La leggerezza di Pascoli, Narratore dell’Avvenire.

Dietro le quinte del docufilm su Giovanni Pascoli, che rivela il poeta inedito, contemporaneo, resiliente e vicino agli ultimi.

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Intervista/dialogo tra il Regista Mauro Bartoli e la direttrice dei musei Parco Poesia Pascoli Rosita Boschetti.

R.B.: Come è nata l’idea di realizzare un film su Giovanni Pascoli? Da una tua passione per un Poeta che già conoscevi o è scattato qualcosa che ti ha portato a interessarti a Pascoli?

M.B. L’idea di un film su Pascoli nasce da un mio interesse nato in occasione del Centenario della morte del Poeta, nel 2012, quando furono realizzate diverse iniziative celebrative, anche a San Mauro Pascoli. Ero a conoscenza di altri film già realizzati su Pascoli, ma nessuno di questi teneva conto di un fatto importante, che poi è il vero motivo che mi ha spinto alla realizzazione di un docu-film. Ossia su Pascoli stava avvenendo un lavoro interessante che stava aprendo a nuove strade, a nuove narrazioni. La molla definitiva è stata la scoperta dell’archivio desecretato da cui sono emerse le lettere del Poeta ad amici e al fratello: un flusso continuo di Pascoli, da cui emerge la sua confidenza, i suoi desideri e un lato inedito di cui si è mai parlato, che va verso nuove direzioni rispetto a come il Poeta ci è sempre stato raccontato.

R.B.: Come ti sei preparato per affrontare questo film? Come ci si approccia al racconto di un personaggio così importante?

M.B. È ovvio che nel momento in cui affronto una storia devo fare affidamento su quelle persone che quel racconto, quel personaggio, lo conoscono bene, lo studiano. Mi preparo, leggo, cerco materiali. Ma so bene che devo costruire un racconto attraverso chi quella storia la conosce bene. A San Mauro Pascoli ho trovato subito grande disponibilità e ammetto che non è così scontato trovare questo tipo di collaborazione quando si affronta un progetto del genere.

Qui invece ho trovato fin da subito il riscontro necessario perché l’ “impresa” potesse partire subito — e a volte non è così: il Sindaco Luciana Garbuglia ha aderito fin da subito con grande entusiasmo all’iniziativa e con lei ho potuto contare su persone tutte accomunate dallo stessa passione, a partire da te Rosita: la tua collaborazione è stata fondamentale. Ho sentito che c’era fiducia e che stavo lavorando con persone convinte: questo è un presupposto fondamentale per la riuscita del progetto. Ed è attraverso queste collaborazioni che il progetto ha preso la sua “strada” narrativa, partendo da San Mauro.

R.B.: Collaborando e confrontandosi può succedere che anche le ipotesi da cui si parte possano poi prendere altre strade, come appunto ci hai raccontato. Qual era la tua idea iniziale, che tipo di emozioni pensavi di voler trasmettere con il film e cosa è cambiato nel corso della lavorazione?

M.B. Anzitutto ho subito capito che c’era la possibilità di realizzare un contenuto poetico. Ho pensato che la poesia di Pascoli dovesse essere un elemento del film, ma che dovesse risuonare solo in certi momenti per acquisire ancora più forza. Ho però abbandonato l’idea di fare un film cronologico, biografico: non volevo un film che ripercorresse tutta la vita di Pascoli ma che mantenesse una forte carica emotiva. Con l’obiettivo di raccontare il nuovo Pascoli, attraverso tre fili conduttori intrecciati tra loro ma in grado di sviluppare la narrazione: un elemento è la voce di Pascoli, per cui le sue lettere, una voce intima con cui lui parla agli amici, al fratello e quindi a qualcuno che gli è vicino e lontano allo stesso tempo e con cui è possibile mantenere un rapporto scrivendo; un altro filo conduttore è il racconto degli studiosi, che Pascoli lo hanno letto e approfondito: ognuno di loro ha un ruolo che lo caratterizza perché porta con sè nel film un aspetto di Pascoli; infine la sua Poesia, e quindi i versi di Pascoli che entrano nella narrazione e risuonano con una grande carica poetica e emotiva tanto da farcelo sentire vicino.

È così che le persone possono immedesimarsi in Pascoli e nell’epoca in cui il Poeta ha vissuto: è utile ripensare che siamo in un periodo storico lontano dal nostro, per tecnologia, abitudini, società. Esempio il suo rapporto con le sorelle, che spesso è stato frutto di pettegolezzo, e che invece contestualizzato per l’epoca e al ruolo di Pascoli come fratello maggiore che deve prendersi cura delle sorelle in un’epoca in cui le donne non potevano vivere in modo indipendente come oggi: ecco che diventa interessante far capire che Pascoli, in quel momento, è un uomo della sua epoca.

R.B. Un film su un poeta secondo me deve essere poetico e in questo tu lo hai reso tale. Come sei riuscito a rendere questa delicatezza, questa sensibilità, questo aspetto poetico?

M.B. Una cosa che all’inizio mi spaventava era quella di cadere in situazioni un po’ scontate. Tipo, banalmente, la lettura della poesia, la musica classica e un certo tipo di immagini che siamo abituati a ricollegare alla poesia, col rischio che una scelta scontata potesse risultare poco coinvolgente. Allora ho inserito intanto una musica che fosse composta per il film e quindi attuale, che fosse comunque di forte carica emotiva che ritroviamo nella poesia di Pascoli.

Per le immagini ad esempio ho utilizzato il drone, ma non per raccontare gli spazi, attraverso inquadrature spettacolari e inedite, dall’alto e con campi lunghi, ma volevo che il drone fosse esso stesso racconto, con una funzione narrativa forte. Per cui ad esempio con le riprese fatte a filo d’acqua sul Rio Salto volevo dare una visione non abituale ma che in quel momento ci facesse sentire l’acqua, gli insetti, le canne che entrano nell’acqua… cioè le immagini che Pascoli ci trasmette con la sua poesia. Il drone diventa quindi portatore di racconto. Anche nel racconto della Cavalla Storna, quel senso di vertigine che percepiamo nella poesia ho cercato di tradurlo in immagini con l’espediente del drone.

Non ho quindi utilizzato immagini per ricostruire il periodo storico, non ho utilizzato attori, ma ho cercato di utilizzare quelle immagini di oggi trasmettendo però la poetica.

R.B. Gli attori non ci sono fisicamente nel film ma ci sono le loro voci e le loro interpretazioni della poesia di Pascoli. Come è avvenuta questa scelta?

M.B. Mi piaceva che ci fossero letture di attori diversi che negli anni hanno lavorato su Pascoli e quindi non registrate ad hoc per il film, perché da una parte volevo far sentire quanti attori importanti nel panorama nazionale hanno dato voce e corpo alla poesia di Pascoli e quindi con l’idea che Pascoli è stato un poeta letto e recitato da sempre; e dare anche valore agli attori che hanno dedicato il proprio lavoro a Pascoli. Per cui c’è una pluralità interessante e percepiamo come ognuno interpreti e renda viva la poesia, letture che restano, restano queste voci (Gassman, Ottavia Piccolo, Battiston): li sentiamo portatori della poesia di Pascoli. Rinunciare quindi a letture ex novo, per questa idea di un archivio esistente di attori e attrici che hanno interpretato Pascoli e lo hanno tenuto vivo.

R.B. Visto che hai parlato di archivio, mi viene in mente che nel film hai intervistato persone che conoscono il poeta, che hanno lavorato sulla sua biografia, sulla sua poetica; nel film emerge soprattutto l’importanza degli archivi — raccontati anche da studiosi che negli archivi ci lavorano da sempre, come Diana Toccafondi, che riesce a trasmettere l’importanza di queste fonti, dei carteggi, dei disegni. Come ti sei mosso per coinvolgere le persone che hai intervistato?

M.B. Ho coinvolto le persone che hanno studiato Pascoli approfondendone alcune particolarità, per cui rispetto ai carteggi le due persone che a livello nazionale le hanno studiate di più siete tu, Rosita, e Alice Cencetti. Per cui era interessante che a parlare di quel carteggio fossero le due persone che dentro a quell’archivio c’erano state: nel senso che va oltre lo studiare ma entrare in quel mondo, cogliere tra le frasi di Pascoli, sentirlo vicino, sentire che le lettere raccontano la sua malinconia ma allo stesso tempo anche lo slancio per il futuro, la consapevolezza di essere un grande poeta. Cosa che a volte non si è valorizzata; un Pascoli un po’ diverso, che voi avete sentito e che avete trasmesso. Viene fuori questo entusiasmo che coinvolge: chi ci parla non è lo studioso che fa una relazione, ma qualcuno che ha scoperto qualcosa di interessante e cerca di comunicare il piacere di quella scoperta. C’è voglia di condivisione che si trasmette con la vostra testimonianza.

Poi andavano coinvolte altre persone che parlassero anche di altri aspetti: Diana Toccafondi indaga sì l’archivio, ma fa una sorta di viaggio esplorativo, cerca, trova e scopre curiosità. La disponibilità di un archivio così imponente ha fatto emergere cose che non troviamo nella poesia: Pascoli che disegna, che prova con le parole e costruisce il racconto attorno alle parole. È un lavoro interessante perché sei con Pascoli alla scrivania mentre compone. E Toccafondi lo trasmette e da valore anche ai disegni di Pascoli che si trasformano nello stesso immaginario pascoliano.

Altre persone, studiosi più legati alla poetica, sono Marco Bazzocchi e Daniela Baroncini: entrano nella poetica di Pascoli per indagarla aprendo nuove chiavi interpretative. Danno l’idea del lavoro poetico. Ci accompagnano dentro al verso. Infine per la parte più sanguigna, del Pascoli politico, giovane e ribelle, ho pensato fosse importante girare nelle cantine della Torre (villa Torlonia), nelle stanza dove lavorano le persone a cui Pascoli si sente vicino, vicino alle persone che faticano, che hanno subito ingiustizie, perché lo stesso Pascoli ha subito ingiustizie. Ed è Miro Gori che ci racconta questo aspetto di Pascoli socialista, rivoluzionario, che ho ambientato dove stavano i contadini, i braccianti e le persone che lavoravano.

R.B. Nel film è importante il racconto del suo tempo, del rapporto che lui aveva con la società che lo circondava, con i contadini, il rapporto con la natura. Che sono poi temi attuali anche oggi. Cosa di Pascoli, fra questi aspetti, è quello che ti ha colpito di più?

M.B. A me ha colpito il suo essere socialista, la sua idea socialista; non di un partito, di una tessera o come appartenente, ma socialista nel cuore. Ecco l’idea di impegno sociale e il ruolo sociale che Pascoli ad un certo punto sente di avere, e che diventa voce anche popolare, nel senso del popolo; è l’aspetto che mi è piaciuto di più perché è stata una grande scoperta per me. E quindi è diventata una chiave di lettura di ciò che Pascoli ha scritto, parlando delle proprie vicissitudini, parlando di sé, delle ingiustizie subite, delle stesse ingiustizie subite dal popolo. Ed è un tema tra l’altro attuale perché parla di ingiustizie al suo tempo, dando voce a chi una voce non ce l’ha, soprattutto quando parla di emigrati italiani. Pascoli racconta bene questo spaesamento che coglie le persone che approdano in un paese diverso da quello di origine dove non possono più parlare la propria lingua, perdendo quindi parte della propria identità. Pascoli lo racconta bene, perché per un poeta che lavorava con le parole, penso sia stata una delle violenze più grosse, quella di non poter più parlare usando la propria lingua.

R.B. Il titolo del film “Narratore dell’Avvenire” è molto bello, diretto ed evocativo. Da dove viene?

M.B. L’ho estrapolato da un discorso molto bello che Pascoli fa agli studenti all’Università di Messina. Pascoli non voleva che uscissero dalla propria bocca le parole che le persone volevano ascoltare; quindi non cerca di raccontarsi per piacere, ma racconta in funzione della propria idea del racconto. In questo discorso agli studenti in pratica dice “ se sono un poeta non lo faccio per dare soddisfazione alle persone; parlo in funzione di quello che sento dentro, intimamente; per cui se sono un poeta sono un narratore dell’avvenire, narratore ed anche esploratore dell’avvenire. Non dice quello che si avrebbe piacere di sentire, che i suoi contemporanei vorrebbero sentire, perhé quel piacere si esaurirebbe nel momento, ma dice ciò che sente, nel mondo, cose che poi rimarranno.

R.B. Certo, infatti lui desiderava che la sua poesia rimanesse e che parlasse alle generazioni future, e di questo ne sembrava quasi certo, che sarebbe rimasta.

R.B. Invece qual è stata la parte più difficile di questo lavoro per te?

M.B. Avrei voluto raccontare la sua passione per la musica, invece alla fine ho dovuto rinunciare e e nel film non viene fuori molto. Quindi la difficoltà è stata rinunciare ad alcune cose che avrei voluto raccontare. Poi la difficoltà, che c’è sempre quando giro un film, è la paura di non riuscire con il film a raccontare in modo corretto la storia, in questo caso di una persona e del suo lavoro. Una paura di sbagliare, di dimenticare.

R.B. E il tuo desiderio nei confronti del pubblico qual è: che cosa ti aspetti di trasmettere? Il Pascoli nuovo, inedito a cui hai dato rilievo attraverso il tuo film, o un aspetto evocativo particolare? Ecco, cosa ti auguri che possa suscitare questo film?

M.B. Intanto mi auguro che susciti l’interesse verso un Poeta che siamo abituati a studiare perché si deve. Per cui riuscire a rompere quel meccanismo che ci porta a studiare Pascoli solo perché la scuola me lo chiede. Aver sentito che persone che hanno visto il film, sono andate a rileggersi le poesie: ecco che si tratta di un interesse e un trasporto verso Pascoli che si allontana dall’obbligo scolastico. E che ci porta ad una curiosità verso una persona, il suo lavoro, la sua vita, le sue idee e capacità poetiche e di scrittura che sono veramente straordinarie. Quindi la speranza è che si tolga quella pesantezza che da sempre avvolge il Poeta e che lo si voglia leggere non per obbligo ma per scoprire quello che voleva dirci attraverso nuove chiavi di lettura. La sua è una scrittura forte, coinvolgente che porta un messaggio importante ancora oggi.

R.B. Devo dire che effettivamente mancava per gli studenti uno strumento che trasmettesse la poesia di Pascoli in questa maniera evocativa e se vogliamo immediata. Il riscontro di pubblico nei confronti Pascoli e delle sue poesie lo abbiamo sempre constatato in questi anni, però nei confronti dei ragazzi mancavano queste modalità di comunicazione così efficace. È quindi importantissimo per avvicinare i giovani a un Pascoli nuovo, più vicino a loro e dare queste emozioni attraverso musica e immagini, che è quello che cercano i ragazzi. Quindi ti ringrazio per questo lavoro che speriamo di promuovere al meglio. Sarebbe anche bello realizzare un altro film, magari su Pascoli e il suo viaggio in Italia.

M.B. Effettivamente nel film non ho dato rilevanza alle città, ai luoghi in cui Pascoli ha vissuto attraverso tappe biografiche. Il film si concentra di più sul Poeta e il suo messaggio. Ma naturalmente sarebbe un bell’aspetto da approfondire, così come il Pascoli insegnante. Alla fine nel film ci siamo tutti dentro: istituzioni, persone, studiosi che si dedicano a Pascoli e che rendono questa idea del viaggio in Italia di Pascoli. Credo che il film possa diventare anche simbolo di questa rete che si sviluppa sul territorio fra città, paesi, terrori, scuole legati a Pascoli.

R.B. Sì, in questo mi collego ricordando che Pascoli infatti è stato anche uno dei primi docenti a sostenere l’importanza della didattica all’aperto, coinvolgendo i ragazzi, un metodo di cui sentiamo parlare oggi più che mai. E anche su questo era davvero un anticipatore dei tempi moderni, che ancora una volta ci dà prova del suo essere davvero rivoluzionario.

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