Brexit — Europa sempre meno unita

Daniele Amatulli
Giovani Democratici Alberobello
3 min readJun 11, 2018

Il 23 giugno i cittadini britannici potranno decidere se essere ancora cittadini europei. Il cosiddetto Brexit si avvicina e si concretizzano sempre più le contraddizioni per una scelta che, volente o nolente, riguarda ogni componente dell’Unione Europea.

Se il premier Cameron si schiera per i pro-Europa, dopo aver ridefinito gli accordi di permanenza nell’UE, ritrova il Partito Conservatore spaccato nella scelta con un’ala nazionalista i cui animi non sono stati placati nemmeno dalla concessione del referendum.

La mancata permanenza della Gran Bretagna può avere risvolti negativi dal punto di vista economico per se e per l’UE, dato che potrebbe “paralizzare la crescita e creare problemi nei rapporti commerciali”, a detta del CEO di Allianz GI. Persino la Bank of England si esprime a riguardo, affermando che il Brexit causerebbe “contrazione dei posti di lavoro e un ulteriore rallentamento della crescita dell’economia del regno” oltre ad “un’impennata dell’inflazione”. Insomma, pare evidente che l’uscita dall’Europa causerebbe una riduzione dei redditi dei lavoratori a causa di una maggior inflazione e, in ogni caso, l’economia ne sarebbe colpita con grossi tagli ai posti di lavoro. Un enorme danno per l’economia britannica.

I risvolti politici che potrebbe causare in Gran Bretagna sono allo stato attuale incalcolabili, ma se consideriamo il periodo storico — con crisi economica e il pericolo del terrorismo — si rischia un allargamento dei consensi per le parole d’ordine nazionaliste ed euroscettiche in tutta Europa. Ma se i risvolti in caso di vittoria degli euroscettici sono preoccupanti, una vittoria dei Pro-Europa confermerebbe gli accordi presi tra Cameron e l’Unione Europea.

Di fatto sono proprio i termini dell’accordo a preoccupare; Cameron rivendica uno statuto speciale e che mai farà parte del “superstato europeo”. L’elemento principale dell’accordo, oltre al tanto decantato recupero della sovranità, riguarda il limite per l’accesso dei lavoratori europei — accusati di sfruttare il sistema di walfare britannico — per 7 anni fino al 2024.
Il grado di autonomia per banche, assicurazioni e istituzioni finanziarie inglesi ha rappresentato il punto più delicato dell’accordo; un’autonomia ridimensionata — grazie all’opposizione di Francia, Germania, Italia, Lussemburgo e Belgio — dall’obbligo di condizioni di parità nel mercato interno, oltre a non essere esente dal controllo delle autorità europee.

Ma l’accordo pare non essere stato digerito da tutti: L’Ukip (l’ala nazionalista con leader Nigel Farage) lo considera “patetico”, mentre anche il Partito Conservatore si spacca; non tutti seguiranno Cameron.

Se sul fronte interno la battaglia di Cameron si prospetta dura, il fronte europeo si interroga persino sugli effetti dell’accordo stesso. Un accordo che sradica, anche se solo in parte, i cardini della nostra Europa. Seppur la Gran Bretagna continuasse a far parte dell’Unione Europea, appaiono piuttosto evidenti le divergenze di vedute. Una visione conservatrice, più attenta alle sorti nazionali piuttosto che a quelle comunitarie, con la minaccia di una scissione in piena regola, si impone in un’Europa che deve cambiare per affrontare i temi contemporanei di immigrazione e terrorismo, ma che lo fa eliminando i concetti chiave e fondativi dell’Unione Europea. A prescindere dal risultato referendario, tutti i paesi membri potranno, d’ora in poi, far valere i propri interessi nazionali a discapito dell’Europa stessa; L’Unione Europea, di tutta risposta, per difendere la tenuta del mercato interno, dovrà trattare a ribasso i valori fondamentali che la reggono.

L’Unione Europea non può cambiare sulla base della sola bilancia politica di ogni singolo stato, dando ragione ora al volere di forze conservatrici, ora apertamente di estrema destra; Non si possono mettere in discussione i principi fondamentali dell’intera comunità solo per difendere gli interessi di una singola nazione. Allo stato attuale i diritti fondamentali, come Schengen, sono come carta straccia se non sanciti in un atto normativo fondamentale. L’evoluzione europea, la vera evoluzione comunitaria, risiede nel coraggio di ogni singolo Stato nazionale nell’avvicinare le istituzioni europee ai cittadini, potenziare la democraticità dell’Europa e nel puntare ad una integrazione più profonda tra i paesi. La Gran Bretagna, nel suo storico ruolo di egemone periferico dell’Europa, intende fare l’opposto.

- Daniele Amatulli

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