica nei videgiochi a tema spaziale, No Man’s Sky non vuole essere un simulatore come Elite Dangerous e va bene così. Chissà che lo sviluppatore, svincolato dal peso dell’hardware tutt’altro che entusiasmante delle console old gen, possa effettivamente portare questi aspetti a un livello superiore.

astronave nell’hangar del mercantile in No Man’s Sky

Il primo aggiornamento ha introdotto le basi sui pianeti e i mercantili acquistabili, due mancanze piuttosto pesanti nella versione originale. Coerentemente col tema del viaggio, avrei preferito che ci si concentrasse maggiormente sulla gestione delle astronavi, lasciando le basi come semplici punti d’appoggio temporanei. Hello Games era di altro avviso, e così le possibilità di personalizzazione del mercantile e di gestione della flotta sono rimaste relativamente limitate: oggi per esempio non ci si può ancora teletrasportare direttamente a bordo della nave e mancano totalmente delle vere e proprie battaglie spaziali su larga scala (no, un attacco da parte di quattro navi pirata non conta). Il gameplay legato alle strutture terrestri è stato invece espanso a dismisura, introducendo un numero elevatissimo di componenti estetici e non, meccaniche di coltivazione ed estrazione, NPC con relative storyline e chi più ne ha più ne metta. Insomma tutto ciò che serve in un sandbox che si rispetti.

Se non altro è apprezzabile l’introduzione di un certo livello di personalizzazione delle navette, che rende meno problematica la casualità dell’algoritmo: ora è possibile farle salire di classe e aggiungere slot ulteriori all’inventario come si fa con l’exotuta, per quanto i costi di simili miglioramenti non siano alla portata di tutti. E poi un aggiornamento di inizio anno ha inserito delle astronavi organiche che il giocatore deve letteralmente far crescere. Chissà che questo non sia il preludio dell’introduzione di un sistema di costruzione dei velivoli spaziali.

mercantile e flotta in No Man’s Sky

Ma quindi questo No Man’s Sky ha intrapreso una strada completamente sbagliata? Assolutamente no, come dimostrano le oltre 300 ore che ci ho passato sopra e gli apprezzamenti più o meno unanimi del pubblico. Il gameplay offre tanto divertimento, a patto di approcciarsi al gioco per quello che effettivamente è e non per quello che sarebbe dovuto (o potuto) essere. C’è chi si è sbizzarrito nella costruzione di basi o chi si è cimentato nella sfida di arrivare al centro di tutte le 255 galassie presenti nel gioco, altri come me passano le ore a guadagnare il denaro necessario per acquistare la navetta o il mercantile dei sogni (non avete idea di quanto tempo ci ho messo a ottenere quello che vedete nell’immagine di sopra), oppure non mancano persone che giornalmente si impegnano per creare e mantenere una vera e propria comunità galattica in stile MMORPG. Sono poi tanti i miglioramenti che fanno bene al gioco a prescindere dai punti di vista personali, come una gestione dell’inventario più sensata, una mappa galattica finalmente navigabile e soprattutto una caterva di mezzi terrestri da potenziare e personalizzare, tra cui l’immancabile mech con cui sfidare le Sentinelle più grosse ad armi pari.

Sean Murray e compagni non sembrano ancora intenzionati a interrompere i lavori sulla loro creatura, altrimenti non avrebbero chiamato l’ultima espansione grossa Origins. E se anche la strada intrapresa non è quella che avrei sperato, aspetto con ansia la prossima tappa di questo viaggio.

--

--