Videogiochi da ascoltare — L’avvento di Aquatic Ambiance

Anno 1994: benvenuti nel futuro.

Daniele “Alteridan” Dolce
Frequenza Critica
5 min readDec 18, 2019

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Copertina di donkey kong country

Donkey Kong Country è senza ombra di dubbio uno dei videogiochi più acclamati della quarta generazione di console, nonché uno dei titoli più amati della vecchia Rare e uno dei platform più importanti del secolo scorso. Donkey Kong Country è uno di quei titoli che hanno fatto scuola: praticamente perfetto in ogni suo piccolo particolare, nonché ancora per certi versi irraggiungibile sul versante prettamente ludico.

Eppure quest’oggi non voglio parlare di quanto fosse eccellente il suo level design, delle numerose soluzioni di gameplay innovative che da lì in avanti sarebbero state prese in prestito da tante altre software house. No, oggi voglio parlare del capovolgimento di un paradigma che fino al 1994 — anno di uscita di Donkey Kong Country — aveva tenuto banco in ogni singola produzione videoludica. Prima di tutto, però, bisogna fare un deciso passo indietro: dobbiamo riavvolgere le lancette di altri nove anni, fino al 1985, quando una Nintendo che stava muovendo i suoi primi passi nel mercato delle console casalinghe sfornò un certo Super Mario Bros. e settò così il primo standard sonoro per i livelli sottomarini.

La composizione di Kōji Kondō fa di tutto per inquadrare i movimenti di Mario all’interno di un livello che modifica radicalmente le meccaniche classiche dei platform. Laddove in superficie il simpatico idraulico baffuto è agile, svelto e scattante, sott’acqua ci ritroviamo con un protagonista goffo e impacciato: Mario non è nel suo ambiente, è un pesce fuor d’acqua (se mi passate la figura retorica), per questo anche la colonna sonora cambia diventando molto simile a un valzer. Nonostante i limiti tecnici della piattaforma, Kōji Kondō dà vita a una composizione che pone le fondamenta su cui si baserà la stragrande maggioranza dei temi utilizzati nei livelli sottomarini. Da lì in avanti, qualsiasi sezione subacquea avrebbe potuto contare su un sottofondo musicale in cui le note vengono eseguite in successione ascendente e/o discendente, andando così a formare quello che in gergo tecnico viene definito arpeggio per simulare sinesteticamente l’acqua e il fluttuare del proprio avatar tra le onde.

Come detto, l’intuizione di Kōji Kondō sarebbe diventata un vero e proprio standard, tant’è che ancora oggi i compositori delle colonne sonore di molti videogiochi — soprattutto quelli che si rifanno alla tradizione degli anni Ottanta e Novanta — applicano questo concetto alle loro opere. Un esempio su tutti: il relativamente recente Rayman Origins e l’iconico “Glou Glou” composto da Cristophe Héral.

Eppure qualcuno negli anni Novanta aveva già intuito che la strada per la composizione delle colonne sonore dei videogiochi si sarebbe incrociata prima o poi con quella delle soundtrack cinematografiche. Quel qualcuno è David Wise, l’autore di gran parte delle tracce che fanno da sfondo a Donkey Kong Country. Correva l’anno 1994 ma David Wise dimostrò di essere un precursore applicando le tecniche di Hollywood a quello che all’epoca era considerato soltanto un gioco elettronico, un passatempo per ragazzini. A questo punto dovete tenere presente che la rivoluzione portata da Sony con la prima PlayStation non era ancora arrivata: Rare pubblicò Donkey Kong Country nel novembre di quell’anno, laddove la console di Sony debuttò in Giappone nel mese di dicembre prima di arrivare un anno più tardi in Occidente e cambiare così il modo in cui il videogioco veniva percepito dal grande pubblico.

Le major del grande schermo non erano ancora interessate all’industria dei videogiochi, se non per la realizzazione dell’inevitabilmente disastroso tie-in a bassissimo budget di questo o quel film. L’utilizzo di tecniche di composizione impiegate nel cinema fu quindi una novità assoluta.

In Aquatic Ambiance, David Wise provò a modificare radicalmente l’approccio alla composizione. Piuttosto che realizzare una melodia che imitasse i movimenti goffi del protagonista, pensò bene di comporre un tema musicale che lasciasse trasparire tutto il fascino dell’ambientazione di Coral Capers.

Attenzione però, ciò non significa che gli insegnamenti di Kōji Kondō vennero messi del tutto da parte. Al contrario, David Wise fa ancora uso della tecnica dell’arpeggio, ma l’hardware più potente del Super Nintendo gli permise di applicare filtri di varia natura agli strumenti digitali per aggiungere un tono più misterioso alla traccia e restituire così il feeling di trovarsi davvero, in prima persona, immersi nella vastità sconfinata e indecifrabile dell’oceano. Da notare, poi, che Aquatic Ambiance rappresenta un unicum all’interno della colonna sonora di Donkey Kong Country: laddove fino a quel momento le tracce avevano sempre mantenuto un tono allegro e scanzonato, con sonorità che si rifanno sia all’hip hop che al jazz, una volta raggiunto Coral Capers si rimane disorientati dal tono ambiguo e a tratti inquietante del sottofondo musicale, rendendo ancora più chiaro il cambio radicale di ambientazione.

Ci vollero diversi anni prima che l’innovazione portata da David Wise diventasse uno standard dell’industria, dimostrando quanto Aquatic Ambiance fosse effettivamente troppo avanti per quell’epoca a cavallo tra due generazioni così diverse tra loro. Eppure un compositore non ci pensò due volte prima di applicare gli insegnamenti di David Wise sin da subito.

Ebbene sì: lo stesso Kōji Kondō che settò lo standard per i livelli sottomarini non si fece problemi a fare sua l’intuizione di David Wise, andando a comporre quella che ancora oggi è una delle tracce più amate dai fan dell’idraulico baffuto. Siamo nel 1996 e, seguendo l’esempio di Donkey Kong Country, anche in questo caso l’accento viene posto sulla trasposizione sonora dell’ambientazione piuttosto che sulla descrizione delle movenze di Mario, che nel frattempo sono diventate relativamente più aggraziate.

Dire, Dire Docks e Aquatic Ambiance restarono per diversi anni gli unici esempi di questo nuovo corso della composizione di temi sottomarini. Persino la stessa Rare tornò alla vecchia concezione della predominanza degli arpeggi quando Grant Kirkhope realizzò Atlantis per Banjo-Tooie, accantonando la filosofia delle musiche ambientali.

Inutile dire che l’applicazione sistematica di questa nuova filosofia si ebbe non solo quando il medium videoludico raggiunse una certa maturità e la consapevolezza di doversi aprire a un pubblico ben più vasto, ma anche in seguito al progresso tecnologico che aveva eliminato le barriere tecniche presenti fino alla prima metà degli anni Novanta. Con l’avvento delle console dotate di supporti ottici, per esempio, i compositori erano finalmente in grado di realizzare colonne sonore articolate e con una qualità ben più elevata. Iniziano così a prendere piede le prime composizioni orchestrali e la strada intrapresa dapprima da David Wise, e in seguito da Kōji Kondō, poteva finalmente essere battuta anche da altri.

L’introduzione delle orchestre ha avvicinato ulteriormente il mondo dei videogiochi a quello del cinema. L’aumento del budget riservato alle produzioni di alto livello, soprattutto alle esclusive delle varie piattaforme, ha permesso ai project lead di attribuire sempre più risorse ai responsabili del comparto sonoro. Si arrivò al punto che anche i titoli più dimenticabili, come il terribile Primal per PS2 di Studio Cambridge (quelli di MediEvil per intenderci), potevano contare su tracce davvero memorabili.

Adesso, a venticinque anni dalla pubblicazione di Donkey Kong Country, le linee guida tracciate da Aquatic Ambiance sono diventate la norma, e non solo per ciò che concerne i sottofondi musicali dei livelli sottomarini. Le colonne sonore non tracciano più le movenze e le azioni dei personaggi su schermo, bensì descrivono le atmosfere e sottolineano le emozioni che gli sviluppatori vogliono lasciar trasparire. Come la magica malinconia del Water Dragon di Okami, oppure quella sensazione eterea e aliena del Submerged Temple di Metroid Prime 2.

E pensare che è tutto merito di uno scimmione a cui cinque lustri fa rubarono la scorta di banane. Incredibile vero?

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Daniele “Alteridan” Dolce
Frequenza Critica

Mi piace scrivere di ciò che mi passa per la testa. Prevalentemente di videogiochi, film e serie TV.