Origins è l’Assassin’s Creed che mi ha fatto appassionare alla saga

Dieci anni dopo, Ubisoft ha finalmente fatto centro.

Daniele “Alteridan” Dolce
Frequenza Critica
5 min readDec 11, 2017

--

Chi mi conosce e mi legge da diverso tempo sa cosa pensi della saga di Assassin’s Creed: videogiochi fatti con lo stampino, con un gameplay banale e una trama profonda come una pozzanghera. Prima di questo Origins ammetto di averne giocati pochi, giusto i primi tre capitoli della serie numerata (niente Brotherhood e Revelations, quindi) e qualche ora di Syndicate; non mi sono mai andati molto a genio: tra combattimenti contro i nemici più educati della storia e situazioni di gioco ripetitive, ho spesso faticato a trovare qualcosa di buono.

Quel qualcosa ogni tanto c’è, basti pensare alla caratterizzazione del mondo di gioco o alla scrittura di alcuni — pochi a dire il vero — personaggi. Eppure il fascino di Assassin’s Creed mi è sempre sfuggito, non ho capito per quale motivo fosse e sia tutt’ora una serie con così tanto seguito, d’altronde dopo aver giocato a uno qualsiasi degli episodi della saga si può tranquillamente dire di averli provati tutti, almeno sul versante del gameplay.

Ho però voluto dare un’altra chance a Ubisoft: l’ho fatto perché ho carpito molto entusiasmo attorno a questo Origins. Spinto da numerosi commenti positivi sul presunto nuovo corso, ho deciso di acquistare il gioco e lanciarmi nell’Antico Egitto nei panni di Bayek, il primo degli Assassini.

Già dal primo avvio mi sono accorto che qualcosa era effettivamente cambiato. Sin da subito ci si trova immersi in un mondo sconfinato, tra la sabbia cocente del deserto e le rovine del Regno Antico la libertà concessami è stata immediatamente massima: dopo il breve prologo, avrei potuto tranquillamente ignorare la missione principale e andare alla scoperta della cittadina di Siwa e dei territori circostanti. Inutile dire che è ciò che ho fatto: ho esplorato i templi dedicati alle divinità egizie, mi sono arrampicato su varie strutture alla ricerca dei classici punti di sincronizzazione, ho raccolto tesori, conquistato roccaforti, eliminato soldati al servizio di Tolomeo XIII, sono andato a caccia, ho potenziato il mio equipaggiamento, ho accettato e risolto incarichi secondari; insomma, ho fatto tutto ciò che mi è stato possibile fare senza curarmi troppo dei binari che in qualsiasi altro capitolo della serie mi sarebbero stati imposti sin dall’inizio.

Il bello di Assassin’s Creed Origins è proprio questo, il tutto supportato da un world design coerente e accattivante che spinge all’esplorazione, a uscire dalle strade principali per andare alla scoperta dei tanti segreti nascosti, di opportunità di acquisire armi e armature migliori, risorse rare da impiegare nel semplice sistema di crafting, oppure — molto più banalmente — di documenti e testimonianze in grado di fornire informazioni di contesto sempre puntuali circa gli eventi che hanno caratterizzato gli ultimi anni dell’Era Tolemaica e, di riflesso, del Regno d’Egitto.

Tra i tanti pregi del titolo sviluppato negli studi di Ubisoft Montreal vi è anche un sistema di combattimento rinnovato. Siamo ancora lontani da un buon combat system, ma perlomeno i nemici non prendono più il numerino per attaccare il protagonista, mentre le varie tipologie di armi hanno un impatto differente negli scontri. Ci sono quelle utili per tenere a bada un gran numero di avversari, altre che si prestano a uno stile più rapido per abbattere con facilità gli animali feroci, altre ancora che provocano sanguinamento e si prestano agli scontri contro i boss. E poi ci sono gli archi, gli scudi, gli equipaggiamenti leggendari dotati di capacità speciali, e tanto altro ancora; il tutto condito da un sistema di progressione a livelli con tanto di albero delle abilità contenente tecniche di combattimento aggiuntive, potenziamenti passivi per le fasi esplorative, oltre che gadget e accessori da sbloccare che offrono vantaggi strategici nelle sezioni stealth.

Ecco, se c’è qualcosa che necessita ancora di una buona limatura è proprio tutto ciò che concerne il versante della furtività. In questo caso l’IA è fin troppo permissiva, senza offrire quasi mai una sfida degna di tale nome, banalizzando così un comparto dotato di un potenziale enorme. A tal proposito, non bisogna nemmeno trascurare l’impatto che l’acquila di Bayek — Senu — ha sulle fasi esplorative e stealth. Basti pensare che in qualsiasi momento è possibile premere un tasto per richiamare il volatile e fargli analizzare l’intera area dall’alto, evidenziando nemici, scrigni e passaggi segreti, compresi gli elementi nascosti alla vista, i quali restano poi visibili una volta tornati nei panni del protagonista.

Ovviamente nessuno ci obbliga a sfruttare le opportunità offerte da Senu, a parte quando esplicitamente richiesto in determinate missioni, ma è chiaro che si tratta di un’opzione che in un certo senso banalizza tutta fase di ricerca dei bersagli, senza contare che con i nemici evidenziati sullo schermo diventa molto più facile evitarli o coglierli di sorpresa per assassinarli furtivamente.

Al netto dei suoi difetti, i quali per certi versi sono legati a una formula che fin’ora non è mai cambiata nell’ultima decade, Origins è un’opera che riesce a sorprendere, che cattura l’attenzione con la cura per i dettagli, che seduce grazie a un’atmosfera azzeccatissima e a una trama sì molto semplice, ma che si dipana attraverso una serie di personaggi ben caratterizzati.

C’è persino spazio per un pizzico di fascino per l’ignoto, tra le tombe degli antichi faraoni sepolte sotto le sabbie del deserto, le piramidi, la sfinge, i templi delle divinità egizie, gli indovinelli e le pergamene.

Insomma, Assassin’s Creed Origins rappresenta davvero un punto di non ritorno per la serie targata Ubisoft, una svolta epocale in cui tutto può essere ancora migliorato, ma quel che è certo è che la strada imboccata dal publisher franco-canadese è quella giusta. Con il 2017 quasi alle spalle, credo di poter affermare con relativa sicurezza di aver appena raggiunto i titoli di coda della mia personalissima sorpresa dell’anno.

--

--

Daniele “Alteridan” Dolce
Frequenza Critica

Mi piace scrivere di ciò che mi passa per la testa. Prevalentemente di videogiochi, film e serie TV.