The Legend of Zelda: il risveglio dell’eroe fra soglie e avatar

I tanti risvegli di Link e i loro significati.

Francesco Toniolo
Frequenza Critica
7 min readMar 15, 2021

--

Zelda_Breath_of_the_Wild

Nel 1997 l’artista Miltos Manetas presentò un machinima intitolato SuperMario Sleeping all’exhibition “Fatto in Italia”. Nel breve video si vede una registrazione di una partita a Super Mario 64 in cui l’unica cosa che il protagonista fa è dormire.

Ora, qualcuno si starà chiedendo — a ragione — perché esordire con un vecchio machinima dedicato a Super Mario in un articolo su The Legend of Zelda. Qualcuno potrebbe anche chiedersi — altrettanto a ragione — cosa sia un machinima, essendo una parola diffusa, sì, ma fino a un certo punto. Machinima è una parola macedonia nata dall’unione di “machine” e “cinema”. Indica film e corti animati in tempo reale prodotti attraverso software videoludico, spesso con finalità artistiche o politiche. Gli studiosi di machinima mi perdoneranno la semplificazione, ma è giusto per capirci.

Super Mario fa un pisolino

Insomma, nel 1997 un artista mostra — peraltro in più occasioni, come questa e quest’altra — i pisolini di Super Mario. Perché lo ha fatto? Perché secondo Manetas il sonno di Mario è una metafora perfetta della condizione umana: «hai un uomo che se lo metti in gioco, gioca. Se non lo metti in gioco, lui si mette a dormire» (la citazione di Manetas è tratta da Machinima! Teorie. Pratiche. Dialoghi., a cura di M. Bittanti e H. Lowood, p. 191). Siamo quindi un po’ tutti quanti come Mario, capaci di grandi imprese, ma solo nel momento in cui ci mettiamo in gioco, in cui decidiamo di agire. Altrimenti siamo dei dormienti, ci accasciamo sulle nostre consuetudini, ci lasciamo cullare dalla nostra pigrizia, senza fare nulla di concreto.

Chi ha giocato a diversi The Legend of Zelda, arrivato a questo punto, sarà già stato attraversato da un pensiero: sono tantissimi i casi in cui il gioco inizia con il risveglio di Link. A Link to the Past, Ocarina of Time, Wind Waker, Breath of the Wild… giusto per fare qualche esempio. Persino le picaresche avventure di Linkle in Hyrule Warriors iniziano con il risveglio della controparte femminile di Link. E taccio di Link’s Awakening, che a sua volta si apre con il risveglio di Link (svenuto sulla spiaggia) e che più in generale è tutto un videogioco sul risveglio e meriterebbe un discorso a sé stante.

Concentriamoci sul risveglio all’inizio del gioco. È un momento interessante da sottolineare per due ragioni.

Link si risveglia

La prima: perché coincide con quell’attimo in cui il giocatore assume il controllo del suo avatar. Link sta dormendo perché non c’è nessuno a giocare, fino a quel momento. Qui Link rappresenta qualsiasi personaggio dei videogiochi: sono tutti quanti dei corpi inerti, se non ricevono input. Ecco perché, quando lasciati a loro stessi (quando, cioè, non si preme nessun pulsante per un po’) alcuni eroi tornano a dormire, come il Mario mostrato da Miltos Manetas. Il risveglio di Link sottolinea, pur in modo sottile e implicito, che ora tocca a noi, che quello sarà il personaggio che dovremo accompagnare nel suo percorso, che per agire e diventare eroi bisogna ‘svegliarsi’. Un concetto un po’ in stile Matrix, se vogliamo. E del resto anche nel primo film di quella trilogia cinematografica assistiamo al risveglio di Neo subito dopo che egli ha scelto la pillola rossa che gli mostra la verità del mondo. Ma se Neo si prepara a conoscere la verità e a non essere più controllato dalle macchine, Link con il suo risveglio si prepara piuttosto a lasciarsi docilmente controllare dal giocatore. Perché questo è il suo destino di avatar videoludico, quello di farsi involucro delle scelte di colui o colei che sta al di là dello schermo (per approfondimenti sul tema consiglio peraltro di leggere Teatro e videogiochi. Dall’avatāra agli avatar di L. Papale e L. Fazio). Il risveglio segnala allora questo scarto, il momento nel quale l’avatar è pronto a mettersi in gioco, a disposizione dell’utente, per consentirgli di vivere attraverso di lui l’esperienza di gioco.

La seconda sottolineatura: la soglia simbolica. Passiamo da Link come avatar a Link come personaggio. In quanto eroe, Link deve attraversare tutta una serie di soglie — reali e simboliche — che definiscano il passaggio della sua condizione. Sono i riti di passaggio, in cui il passaggio materiale (entrare nella foresta, entrare nella casa dello stregone, entrare nel tempio…) possono corrispondere a un passaggio di condizione: si viene portati nel tempio che si è ancora considerati bambini e, dopo la cerimonia, si entra a far parte della società degli adulti.

Oggi i riti di passaggio sono meno sentiti, ma ciò non vuol dire che siano scomparsi. Per molti, per esempio, l’ottenimento della patente ha la valenza di un rito di passaggio all’età adulta. Nella grande casistica di questi riti (su cui invito a leggere il libro I riti di passaggio di Arnold Van Gennep) si inseriscono ovviamente anche le soglie che eroi ed eroine sono chiamati ad affrontare nel corso del loro viaggio. Testi come L’eroe dai mille volti (Joseph Campbell) e Il viaggio dell’eroe (Christopher Vogler) parlano proprio di determinate “soglie” che gli eroi attraversano e che separano per esempio il loro mondo ordinario, quello in cui si trovano prima dell’inizio dell’avventura, dal mondo straordinario nel quale devono avventurarsi. Le analisi vogleriane dei vari episodi di The Legend of Zelda sono piuttosto semplici, sono videogiochi che ben si prestano a questa struttura (se volete un esempio legato a Ocarina of Time lo trovate nel libro Zelda. Cronaca di una saga leggendaria di N. Courcier e M El Kanafi).

La Master Sword di Link

Per cui abbiamo dei momenti di particolare rilevanza che scandiscono di volta in volta il viaggio di Link. In linea di massima la sua consacrazione effettiva come eroe corrisponde all’ottenimento della Master Sword, ma c’è sempre anche una soglia da superare molto prima, che definisce l’uscita dal mondo ordinario di Link (la foresta dei Kokiri in Ocarina of Time, l’Isola Primula in Wind Waker, il Villaggio Tauro in Twilight Princess, ecc.) e il suo ingresso in territori che fino a quel punto non aveva mai esplorato, nel quale lo attenderanno avventure fino a quel punto mai vissute. C’è poi da capire cosa farà di volta in volta Link, una volta messosi in viaggio. Se proverà la nostalgia del ritorno e si rimetterà — al termine dell’avventura — sui suoi passi per tornare al mondo ordinario di partenza, o se costruirà una nuova quotidianità altrove (in un saggio che mi permetto di segnalare ho avuto modo di toccare il tema dei nostoi dell’epica in relazione con Wind Waker). L’esito è insomma di volta in volta un po’ differente, a seconda di quale specifico The Legend of Zelda si stia considerando. Ma in ogni caso, prima di tutto ciò, prima di uscire dal villaggio o dall’isola di turno, c’è questa ulteriore soglia pregressa fra il sonno e la veglia.

Quella di Link, anche per via di quanto abbiamo detto finora, è una situazione che sembra peculiare, ma in realtà è condivisa da molti altri eroi ed eroine dei videogiochi. È un eroe duplicemente costretto a essere tale, sia come personaggio sia come avatar. Come personaggio, quel che emerge è il grande tema della predestinazione. Se, in epoche differenti, nasce sempre un Link chiamato ad allearsi con Zelda e a sconfiggere Ganon/Ganondorf, ci si domanda quanto l’adesione dell’eroe alla missione sia spontanea e quanto egli non sia piuttosto predestinato dalle divinità a compiere questa missione. Non è un quesito al quale si può dare qui una risposta esaustiva, ma segnalo come lettura sul tema il saggio Freedom versus Destiny: A Hero’s Call di Josh e Rachel Rasmussen, nella miscellanea The Legend of Zelda and Theology a cura di Jonny Walls. Il fatto che ci siano di mezzo delle divinità rende tutto più complesso, ma nulla di unico. Se considerassimo — per esempio — Aloy di Horizon: Zero Dawn vedremmo una protagonista altrettanto predestinata a essere un’eroina anche senza che ci sia nessuna (vera) divinità ad aver tracciato per lei questa strada. E c’è poi la questione dell’avatar, in cui gli eroi dei videogiochi risultano effettivamente tutti quanti eterodiretti, visto che c’è sempre la presenza di un giocatore che controlli le loro azioni.

Aloy in Horizon: Zero Dawn

Vedendo le cose in quest’ottica si perde anche un po’ la patina eroica, per cui tutto sommato è bene non pensarci troppo, nel momento in cui stiamo giocando. Meglio concentrarsi invece sull’aspetto propositivo e sfidante del risveglio. Miltos Manetas diceva che siamo un po’ tutti quanti come Mario e per questo aveva deciso di rappresentare quella processione di Super Mario dormienti. Allo stesso modo siamo un po’ tutti quanti come Link. Siamo chiamati a qualcosa di grande, magari non proprio predestinati da tre divinità come lui, ma comunque ci vengono date grandi possibilità di agire e cambiare il mondo intorno a noi, nel piccolo o nel grande. Ma non è detto che sfruttiamo queste potenzialità e spesso restiamo dormienti. Non perché ci svegliamo tardi la domenica mattina, ma perché restiamo intrappolati in una routine di chiacchiere vacue, di perdite di tempo, di ‘fuffa’, senza gustarci appieno le esperienze che facciamo. Fosse anche solo l’esperienza di giocare a uno dei tanti The Legend of Zelda e lasciare che una stupita fascinazione ci invada.

--

--