Star Wars: Battlefront (2015)

Fabrizio "Bix" Salis
Frequenza Critica
Published in
6 min readJun 24, 2017

Inutile girarci intorno, Star Wars: Battlefront è un titolo mediocre, realizzato frettolosamente e col solo scopo di sfruttare l’uscita di Episodio VII. È una di quelle operazioni commerciali che nessun giocatore vorrebbe vedere. Superata questa inevitabile premessa, passiamo al gioco vero e proprio.

Prima di tutto è meglio togliere di mezzo quelli che sono i punti a favore di questa produzione: tecnicamente e artisticamente è assolutamente ineccepibile. La grafica è dettagliatissima e fluidissima e ogni elemento, dalle ambientazioni ai personaggi, è realizzato con estrema cura. Anche il sonoro non delude, sia per gli effetti che per l’immancabile colonna sonora di John Williams. Mai fino a questo momento si era respirata così tanto l’atmosfera di Star Wars. Purtroppo, quando si passa al succo del discorso, cioè il gameplay, il castello di carte crolla inesorabilmente e ci si rende conto di come non sia oro tutto quel che luccica.

Dritti in mezzo al caos.

Parliamo prima di tutto della componente single player, che in sostanza non esiste. Dimenticate la discreta campagna di Battlefront 2 e la Conquista Galattica, in questa nuova iterazione DICE si limita a proporre una manciata di brevi missioni tutorial, la classica modalità orda (giocabile anche in multi ovviamente) e le schermaglie. Difficilmente ci dedicheremo a queste modalità per più di quella mezz’ora necessaria per capire in linea generale come funziona il gioco.

Passando al multiplayer, la quantità di contenuti non aumenta in maniera considerevole. Non solo, ma anche a livello di modalità non si trova niente di particolarmente ispirato; sono pressoché tutte prese di peso da un Battlefield a caso, senza particolari sforzi per adattarle al contesto. Ecco quindi i classici deathmatch, cattura la bandiera, conquista e via di questo passo. La modalità principale del gioco è indubbiamente Assalto Camminatori: gli AT-AT imperiali avanzano verso la base dei ribelli, che devono attivare e difendere due uplink per chiamare un bombardamento degli Ala-Y. Se non fosse per i camminatori, di cui si possono controllare le armi ma non il movimento, questa modalità sarebbe pressoché identica a rush di Battlefield.

Osservano le mappe a disposizione, la sensazione di vuoto non può che aumentare. Quattro ambientazioni (ognuna con alcune varianti) sono semplicemente il nulla, soprattutto quando parliamo di un universo con decine e decine di pianeti dove è possibile ambientare una battaglia. Quindi DICE ha deciso di puntare sulla qualità piuttosto che sulla quantità? Decisamente no. Le mappe hanno un design che va dall’indecente al quasi accettabile e spesso soffrono di grossi problemi di bilanciamento, tra l’altro già ben visibili nella beta. Per esempio Assalto Camminatori su Endor è un massacro per gli imperiali, sia per le loro divise bianche facilmente individuabili in mezzo al verde, sia perché hanno a disposizione un singolo AT-AT, mentre nelle altre mappe sono due. Non parliamo poi del fatto che si gioca solo ed esclusivamente durante gli anni della Trilogia Originale, nonostante i prequel siano nettamente più corposi dal punto di vista bellico. Ad aggiungere il danno alla beffa, nel gioco base mancano totalmente le battaglie spaziali; i combattimenti tra caccia sono relegati ai cieli sopra le mappe terrestri. Per di più i velivoli pilotabili sono appena due per l’Impero e tre per i Ribelli. La cosa che più rode è che i modelli delle altre astronavi sono effettivamente stati realizzati, ma queste sono sempre affidati ai commilitoni controllati dall’Intelligenza Artificiale. Ah, ovviamente mancano server dedicati e autobilanciamento delle squadre.

Quanto meno Endor è bella da vedere.

Prima di ogni battaglia potremo creare due kit alternativi da portarci dietro, ognuno composto da due pezzi di equipaggiamento di vario tipo e da un’abilità, per esempio uno scudo personale o un miglioramento temporaneo della precisione. Non esistono classi, per cui ognuno può usare tutto quello che gli pare, a patto di averlo sbloccato. Ecco quindi che non sarà raro vedere decine di giocatori svolazzare col jetpack o camperare con un fucile con proiettili a ricerca. Inutile dire che un sistema del genere crea problemi di bilanciamento e non incentiva per niente il gioco di squadra. Le armi a nostra disposizione sono effettivamente ben realizzate dal punto di vista estetico e sonoro, ma sono abbastanza scontate e tendono un po’ tutte ad assomigliarsi come feeling.

In ogni caso la cosa che risulta più odiosa è il terribile sistema di power-up. Invece di trovare i velivoli e i (pochissimi) veicoli parcheggiati e pronti per essere pilotati, dovremo cercare nella mappa degli appositi ologrammi blu. Essi sono posizionati in aree predeterminate, ma che sono state scelte dagli sviluppatori in modo totalmente arbitrario (qualcuno direbbe a cazzo di cane). Mi è capitato decine di volte di non potermi sedere nell’abitacolo del mio fidato Ala-X perché il relativo power-up era comparso in mezzo ai nemici o in un area completamente allo scoperto. Lo stesso sistema è valido per equipaggiamenti particolarmente utili, come attacchi orbitali, torrette automatiche e droidi di supporto, che però ci vengono assegnati in maniera assolutamente casuale, ennesima caratteristica che ammazza completamente la strategia. Pure gli eroi sono vincolati a questa scellerata scelta, per cui si finisce per premiare non chi gioca bene, ma chi è così fortunato da trovarsi vicino al power-up. I vari Luke, Darh Vadere Boba Fett sono potenti ma non invincibili e non determinano grossi sbilanciamenti, almeno nelle mappe estese e con molti giocatori. Il discorso cambia del tutto quando gli spazi si restringono: in questo caso controllare un eroe vuol dire fare decine di kill con facilità, senza che gli avversari possano opporsi efficacemente. Non c’è ovviamente bisogno di dire che, anche a livello di quantità di eroi, Battlefront è messo decisamente male.

Power-up imperiale posizionato vicino a un uplink, nel bel mezzo del territorio ribelle.

Neanche il sistema di crescita funziona a dovere. I livelli non possono chiaramente mancare, accompagnati da una valuta che si accumula in base ai punti fatti durante le partite. Una volta raggiunto il livello appropriato, armi ed equipaggiamenti vengono sbloccati pagandoli direttamente o attraverso i Contratti Hutt. Questi vanno acquistati e richiedono di completare determinate azioni, come uccidere un tot di avversari con una particolare arma o vincere una partita in una particolare modalità. Il problema fondamentale è ancora una volta la carenza di contenuti: la roba da sbloccare, soprattutto se non si hanno i DLC, è davvero poca e principalmente accessoria; ci sono letteralmente decine di inutili modelli dei soldati e emote da sbloccare, ma tutto il resto latita.

Vi state già eccitando, eh? Peccato che sia un DLC.

Con Battlefront DICE e EA hanno voluto creare un gioco estremamente arcade e semplice, adatto a partite rapide e appetibile per un pubblico il più ampio possibile. Per quanto ci si possa sentire deluso dalle evidenti semplificazioni rispetto ai due titoli Pandemic, questa scelta è del tutto comprensibile e non mi sento di criticarla. Questo però non giustifica in nessun modo la superficialità e la frettolosità con cui questo titolo è stato realizzato. Da quel poco che si è visto, il seguito corregge almeno parzialmente il tiro e sembra addirittura che si sia deciso di abbandonare la tradizionale politica dei DLC.

Forse alla fine del tunnel, oltre al reattore della Morte Nera, c’è anche una nuova speranza.

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