Tooth and Tail

Marco "Brom" Bortoluzzi
Frequenza Critica
Published in
5 min readSep 16, 2017

Il genere degli RTS, una volta così dominante sul mercato pc, è ormai già da anni relegato a un ruolo secondario. Al di là di alcune notevoli eccezioni — il sempreverde StarCraft, Age of Empires II HD, Company of Heroes II— è difficile per chi sviluppa e pubblica giochi di questo tipo riuscire a ritagliarsi una buona fetta del mercato; e in ogni caso, sebbene per i titoli sopra nominati si possa parlare di numeri di giocatori attivi più che rispettabili, sono pur sempre cifre che impallidiscono in confronto a colossi come DotA 2 o Playerunknown’s Battleground.

Ma la maggior parte degli RTS rilasciati negli ultimi anni non possono vantare nemmeno questo. Titoli come Grey Goo, Ashes of the Singularity, Act of Aggression, Homeworld: Deserts of Kharak hanno tentato senza successo di far rinverdire la passione per il genere a un bacino d’utenza che ormai sembra sempre meno interessato a comandare eserciti in tempo reale; e perfino il catastrofico insuccesso di un nome importante come Dawn of War 3 è dimostrazione di quanto sia difficile creare un rts che accontenti anche solo quella nicchia di appassionati del genere.

Le nostre unità attaccheranno automaticamente i nemici vicini, ma per dire loro di attaccare bersagli specifici, dobbiamo ricorrere al nostro comandante.

Non si può quindi fare a meno di trovare coraggiosa, se non forse un pochino azzardata, la scelta di Pocketwatch, già autori del simulatore di ladrocinio Monaco. Perchè Tooth and Tail — uscito pochi giorni fa su Steam, GOG e PS4 — è uno strategico in tempo reale a tutti gli effetti, anche se caratterizzato da alcune atipicità. In Tooth and Tail, infatti, non andremo a controllare direttamente le unità che fanno parte del nostro esercito, ma solo il nostro comandante, che dovremo poi usare per dare ordini alle nostre truppe; se avete mai giocato Brutal Legend, immaginate un sistema di controllo simile, eccetto per il fatto che il comandante da voi scelto non contribuisce direttamente al combattimento (e quindi no, non potete sciogliere la faccia delle truppe nemiche a suon di schitarrate).

A livello puramente meccanico, Tooth and Tail è semplicissimo. C’è una sola risorsa, il cibo, generata automaticamente dalle nostre fattorie, e disponibile in quantità finite. Le strutture di produzione creano automaticamente l’unità associata, e l’unico limite alla creazione di unità più avanzate è il loro costo in cibo; non c’è nessun albero tecnologico sui cui i giocatori devono progredire. Anche la differenza fra le quattro fazioni è puramente estetica: cambia solo l’aspetto del comandante e il colore associato.

Ma non fatevi ingannare dall’apparente semplicità di Tooth and Tail. Pocketwatch è riuscita a coniugare un sistema di controllo immediato e accessibile anche a chi non ha dimestichezza con gli RTS con una non indifferente profondità di gioco; le decisioni strategiche, sia nella scelta del roster — sono solo 6 infatti i tipi di unità che potremo portare con noi, il che rende necessaria una certa pianificazione— che quelle prese sul campo di battaglia hanno un peso non da poco. Mi conviene investire in un altro mulino e avere un’economia più forte, o piuttosto iniziare ad assoldare unità con cui infastidire il mio nemico? Che unità mi conviene produrre, e in che quantità? Posso permettermi di giocare aggressivamente, o forse è meglio attendere un passo falso del mio avversario? Mi conviene rallentare la mia economia investendo in un’unità avanzata, o è forse una scelta troppo rischiosa? Le domande a cui porre risposta in una partita di Tooth and Tail non mancano, e sarà fondamentale in questo senso fare uso del proprio comandante non solo per dare ordini alle truppe ed edificare la nostra base ma anche per andare a spiare cosa sta combinando il nostro avversario.

Ma Tooth and Tail offre una più che buona dose di contenuti anche a chi non è interessato a tentare la fortuna contro avversari in carne ed ossa. La campagna — che ci fa indossare i panni, a turno, di ciascuna delle quattro fazioni — presenta circa una ventina di missioni, dalla difficoltà che se inizialmente è molto permissiva, lo diventa sempre meno in breve tempo, sopratutto se si cercano di conseguire gli obiettivi eroici. Oltre a ciò, Tooth and Tail presenta anche la possibilità di giocare schermaglie contro bot su mappe — allo stesso modo di quelle che incontreremo nella modalità competitiva — generate casualmente; e i bot sanno il fatto loro, quindi non aspettatevi di cavarvela con poco. Inoltre, gradita caratteristica del gioco di Pocketwatch è quella di offrire la possibilità di giocare splitscreen su uno stesso computer, sia contro i bot che contro altri giocatori.

L’Antica Distilleria Meridionale, il primo hub della campagna.

In aggiunta a tutto ciò che ho detto finora, mi sembra giusto spendere qualche parola di lode anche per la cura stilistica del gioco. La prima cosa che salta all’occhio è ovviamente la pixel art utilizzata, davvero di ottima fattura e molto ben animata; va però detto che in mezzo al caos di una battaglia può non essere immediatissimo distinguere le nostre truppe più piccole, ma si tratta di un problema minore. Anche il comparto sonoro è di tutto rispetto, sia dal punto di vista musicale che da quello degli effetti; e vale la pena far presente che le frasi pronunciate dai comandanti e dalle unità con cui avremo a che fare durante la campagna non sono solo suoni inarticolati, ma una vera e propria lingua, creazione di Kevin Regamey, già famoso per aver contribuito al comparto audio di Darkest Dungeon e Crypt of the Necrodancer.

In conclusione, Tooth and Tail è un ottimo titolo, che riesce nell’impresa di rendere più accessibile un genere notoriamente ostico, senza per questo sacrificare ciò che lo rende appetibile; scelte strategiche e tattiche sono di fondamentale importanza nel decidere chi mangerà e chi sarà mangiato alla fine dello scontro. Un gioco consigliatissimo quindi a chi è sempre stato incuriosito dalla strategia in tempo reale, ma è rimasto intimorito (certo non a torto) dalla complessità tipica degli altri esponenti del genere.

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