Politica e videogiochi non sono mai un buon connubio

Blizzard prende una pesante posizione per non perdere il suo mercato di riferimento.

Marco "Thresher3253" Accogli
Frequenza Critica
4 min readOct 12, 2019

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Sappiamo tutti, almeno nel mondo occidentale e tra chi cerca un minimo di informarsi, di quello che sta succedendo a Hong Kong. La gente è in piazza a protestare da mesi per mantenere l’autonomia dal governo cinese, il quale ha risposto con violenza e repressione mantenendo all’oscuro tutto il resto della popolazione. Insomma, tutto nella norma per uno stato che da anni cerca di mantenere il controllo sulle idee dei suoi cittadini, conducendo al contempo politiche economiche aggressive volte a penetrare nel mondo occidentale in ogni ambito. Non senza polemiche, colossi come Huawei e Tencent hanno infatti saputo espandere il loro mercato al di fuori del territorio di origine grazie a prodotti competitivi e in linea con i gusti di chi non ha gli occhi a mandorla.

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Ma tutto ciò ha un prezzo. La politica economica espansionistica della Cina impone certe regole ferree e obbliga le compagnie straniere ad adottare un insieme di “comportamenti”, se così vogliamo chiamarli, a favore della censura; questo per cercare di restare buoni amici degli investitori, forti della loro audience davvero numerosa e pronta a versare tanti dollaroni nelle casse delle aziende che vogliono entrare nel loro territorio. Tanto per sparare due rapidi numeri: Tencent ha investito in Epic Games ben 330 milioni di dollari e in Supercell addirittura la spasmodica cifra di 8 MILIARDI di dollari . Sono numeri che, rapportati agli standard di settore, rappresentano investimenti colossali e, in quanto tali, permettono a Tencent di assumere — in maniera più o meno palese — il controllo delle società in cui investono: nell’infrastruttura economica cinese questo equivale a dare il controllo al governo (che, come è noto almeno nel mondo occidentale, opera un certo regime di censura verso i media).

Parliamo ad esempio di Blizzard, in questi giorni al centro delle polemiche per questo filmato:

Un giocatore professionista di Hearthstone dal nome di Chung “Blitzchung” Ng Wai fa un commento durante una diretta volto a esprimere solidarietà verso i manifestanti per le strade di Hong Kong. Niente di particolarmente offensivo o ingiurioso per i nostri canoni (abituati dalla classe politica nostrana a ben altro livello di insulti), ma sufficiente per far sì che Blizzard emettesse una sospensione di un anno dai tornei e l’annullamento del suo montepremi ottenuto nella competizione, probabilmente per evitare di attirarsi le ire degli investitori cinesi. La risposta è stata infatti troppo rapida (la trasmissione è stata interrotta immediatamente e il video rimosso nel giro di due ore) per essere stata ordinata da un ente più elevato e probabilmente rappresenta una misura cautelativa da parte di Activision-Blizzard.

Quella della casa statunitense è una chiara presa di posizione politica che privilegia il profitto a scapito dell’integrità morale, una mossa non esattamente rara nel mondo del gaming al giorno d’oggi. Tutto ciò contribuisce inoltre a peggiorare ancora di più l’immagine dell’azienda di Irvine dopo il fiasco di Diablo Immortal alla Blizzcon dello scorso anno, che già ai tempi dimostrò un certo focus verso l’utenza cinese a scapito di quella internazionale.

Nel frattempo gli altri settori non se la passano meglio: anche l’NBA è al centro dell’uragano cinese per via di alcune dichiarazioni di un suo esponente che hanno provocato rapidamente la presa di distanza da parte del resto dell’associazione sportiva. I creatori di South Park hanno parodizzato questo affabile comportamento in maniera brillante, pur sapendo che il gesto li avrebbe condotti, prevedibilmente, verso la scure della censura cinese. Insomma, molte compagnie americane ed europee si trovano nella spinosa situazione di dover scegliere tra perdere i lauti profitti del mercato cinese o perdere la reputazione nel mondo occidentale. Dato che stiamo parlando di economia, è facile intuire quale sia la soluzione preferita da molti consigli di amministrazione.

Chiudo con una nota che ha del viscido. Il nostro capoccia preferito Tim Sweeney ha raccolto la palla al balzo per sciacallare un po’ su questi eventi, affermando che sul suo store non verrà mai negata la libertà di espressione. Sicuramente delle parole lodevoli (e oltremodo bizzarre, considerando che Tencent possiede il 40% di Epic), ma è un po’ come affermare che nella mia azienda non vengono sgozzati cuccioli di cane per farne degli scaldacollo. Non vedo perché volersi vantare di rispettare i diritti umani basilari.

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