Le città pascoliane: Barga

Barga è la patria di quasi tutta l’opera mia.

Con queste parole, nel 1911, Giovanni Pascoli riassumeva i sedici anni trascorsi nella cittadina scelta come dimora elettiva dal 1895.

Pascoli giunse a Barga quasi per caso quando, insegnante presso il liceo Niccolini di Livorno, cominciò a vagheggiare il desiderio di una casa in campagna. La conoscenza con due personaggi del luogo, Giulio Giuliani e Carlo Conti, lo condusse in Valle del Serchio, dove scelse di prendere in affitto una villetta settecentesca, proprietà della famiglia Cardosi Carrara, ubicata nella frazione di Castelvecchio.

Giovanni Pascoli con la sorella Maria e il cagnolino Gulì nel giardino di Castelvecchio
Giovanni Pascoli con la sorella Maria e il cagnolino Gulì in un momento di svago a Castelvecchio

Qui il letterato si stabilì con la sorella Maria e il cagnolino Gulì il 15 ottobre 1895, genetliaco di Virgilio, data che avrebbe dovuto simbolicamente rappresentare la propria rinascita poetica. E così fu: gli anni trascorsi a Castelvecchio e Barga, quando non era impegnato con la docenza nelle varie città italiane, costituirono un periodo prolifico e fertile. La Valle del Serchio e la sua gente costituirono per il poeta una continua fonte di ispirazione, tanto da dare a una delle sue più famose raccolte il titolo di “Canti di Castelvecchio”. Nelle sue liriche confluirono i paesaggi, i dialetti, le tradizioni del popolo e maturarono tematiche ancora oggi attuali come l’attenzione per l’ambiente o per problemi di rilevanza sociale come l’emigrazione.

Barga comprese subito il valore del suo nuovo concittadino, tanto che, ad un anno dal suo arrivo, egli fu invitato a tenere l’orazione ufficiale per i 400 anni dalla morte dell’umanista Pietro Angelio; fu solo la prima di numerose, simili occasioni.

Barga in una cartolina di inizio ‘900
Barga in una cartolina di inizio ‘900

Nel 1897 gli fu tributata la cittadinanza onoraria; nel discorso di ringraziamento il poeta pronunciò le celebri parole:

Cercavo un anno fa un luogo appartato e solitario dove fare certi miei poveri lavori e ribevermi certe mie povere lagrime in pace. Venni a Barga. Vidi che “c’era bello” e sostai. Ora la vostra accoglienza, o cittadini di Barga, mi dice che in questi luoghi “c’è buono”. Dove è la bellezza e la bontà il cuore dell’artista non ha altro a desiderare. Io rimarrò qui.

Nel 1902 Pascoli acquistò la casa di Castelvecchio coi proventi di alcune delle medaglie d’oro ottenute al Certamen Poeticum di Amsterdam.

Il rapporto con Barga non fu però sempre sereno: Pascoli fu coinvolto in prima persona nelle vicende politiche e amministrative che animarono la cittadina nei primi anni del ‘900 e che vedevano schierate in contrapposizione la fazione conservatrice del vecchio notabilato locale e la parte progressista, foraggiata dagli emigranti ritornati al paese natio dopo aver fatto fortuna all’estero.

Il poeta fece la sua ultima uscita pubblica proprio a Barga, già duramente provato dalla malattia, il 26 novembre 1911 presso il Teatro dei Differenti dove pronunciò il celebre discorso “La grande proletaria si è mossa”.

Il Teatro dei Differenti di Barga, scenario di alcune celebri orazioni pascoliane
Il Teatro dei Differenti di Barga, scenario ad alcune celebri orazioni pascoliane

Recatosi a Bologna nella speranza di migliori cure, vi si spense il 6 aprile 1912. La sua salma fu subito traslata a Barga e dal 6 ottobre di quell’anno riposa nella cappellina attigua alla casa di Castelvecchio.

La sorella Maria continuò a vivere nella bicocca di Caprona, conservandola esattamente come era ai tempi di Giovanni. Fino alla propria morta, sopravvenuta nel 1953, ella lavorò alacremente all’edizione dei volumi pascoliani e alla divulgazione della memoria del fratello.

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