Videogiochi da ascoltare — L’importanza del silenzio

Che suono ha l’apocalisse?

Daniele “Alteridan” Dolce
Frequenza Critica
6 min readJan 18, 2020

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Key art di The Legend of Zelda breath of the wild con Link

Per questo terzo appuntamento con “Videogiochi da ascoltare” ho deciso di affrontare il tema delle colonne sonore da una prospettiva differente. Se nell’articolo di debutto vi ho parlato di come quattro note appena possano veicolare un sentimento complesso come il tradimento, mentre in quello successivo ho scritto di quanto Rare avesse anticipato i tempi con il suo Donkey Kong Country, oggi voglio discutere di quanto sia importante un elemento che raramente è presente nelle colonne sonore dei videogiochi: il silenzio.

L’assenza di suono è, per sua stessa definizione, l’esatto opposto di una soundtrack, eppure non lasciatevi trarre in inganno: molto spesso è proprio questa mancanza di messaggi uditivi a riempire gli spazi narrativi lasciati dagli sviluppatori.

Prendiamo per esempio la serie di Dark Souls. La peculiarità delle tre colonne sonore composte da Motoi Sakuraba risiede nella presenza di una grande quantità di tracce che possono essere ascoltate solamente durante gli scontri con i tanti boss che caratterizzano la trilogia firmata FromSoftware. Le rimanenti fanno da sottofondo alle sequenze introduttive e ai titoli di coda. Ciò significa che durante tutto il resto delle avventure i giocatori ascoltano soltanto una cosa. Esatto, il silenzio. In questo caso il silenzio ha uno scopo duplice: in primo luogo — data la difficoltà intrinseca dei giochi — permette agli utenti di essere sempre all’erta e percepire i rumori provocati dai nemici e dalle numerosissime trappole disseminate all’interno dei livelli, dunque si ha una prima valenza prettamente ludica; tuttavia l’assenza di suoni al di fuori di quelli ambientali serve anche a veicolare un messaggio molto semplice qual è quello di trovarsi all’interno di un mondo distrutto, annichilito dall’oscurità che ha inghiottito qualsiasi cosa.

L’assenza di una colonna sonora simboleggia lo spazio lasciato dalla scomparsa di qualsiasi barlume di speranza. Un mondo in cui la morte ha trionfato è un mondo vuoto, un mondo in cui solamente i suoni più semplici riescono a riverberare nel nulla, perdendosi nella vacuità più assoluta.

demon’s souls fromsoftware
Prima di Dark Souls, anche Demon’s Souls sfruttava in maniera simile il silenzio.

Non è un caso che molti — non tutti — titoli che da lì in poi avrebbero seguito l’esempio dei Souls di FromSoftware sul versante del gameplay abbiano percorso la medesima strada anche sul fronte della colonna sonora. Tra gli esempi più recenti troviamo l’ottimo Dark Devotion dello studio francese Hibernian Workshop. Anche in questo caso il silenzio ha la duplice valenza ludo-narrativa, laddove viene impiegato per settare il mood dell’intera esperienza.

Tuttavia vi è un caso — anch’esso piuttosto recente — in cui l’assenza di suoni ha uno scarso impatto sull’esperienza ludica in senso stretto, e non è nemmeno così preponderante da essere sempre palese durante tutto il corso dell’avventura. Spesso il silenzio si presenta più come una lunga pausa tra una traccia e un’altra, oppure addirittura sotto forma di brevi interruzioni all’interno di un singolo pezzo, andando così a tratteggiare un mondo sì in ginocchio, addirittura in frantumi, ma non ancora dato per spacciato.

L’avrete sicuramente intuito dall’immagine di copertina di questo articolo, ma è arrivato il momento di parlare di The Legend of Zelda: Breath of the Wild.

Tempio del tempo di the legend of zelda breath of the wild
Già nei primi minuti di gioco si intuisce molto.

Breath of the Wild è il primo, vero episodio della celebre saga Nintendo ambientato in un mondo post-apocalittico. Il male ha già vinto, Link ha fallito un secolo prima dell’inizio dell’avventura e Zelda si è sacrificata per tentare di contenere quanto possibile la potenza distruttrice di Ganon. I popoli di Hyrule si sono rifugiati in pochi villaggi remoti, mentre le rovine del passato sono state rivendicate dalla natura e sono diventate la dimora prediletta di creature mostruose.

Eppure c’è ancora speranza, ed è per questo che Breath of the Wild può contare su una colonna sonora completa, sebbene estremamente diversa da quanto siamo abituati a udire come accompagnamento a un gioco della serie The Legend of Zelda.

Quella di Breath of the Wild non è una sondtrack pomposa, solenne nella sua sfarzosità, tutt’altro. La colonna sonora dell’ultimo capitolo di questa saga trentennale è molto più delicata e viene immediatamente utilizzata per rendere palese il tono dell’avventura che Link, e di riflesso il giocatore, si appresta a intraprendere. Basti pensare che già nei primi minuti di gioco ci si imbatte nelle rovine del Tempio del Tempo, e che tra i ruderi di questo edificio è possibile udire alcune note frammentate suonate da un pianoforte, interrotte sporadicamente da lunghe pause in cui si sente soltanto il suono della natura e dei passi del protagonista soffocati dall’erba.

È qui che possiamo ascoltare una versione rivisitata dello stesso tema del Tempio del Tempo utilizzato in Ocarina of Time. Il compositore Manaka Kataoka ha dunque voluto omaggiare uno dei capitoli più amati — se non il più amato — dai fan della serie, sfruttando il fattore nostalgia e il silenzio per far comprendere immediatamente la direzione che il gioco e la narrazione avrebbero preso.

Pur non mancando alcune tracce più scanzonate in concomitanza di alcune sequenze genuinamente ironiche, la colonna sonora di Breath of the Wild si mantiene su questo tono iniziale fino ai titoli di coda, accompagnando l’utente in un viaggio alla scoperta di una Hyrule devastata dalla calamità Ganon, sfruttando sapientemente l’assenza di suono soprattutto durante l’esplorazione.

Tuttavia, come detto qualche paragrafo più indietro, la storia di Breath of the Wild è anche piena di speranza. Ecco perché durante i temporali le musiche si fermano per lasciare spazio alla potenza distruttrice della tempesta, ponendo l’accento sui fulmini e sulla pericolosità del viaggiare sotto un tremendo acquazzone, ma una volta passato il diluvio la colonna sonora torna a farsi nuovamente viva, evidenziando il ritorno alla normalità e lo scampato pericolo.

kass the legend of zelda breath of the wild
Toss a coin to your Witc… no, scusate, sbagliato saga.

La speranza si manifesta anche — e soprattutto — nella figura di Kass, il menestrello che canta le storie del passato, di come Ganon venne sconfitto decine di millenni addietro con l’auspicio che anche Link possa fare lo stesso. Ecco dunque che il silenzio diventa funzionale alla scoperta della posizione del bardo alato, giacché durante l’esplorazione è sempre possibile udire in lontananza le note della sua canzone.

Senza il silenzio assoluto, o quasi, non sarebbe possibile decifrare chiaramente la posizione di Kass. La narrazione di Breath of the Wild ha bisogno dei versi del Rito menestrello, che a sua volta ha bisogno del silenzio per poter essere raggiunto da Link nelle distese post-apocalittiche di Hyrule.

Le canzoni di Kass hanno poi il triplice scopo di motivare il protagonista, gettare luce sul passato e fornire la posizione dei santuari che servono a potenziare Link e a prepararlo allo scontro con Ganon per porre fine, una volta per tutte, alle sofferenze della principessa Zelda e della stessa Hyrule.

Il silenzio è dunque uno strumento importante quanto può esserlo un pianoforte, un violino o una tromba, e può essere impiegato sia dai game designer che dai compositori non solo come espediente ludico con un impatto più o meno marcato sul gameplay, ma anche e soprattutto come mezzo per veicolare un messaggio narrativo e gettare le fondamenta su cui instaurare il mood di un’opera intera.

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Daniele “Alteridan” Dolce
Frequenza Critica

Mi piace scrivere di ciò che mi passa per la testa. Prevalentemente di videogiochi, film e serie TV.