Neverwinter Nights 2: Mask of the Betrayer
Dopo aver demolito Torment: Tides of Numenera e aver scritto qualche critica contro l’altrimenti eccezionale The Witcher 3, è tempo di scrivere un pezzo più positivo, buttando qualche riga su uno dei gdr più tristemente sottovalutati (ma non da chi l’ha provato) dell’ultimo decennio: Mask of the Betrayer, espansione di Neverwinter Nights 2.
Mask of the Betrayer è un’espansione-sequel, collocandosi immediatamente dopo gli eventi del gioco base e mantenendo lo stesso protagonista, ma la storia è fondamentalmente a se e non è necessario aver concluso la campagna di NWN2 per godersi la nuova avventura, essendoci giusto una manciata di rimandi al gioco precedente o ai suoi PNG. L’ambientazione infatti cambia completamente e si passa dalla tradizionale Costa della Spada al decisamente più inusuale Rashemen, terra di streghe, spiriti e oscure maledizioni. Oltre a questo, i nostri viaggi ci porteranno ad esplorare anche dimensioni alternative, come il Piano d’Ombra o il mondo dei sogni, città subacquee e accademie di magia, garantendo un’ottima varietà e permettendo al giocatore di incontrare PNG ed esseri molto diversi da quelli a cui è abituato nella maggior parte dei fantasy.
La formula di gioco resta quella di NWN2, e quindi il giocatore si troverà a creare (o importarne uno già fatto) il proprio personaggio usando le regole di D&D 3.5 e oltre a gestire il proprio alter-ego si potranno controllare anche i propri compagni, gestendone inventario, crescita, abilità, magie e dando loro ordini durante i combattimenti. Si tratta quindi di un classico gdr con party (di 4 elementi, protagonista incluso), con la possibilità di giocare con visuale in terza persona o passare a quella dall’alto, più comoda per gestire il campo di battaglia.
Purtroppo però MotB eredita i tanti difetti di core gameplay e gestione della telecamera del gioco base: i controlli sono sempre piuttosto scomodi e l’aggiunta dei livelli epici aggiunge anche ulteriore complessità, dovendo affrontare nemici più tosti e usare un arsenale di incantesimi più vario, e quindi le necessità di micromanaging aumentano. Fortunatamente, la difficoltà non è elevata (soprattutto se si ha familiarità con D&D) e inoltre si passa molto più tempo ad esplorare o in finestra di dialogo piuttosto che a combattere, e quindi questi difetti non pesano troppo nell’economia di gioco. Detto questo, altri difetti non ce ne sono e per il resto Mask of the Betrayer offre un’esperienza di gdr story-driven di primo livello, seconda solo al celebre Planescape: Torment.
L’impianto narrativo è il vero punto di forza di quest’espansione, che fin da subito pone il giocatore al centro di un mistero in cui non mancheranno sviluppi inaspettati e veri e propri colpi di scena. Eviterò di ricorrere a spoiler, che qui più che in altri giochi rovinerebbero l’esperienza, ma sappiate che con questo gioco i ragazzi di Obsidian hanno esplorato tante tematiche, anche mature, e scritto scene e dialoghi a dir poco memorabili, tanto che è riconosciuto da molti che l’hanno giocato il loro gioco con la miglior scrittura.
Inoltre, è stato fatto anche un lavoro certosino nell’unire storia e ambientazione, creando tante sottotrame apparentemente poco rilevanti e che invece si scopriranno essere parte integrante della storia mentre si procede. Capiterà quindi di sentire un compagno (a proposito, i compagni di MotB sono tutti splendidamente tratteggiati e con loro idee e obiettivi, che possono anche andare in conflitto con quelli del giocatore e culminare in partenze improvvise dal gruppo o anche scontri) parlare di qualche vecchia storia o di leggere un libro su qualche evento di decenni o secoli prima e pensare che siano citati solo per aumentare la complessità del lore di gioco senza però alcun impatto sulla trama vera e propria, mentre invece ore dopo si capirà che in realtà si tratta di elementi che anticipano alcune rivelazioni o che avranno uno spazio maggiore nella seconda metà dell’avventura.
Parlare più specificatamente della storia risulta difficile senza spoilerarne alcune parti, cosa che non ho intenzione di fare, ma è bene anticipare che, oltre all’impianto narrativo e all’eccellente scrittura, c’è un’altra feature che spicca quando si parla di Mask, ed è la meccanica della “fame”, che verrà sbloccata dopo la prima parte e costringerà il giocatore a “sfamarsi” abitualmente per evitare di incorrere in malus vari se il metro che la regola scende a livelli troppo bassi, fino al game over nel caso si arrivasse al livello minimo.
Si tratta di una meccanica che ha diviso i giocatori: c’è chi l’ha apprezzata per il suo modo di integrare la particolare condizione del protagonista nelle meccaniche di gioco e chi invece l’ha detestata perché vincola in parte la libertà del giocatore e lo obbliga a gestire una nuova risorsa ed evitare di perdere troppo tempo o prendersela comoda, perché ciò risulterebbe in un aumento vertiginoso della fame. Io rientro nel primo gruppo e l’ho trovata un’idea efficace: la sua implementazione è un modo intelligente di unire narrativa e gameplay, facendo sì che il giocatore non possa ignorare lo stato del suo pg e giocare come se nulla fosse, e inoltre lo mette di fronte a delle scelte difficili in cui si potrà sfruttare la propria condizione per “saziarsi” e sbloccare nuovi poteri al prezzo della propria integrità morale e di un decadimento più rapido del protagonista (che vedrà aumentare più velocemente la sua “fame”), oppure cercare di rimanere su un cammino virtuoso senza ferire nessuno, col rischio di debilitarsi e infine morire… o tentare di trovare un equilibrio fra i due estremi. In realtà, anche seguendo il percorso buono non è troppo difficile scoprire come tenersi in vita senza grandi problemi e gestire questa meccanica e quindi non si tratta di qualcosa di troppo punitivo come a volte è stata descritta (diciamo invece che fa un po’ da spartiacque fra giocatori bravi e giocatori meno bravi), però l’idea resta comunque da applaudire.
Un altro aspetto degno di lode è la natura compatta e focalizzata del gioco: non ci sono riempitivi inutili o fetch quest, ma tutte le missioni hanno una certa rilevanza e sono legate a doppio filo con i temi di fondo o con la condizione del protagonista, esplorandone i diversi aspetti e gli effetti che questa ha su di lui o sulle altre persone o fazioni. Il gioco poi ha una durata non elevata per essere un gdr (circa 20–25 ore), ma questo permette che tutti i suoi contenuti siano di alta qualità, oltre ad essere perfettamente integrati nella campagna.
Infine, ci sono anche tante scelte da fare, che spesso avranno ripercussioni, sia nell’immediato che nel medio-lungo periodo, sull’andamento della partita e aumentano la rigiocabilità del titolo, arrivando poi a sbloccare o meno diversi finali. Sono tutti ben scritti e donano alla storia la conclusione che merita, e per una volta quello malvagio è uno dei migliori e più soddisfacenti, così come in generale lo è tutto il percorso prima delle schermate finali, contrariamente a tanti altri gdr dove giocare da “cattivo” spesso è meno remunerativo.
Concludo dicendo che Mask of the Betrayer è una piccola perla ed una delle migliori esperienze di gdr story-driven, purtroppo penalizzata dall’essere l’espansione di un gioco fondamentalmente mediocre come Neverwinter Nights 2. Chi però è interessato a un’ottima storia ed è in grado di sopportarne i difetti di gameplay dovrebbe prenderlo seriamente in considerazione, anche senza aver provato il gioco base nel caso, in quanto resta, insieme a Planescape: Torment, ad oggi fra le vette più alte del genere per l’impianto narrativo.