Neverwinter Nights 2: Mask of the Betrayer

Stefano “Revan” Castagnola
Frequenza Critica
Published in
6 min readJul 26, 2017

Dopo aver demolito Torment: Tides of Numenera e aver scritto qualche critica contro l’altrimenti eccezionale The Witcher 3, è tempo di scrivere un pezzo più positivo, buttando qualche riga su uno dei gdr più tristemente sottovalutati (ma non da chi l’ha provato) dell’ultimo decennio: Mask of the Betrayer, espansione di Neverwinter Nights 2.

Mask of the Betrayer è un’espansione-sequel, collocandosi immediatamente dopo gli eventi del gioco base e mantenendo lo stesso protagonista, ma la storia è fondamentalmente a se e non è necessario aver concluso la campagna di NWN2 per godersi la nuova avventura, essendoci giusto una manciata di rimandi al gioco precedente o ai suoi PNG. L’ambientazione infatti cambia completamente e si passa dalla tradizionale Costa della Spada al decisamente più inusuale Rashemen, terra di streghe, spiriti e oscure maledizioni. Oltre a questo, i nostri viaggi ci porteranno ad esplorare anche dimensioni alternative, come il Piano d’Ombra o il mondo dei sogni, città subacquee e accademie di magia, garantendo un’ottima varietà e permettendo al giocatore di incontrare PNG ed esseri molto diversi da quelli a cui è abituato nella maggior parte dei fantasy.

La formula di gioco resta quella di NWN2, e quindi il giocatore si troverà a creare (o importarne uno già fatto) il proprio personaggio usando le regole di D&D 3.5 e oltre a gestire il proprio alter-ego si potranno controllare anche i propri compagni, gestendone inventario, crescita, abilità, magie e dando loro ordini durante i combattimenti. Si tratta quindi di un classico gdr con party (di 4 elementi, protagonista incluso), con la possibilità di giocare con visuale in terza persona o passare a quella dall’alto, più comoda per gestire il campo di battaglia.

Un tipico scontro di MotB

Purtroppo però MotB eredita i tanti difetti di core gameplay e gestione della telecamera del gioco base: i controlli sono sempre piuttosto scomodi e l’aggiunta dei livelli epici aggiunge anche ulteriore complessità, dovendo affrontare nemici più tosti e usare un arsenale di incantesimi più vario, e quindi le necessità di micromanaging aumentano. Fortunatamente, la difficoltà non è elevata (soprattutto se si ha familiarità con D&D) e inoltre si passa molto più tempo ad esplorare o in finestra di dialogo piuttosto che a combattere, e quindi questi difetti non pesano troppo nell’economia di gioco. Detto questo, altri difetti non ce ne sono e per il resto Mask of the Betrayer offre un’esperienza di gdr story-driven di primo livello, seconda solo al celebre Planescape: Torment.

L’impianto narrativo è il vero punto di forza di quest’espansione, che fin da subito pone il giocatore al centro di un mistero in cui non mancheranno sviluppi inaspettati e veri e propri colpi di scena. Eviterò di ricorrere a spoiler, che qui più che in altri giochi rovinerebbero l’esperienza, ma sappiate che con questo gioco i ragazzi di Obsidian hanno esplorato tante tematiche, anche mature, e scritto scene e dialoghi a dir poco memorabili, tanto che è riconosciuto da molti che l’hanno giocato il loro gioco con la miglior scrittura.

Inoltre, è stato fatto anche un lavoro certosino nell’unire storia e ambientazione, creando tante sottotrame apparentemente poco rilevanti e che invece si scopriranno essere parte integrante della storia mentre si procede. Capiterà quindi di sentire un compagno (a proposito, i compagni di MotB sono tutti splendidamente tratteggiati e con loro idee e obiettivi, che possono anche andare in conflitto con quelli del giocatore e culminare in partenze improvvise dal gruppo o anche scontri) parlare di qualche vecchia storia o di leggere un libro su qualche evento di decenni o secoli prima e pensare che siano citati solo per aumentare la complessità del lore di gioco senza però alcun impatto sulla trama vera e propria, mentre invece ore dopo si capirà che in realtà si tratta di elementi che anticipano alcune rivelazioni o che avranno uno spazio maggiore nella seconda metà dell’avventura.

Una delle particolari ambientazioni esplorabili nel corso dell’avventura

Parlare più specificatamente della storia risulta difficile senza spoilerarne alcune parti, cosa che non ho intenzione di fare, ma è bene anticipare che, oltre all’impianto narrativo e all’eccellente scrittura, c’è un’altra feature che spicca quando si parla di Mask, ed è la meccanica della “fame”, che verrà sbloccata dopo la prima parte e costringerà il giocatore a “sfamarsi” abitualmente per evitare di incorrere in malus vari se il metro che la regola scende a livelli troppo bassi, fino al game over nel caso si arrivasse al livello minimo.

Si tratta di una meccanica che ha diviso i giocatori: c’è chi l’ha apprezzata per il suo modo di integrare la particolare condizione del protagonista nelle meccaniche di gioco e chi invece l’ha detestata perché vincola in parte la libertà del giocatore e lo obbliga a gestire una nuova risorsa ed evitare di perdere troppo tempo o prendersela comoda, perché ciò risulterebbe in un aumento vertiginoso della fame. Io rientro nel primo gruppo e l’ho trovata un’idea efficace: la sua implementazione è un modo intelligente di unire narrativa e gameplay, facendo sì che il giocatore non possa ignorare lo stato del suo pg e giocare come se nulla fosse, e inoltre lo mette di fronte a delle scelte difficili in cui si potrà sfruttare la propria condizione per “saziarsi” e sbloccare nuovi poteri al prezzo della propria integrità morale e di un decadimento più rapido del protagonista (che vedrà aumentare più velocemente la sua “fame”), oppure cercare di rimanere su un cammino virtuoso senza ferire nessuno, col rischio di debilitarsi e infine morire… o tentare di trovare un equilibrio fra i due estremi. In realtà, anche seguendo il percorso buono non è troppo difficile scoprire come tenersi in vita senza grandi problemi e gestire questa meccanica e quindi non si tratta di qualcosa di troppo punitivo come a volte è stata descritta (diciamo invece che fa un po’ da spartiacque fra giocatori bravi e giocatori meno bravi), però l’idea resta comunque da applaudire.

Il Piano d’Ombra, che visiteremo frequentemente nel corso del gioco

Un altro aspetto degno di lode è la natura compatta e focalizzata del gioco: non ci sono riempitivi inutili o fetch quest, ma tutte le missioni hanno una certa rilevanza e sono legate a doppio filo con i temi di fondo o con la condizione del protagonista, esplorandone i diversi aspetti e gli effetti che questa ha su di lui o sulle altre persone o fazioni. Il gioco poi ha una durata non elevata per essere un gdr (circa 20–25 ore), ma questo permette che tutti i suoi contenuti siano di alta qualità, oltre ad essere perfettamente integrati nella campagna.

Infine, ci sono anche tante scelte da fare, che spesso avranno ripercussioni, sia nell’immediato che nel medio-lungo periodo, sull’andamento della partita e aumentano la rigiocabilità del titolo, arrivando poi a sbloccare o meno diversi finali. Sono tutti ben scritti e donano alla storia la conclusione che merita, e per una volta quello malvagio è uno dei migliori e più soddisfacenti, così come in generale lo è tutto il percorso prima delle schermate finali, contrariamente a tanti altri gdr dove giocare da “cattivo” spesso è meno remunerativo.

Concludo dicendo che Mask of the Betrayer è una piccola perla ed una delle migliori esperienze di gdr story-driven, purtroppo penalizzata dall’essere l’espansione di un gioco fondamentalmente mediocre come Neverwinter Nights 2. Chi però è interessato a un’ottima storia ed è in grado di sopportarne i difetti di gameplay dovrebbe prenderlo seriamente in considerazione, anche senza aver provato il gioco base nel caso, in quanto resta, insieme a Planescape: Torment, ad oggi fra le vette più alte del genere per l’impianto narrativo.

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Stefano “Revan” Castagnola
Frequenza Critica

Si è innamorato dei giochi di ruolo esplorando la Costa della Spada tra l’Amn e Baldur’s Gate, ma non disdegna anche altri generi di avventure.