Un giorno qualunque a Nidosacro

Un omaggio “interattivo” a Hollow Knight.

Lorenzo “GOV” Sabatino
Frequenza Critica
9 min readOct 9, 2019

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Suggerimento per il lettore: per massimizzare la resa della lettura dell’articolo, far partire l’audio dei video in corrispondenza della loro posizione nel testo. E scendete con me sottoterra.

La testa del cavaliere è leggermente reclinata, come appisolato, sulla panchina del villaggio di Pulveria. Era necessario un po’ di riposo dopo l’ultima sortita nei cunicoli di Nidosacro, a dire il vero molto fruttuosa: avevo sbloccato due shortcut, recuperato un amuleto molto interessante e, soprattutto, imparato un’abilità fondamentale che, a memoria, mi permetteva di raggiungere almeno due località prima inaccessibili. Per una avevo addirittura posto un segnalino sulla mappa, tanto mi intrigava. Ecco, a proposito di mappa, è il caso di consultarla e crearsi un percorso mentale.

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Ancora seduto sulla panchina, apro la cartina e osservo quel dedalo di cunicoli che con i miei sforzi sono riuscito a ricreare. Ecco, il segnalino indica proprio una zona, in realtà quasi iniziale, che però mi aveva molto incuriosito perché nello scenario apparivano alcuni cristalli di un viola acceso, molto curiosi. È ora di mettersi in viaggio.

Il percorso non è molto lungo, ma ci sono diversi nemici fastidiosi, quindi devo cimentarmi in qualche buona evoluzione (sia lodato il dash che ho sbloccato l’altro giorno). E poi quella sezione di Nidosacro è un bel po’ incasinata: diverse piattaforme, un ambiente ampio, più di un’uscita. Io e il piccolo cavaliere dobbiamo per questo aprire più di una volta la mappa, raccapezzarci sulla posizione (per ottimizzazione e una punta di orgoglio, non uso la bussola) e proseguire passo passo.

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Ah giusto! Vicino a questa zona prima inaccessibile c’era questo simpatico insetto, tutto intento a fischiettare e canticchiare, mentre picconava la roccia. Era così allegro, e gradiva la compagnia di qualcuno che l’ascoltasse. Ma ora c’è qualcosa di strano, sembra come lamentarsi, è confuso; e non fischietta più… Non posso fare molto per ora e dunque proseguo, verso la zona indicata dal segnalino. Mi aspetto di trovarci un oggetto abbastanza prezioso, magari un amuleto, al massimo una bossfight nascosta: del resto si tratta di una zona abbastanza anonima se non fosse per quei cristalli, e soprattutto distante dai cunicoli che si dipanano verso il cuore centrale e profondo di Nidosacro.

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Tantoché già mi faccio un piano mentale degli altri percorsi messi da parte che potrei visitare, prima di proseguire nella “main”. Qualche salto, un’evoluzione in aria e raggiungo il punto; ma improvvisamente cado in un vasto baratro! C’è una dissolvenza, e poi d’improvviso mi trovo in un ambiente totalmente diverso, una scritta compare in sovrimpressione introducendomi in una zona di Nidosacro totalmente nuova, e una musica mesta e dolce al contempo mi culla in quei primi secondi.

Incredibilmente, un’intera nuova area del regno sotterraneo si para d’innanzi ai miei occhi, del tutto sconosciuta.

In questi primi momenti, la prima cosa da fare è trovare dei punti di riferimento; o, ancora meglio, trovare Cornifer, di modo che possa cominciare a metter giù sulla mappa i contorni di quella nuova zona. Ma, come se non bastassero quelle caverne totalmente aliene (e poi quei nemici mi paiono molto rognosi…), si presenta un altro fattore di preoccupazione: ho tanti Geo e rischio di perderli. Indietro non mi pare si possa tornare per ora (essendo caduto da un’altezza vertiginosa), punti vita me ne sono rimasti pochini (rimpiango ora la leggerezza con cui ho affrontato un percorso che doveva condurmi “solo” a un misero oggetto nascosto…) e in più tutta quella valuta l’avevo messa da parte per acquistare quel potenziamento che tanto mi aveva intrigato! C’è poco da commiserarsi, devo proseguire, due gli obiettivi: una panchina, o quantomeno Cornifer.

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È straordinario il rapimento di Hollow Knight. Mentre sei con il fiato sospeso, cercando di memorizzare quanto prima i pattern dei nuovi nemici, mentre cerchi di calibrare al millimetro il salto per evitare quelle trappole mortali, non puoi fare a meno di stare a rimirare qualche secondo, come sbigottito, quello sfondo così soavemente levigato e trasognante (che tanto dice sulla storia di quei posti, se si è capaci di vedere e capire), al suono di una nenia malinconica che quasi spezza la foga battagliera delle mie azioni.

Soprattutto è impagabile la voglia di scoprire, di sporgere il naso oltre la soglia per dare un’occhiata su cosa si celi lungo quel corridoio, oltre quella porta. So che fare un passo in più significherebbe mettere in serio pericolo quelle risorse così faticosamente messe da parte; potrei morire, magari in un punto molto ostico in cui sarebbe difficile poi recuperare le mie “anime”; potrei incorrere in una bossfight; ma la meraviglia che Hollow Knight elargisce, da un punto di vista sia visivo che atmosferico, è ben maggiore di qualsiasi drop. E proseguo.

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Stavolta il Dio dei videogiocatori mi premia, di fianco mi appare l’indicazione di una panchina, mi inoltro nel cunicolo segnalato e ne trovo una che pare quasi emanare luce propria (sarà la gioia di averla scovata). L’effetto rinvigorente di quel checkpoint è uguale per il piccolo cavaliere come per la mia mente, ora dissipata da buona parte dell’agitazione derivante dal pericolo di perdita: ora posso avanzare più sereno.

E il Dio dei videogiocatori deve volermi particolarmente bene oggi, dato che sento un tenue motivetto allegro: è Cornifer! Sia l’aumentare di volume di quella voce sia i rimasugli di carta sparsi nella mappa confermano che mi sto avvicinando. Eccolo lì, l’occhialuto insetto, intento a disegnare l’ennesima mappa, che compro. La apro immediatamente e la osservo; stessa identica cosa fa il mio piccolo avatar (non casualmente la mappa è un po’ opaca e permette di scorgere il proprio personaggio intento a consultare la cartina). Finalmente ho la facoltà concreta di dominare quel regno sconosciuto.

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Poco più avanti, infrangendo una parete che il design della stessa mi suggeriva fosse distruttibile, incontro nuovamente uno degli splendidi personaggi che mi accompagnano in questo viaggio. Un piccolo insetto, ma dall'aspetto coriaceo, di nome Quirrel è affacciato su una grossa vetrata che sporge su un baratro. È una personalità intrigante e per certi versi burlona, ma, come tutti gli npc di Hollow Knight, nasconde un segreto o un destino beffardo; e tutti sono venati da una profonda malinconia. Si domanda pensieroso cosa accadesse in quei luoghi quando il regno era vitale e attivo; ora l’unica cosa che gli resta da fare è proseguire, e sprona noi a fare altrettanto.

Ho da poco recuperato l’Aculeo dei Sogni, questo fantastico strumento che mi permette di…“auscultare” i pensieri e i sogni di ogni essere vivente (o morto) presente in quegli anfratti. Sono fulmineo nell'utilizzarlo su Quirrel: devo sapere cosa cela il suo cuore, ben oltre le parole meditabonde che ha utilizzato. Sono poche frasi, ma amplificano ancor più il senso di incompiutezza di questo esserino: si chiede se non abbia già visitato quei luoghi e se non abbia qualche relazione con essi. In fondo, si sente legato a essi. Anche Quirrel, come tutti gli altri personaggi di Hollow Knight, ha un triste segreto; che il gioco ci suggerisce ma non disvela, non senza l’impegno e l’attenzione del giocatore.

Ci siamo, l’ampiezza dell’area successiva non è un caso: c’è una bossfight ad attendermi.

Faccio qualche passo e, dopo una brevissima presentazione, il nome del mio nemico campeggia a un lato dello schermo e inizia la battaglia. La musica monta dalla melodia posata di prima. Le bossfight di Hollow Knight sono l’occasione in cui il lato ludico dell’opera esplode nell’esigere che il giocatore sfrutti tutte le competenze e le abilità acquisite: schivate, salti, colpi caricati, abilità attive e passive ricavate dagli amuleti selezionati a inizio viaggio. Il giocatore crea una vera e propria build adeguata al tipo di partita che si intende seguire (magari puntando a essere più aggressivi o a poter subire più danno prima di morire o anche, perché no, a temporeggiare in modo da sfruttare determinati bonus attivi). Proprio gli amuleti sono il punto nodale, perché è tramite essi che il livello o la singola battaglia prendono una forma diversa: le interazioni che questi potenziamenti hanno fra di loro sono strabilianti per la profondità che riescono a dare a ogni partita, oltre a risultare volta per volta adeguati (o inadeguati) per ogni frangente.

Non sono attrezzato per questa bossfight. Questo nemico è molto aggressivo, quasi non concede finestre di attacco, rendendo quasi impossibile curarsi; inoltre non avendo selezionato “alla panchina” l’amuleto che mi permette di recuperare anime a ogni colpo inferto, mi sono privato di quasi ogni chance di riacquisire hp. Muoio.

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Ho immediatamente chiara la strategia per avere la meglio: non attaccare. Seleziono potenziamenti che mi concedono un attacco automatico e costante — rendendomi letale sia alla distanza che in prossimità — e miro a non esser colpito, a non curarmi, ma a danneggiare il mio avversario, con lentezza e pazienza.

Ripercorro velocemente il tragitto e mi rigetto nella battaglia. La precedente è durata abbastanza perché memorizzassi un minimo il suo moveset, si tratta solo di schivare. Lo scontro dura tanto, non posso sapere quanto danno gli stia facendo, né posso vedere la sua barra della vita. Io schivo, ancora e ancora, al meglio che possa. Alla fine cade; e cade senza che io gli abbia sferrato un solo fendente del mio Aculeo. Tale è, ancora una volta, la libertà concessa da Hollow Knight.

(piccola bugia, sono morto una seconda volta, ma per una buona ragione: dovevo leggere i pensieri di quel pingue e buffo insetto attraverso l’Aculeo dei Sogni…)

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La bossfight non era difficile (quasi mai lo sono, devono cambiare il ritmo, non spezzarlo), ma mi aspetto di trovare una ricompensa adeguata alla secondarietà (apparente, quantomeno) di quella zona. Invece non ricevo niente e poco più avanti un lungo corridoio si apre su una vasta grotta illuminata solo dal biancore di una sorgente; più avanti ancora una stanza rivela un grosso ascensore ferreo, e oltre un nuovo percorso, che preannuncia un nuovo cambiamento nella fisionomia di quei luoghi; una luce più smorta filtra dalle aperture e colora di grigio quell’imbocco, mentre strani ghirigori, come di rampicanti rinsecchite, spuntano dalle pareti. Ma quell’ascensore mi fa pensare a una cosa…

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Ma è ovvio! L’avevo già intravisto, era in una zona, anch’essa iniziale, che avevo esplorato giorni prima; ed era inaccessibile. Ed ecco che mi ritrovo, in un istante, a un passo da Pulveria, dal riposo, dalla salvezza. E non mi sembra vero che solo pochi minuti prima temevo di perdere tutti gli sforzi in un angusto cunicolo, svariati chilometri al di sotto della superficie sicura.

Mentre con passo lento, quasi sospeso, torno fra le case e i visi amichevoli di Pulveria, un sorriso si forma sul mio volto. È stato un viaggio tutto sommato breve, e nemmeno troppo arduo… eppure quante cose avevo visto, quante alterne emozioni provato. La musica mesta del villaggio di Pulveria quasi mi accoglie in un placido sonno, ma non posso fare a meno di pensare e immaginare cosa si celi oltre quell’ascensore: quali altri bizzarri individui avrei conosciuto, quali nemici inconsapevoli sconfitto, quali meraviglie antiche risvegliato.

Non vedo già l’ora di riprendere il cammino.

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Lorenzo “GOV” Sabatino
Frequenza Critica

Ci sono poche cose che meritano di esser dette e spesso manca anche la voglia.