Gli effetti di Internet sulla partecipazione, sulla politica e sull’azione collettiva

Capitolo 1

1.1 Internet e la partecipazione

La definizione di Internet come insieme di interconnessioni a livello globale di calcolatori, sistemi, dispositivi e sensori è certamente cambiata nel corso degli anni e oggi, in modo particolare, si può arricchire di significato se si guarda agli utilizzi principali che ne fanno le persone. In questo senso, Internet è un mezzo di comunicazione che coinvolge tutti i soggetti che dispongono di uno strumento per accedervi, e che consente di ottenere e scambiare informazioni, lavorare e dare vita a un ecosistema (Ventre, 2015). Internet è animata dai contenuti creati dalle persone e assume, di conseguenza, una forma che ricalca il tipo di narrazione con cui la società decide di descrivere i propri approcci alla realtà (De Biase, 2014), all’interno di una logica che punta alla comunicazione, alla registrazione, alla realizzazione e alla mobilitazione (Ferraris, 2014). Di conseguenza, Internet può essere considerato come una piattaforma comunicativa in grado di offrire architetture e funzionalità a supporto della mobilitazione e più in generale dell’azione collettiva e della partecipazione (Alberici e Milesi, 2012).

Una definizione essenziale di partecipazione è questa: la condizione di essere parte di un’entità che consente di compiere azioni di tipo decisionale (Ceri, 1996). In essa coesistono, quindi, due dimensioni dipendenti: l’essere parte e il prendere parte e la prima dimensione è indispensabile per la seconda (Cotta, 1979). La partecipazione deriva dal fatto che i singoli o i gruppi hanno a disposizione dei diritti in grado di attribuire un potere di produzione delle decisioni, o tendono all’acquisizione di essi (Raniolo, 2002). Applicata alla sfera della politica, la partecipazione si traduce in un meccanismo mediante il quale le decisioni politiche sono legittimate ed è, allo stesso tempo, un modo di incidere sul processo politico; Se si prova a unire, infine, le due definizioni appena analizzate di Internet e partecipazione politica, è possibile intendere Internet come uno strumento in grado di consentire lo svolgimento di alcuni meccanismi di legittimazione delle decisioni e come un mezzo con cui gli individui possono essere parte di una pluralità e prendere parte alle decisioni di un gruppo. Un’altra osservazione non meno importante e che verrà approfondita in seguito è che, secondo alcuni approcci di studio, Internet consente l’accesso all’arena decisionale anche a quei soggetti che in altri contesti informativi non avrebbero le risorse o gli strumenti per poter esercitare il proprio potere e peso decisionale.

In effetti, nel corso degli ultimi due decenni gli studi sul rapporto tra Internet e politica hanno conosciuto un notevole sviluppo (Chadwick e Howard, 2009). L’interesse per la materia è incrementato in modo considerevole nel 2000 per via di un avvenimento economico-finanziario, ovvero la crisi dell’economia digitale e il crollo del Nasdaq, l’indice dei più importanti titoli tecnologici della Borsa di New York (Castells, 2001), e di un avvento politico, ovvero le elezioni americane che si tennero il 7 novembre, quando la sfida fu tra il candidato democratico Al Gore e il candidato repubblicano George W. Bush. Negli Stati Uniti i candidati avevano utilizzato Internet per sperimentare nuove forme di interazione con gli elettori già a partire dal 1994 ma le elezioni del 2000 rappresentano un punto di svolta poiché Internet divenne uno strumento necessario e indispensabile per fare campagna elettorale e ottenere risultati politici. Da quell’anno, infatti, i candidati cominciano a dedicare impegno e risorse a questo strumento (Bimber e Davis, 2003).

1.1.2 L’evoluzione del dibattito sul tema

Per comprendere meglio il dibattito e l’approccio degli studi sulla questione dell’influenza di Internet sui comportamenti degli individui in politica, è bene tenere presente due dimensioni proprie della partecipazione. La prima riguarda l’insieme delle azioni degli individui che costituiscono le modalità con cui partecipano alla vita politica: queste possono essere distinte in attive e passive. Le azioni attive sono auto-dirette, ovvero dipendono da criteri e valori interiorizzati, mentre le azioni passive sono etero-dirette, ovvero dipendono da attori esterni (Mayer e Perrineau, 1992; Rodotà, 1997). La seconda dimensione riguarda l’efficacia politica: l’individuo che compie azioni in un contesto politico, come ad esempio l’espressione del voto oppure l’organizzazione di una raccolta fondi, è portato a partecipare in politica in una misura tanto maggiore quanto più è alta la percezione che le proprie azioni siano efficaci (Catellani, 1997).

Il rapporto tra l’influenza dei mezzi di comunicazione di massa e i comportamenti politici comincia a essere analizzato negli Stati Uniti attorno al 1950. I sociologi Lazarsfeld e Merton parlano di disfunzione narcotizzante riferendosi all’effetto che si sarebbe potuto verificare sui cittadini a seguito di una lunga esposizione ai mass media (Lazarsfeld e Merton, 1948). In altre parole, un’ampia esposizione alla comunicazione di massa non si traduceva in un maggior interesse e una maggiore partecipazione alla vita politica bensì nella diminuzione dell’impegno civico (Mazzoleni, 1998). Una precisazione da fare è che negli studi di Lazarsfeld e Merton non compariva ancora come mezzo di comunicazione di massa nemmeno la televisione. Un approccio meno pessimistico si può ritrovare, sempre nello stesso periodo, nel lavoro di altri sociologi come Cooley, Park e Wirth, secondo i quali l’impatto dei mass media dapprima sulla società americana e successivamente sul mondo, avrebbe conferito all’opinione pubblica maggiore informazione e consapevolezza, permettendo di vivere una nuova forma di democrazia, molto simile a quella tipica delle poleis greche (Statera, 1987).

Il dibattito che venne a crearsi è quindi costituito da due polarità distinte e contrarie: quella che sostiene una riduzione della partecipazione e quella che immagina un’espansione delle opportunità di partecipazione, causata o favorita, a seconda dell’approccio, dalla diffusione dei mass media. Questa dialettica si mantiene intatta fino al 1990, quando hanno già fatto comparsa media e tecnologie ben più sofisticate e di portata ancora maggiore, come la televisione ma soprattutto Internet, e si ripropone nella contrapposizione tra gli approcci cosiddetti apocalittici e quelli cosiddetti integrati (Mosca e Vaccari, 2011). Gli approcci apocalittici vedono nelle nuove tecnologie dell’informazione e della comunicazione uno strumento con cui è possibile controllare e opprimere i cittadini; quelli integrati considerano i nuovi media e Internet in particolare come degli strumenti in grado di ridurre o annullare le distanze tra cittadini e politica e favorire l’inclusione all’interno dei processi decisionali (Bentivegna, 2002).

Nell’ultimo decennio, questo tipo di dibattito ha lasciato il posto a una discussione più incentrata sull’ipotesi che Internet possa esercitare un ruolo di agente modificatore delle relazioni di potere in un contesto decisionale politico, e su quali siano le modalità con cui ciò si verifica (Mosca e Vaccari, 2011). Da questo punto di vista, esistono tre diversi approcci: secondo alcuni, Internet causa un effetto di equalizzazione e offre agli attori marginali della politica la possibilità di accrescere il proprio peso grazie all’accesso a canali comunicativi a basso costo; secondo altri, con il tempo Internet è soggetto a una logica di normalizzazione per cui gli attori tradizionali della politica prendono il controllo di questo strumento (Margolis e Resnick, 2000); Secondo altri ancora, Internet viene usato dagli attori tradizionali della politica per rafforzare ulteriormente visibilità e influenza. Il contributo di Zeynep Tufekci è senz’altro pertinente e di notevole interesse se si considera che le nuove tecnologie dell’informazione e della comunicazione consentono una raccolta di quantità elevate di dati ed elaborazioni: secondo la professoressa, il sistema mediatico basato sui mass media avrebbe conferito maggiore potere a chi già ne aveva; Internet, invece, consente interventi persuasivi e la creazione di architetture sociali ad impatto estremamente capillare grazie all’elaborazione dei big data, che quindi conferisce un notevole potere ai soggetti che detengono i dati degli utenti (Tufekci, 2014).

1.2 Gli effetti sulla politica

L’incessante sviluppo e progresso delle società avanzate nel campo della tecnologia, la trasformazione dell’ecosistema dei media in una sfera sempre più indipendente dal controllo politico e il mutamento dei partiti dal punto di vista organizzativo, elettorale e funzionale sono tutti fattori alla base della sempre maggiore influenza dei media sulla partecipazione politica (Grossi, 1987; Sani, 2001; Mellone, 2002). I flussi comunicativi in generale, e la comunicazione politica in particolare, sono veicolati dai media all’interno di nuovi meccanismi e processi caratterizzati dalla assenza di filtri e dalla disintermediazione (Raniolo, 2002); dalla presenza di nuove piattaforme e architetture comunicative, come i social network, e di nuovi dispositivi che consentono un accesso all’informazione sempre più immediato e personale: a questo proposito, è sufficiente pensare ai più recenti sviluppi nel campo della tecnologia mobile e della wearable technology.

La rivoluzione delle telecomunicazioni, che secondo Farrel e Webb costituisce il nuovo capovolgimento dopo la rivoluzione televisiva (Farrel e Webb, 2002), è anche indicata come era post-moderna della comunicazione politica (Norris, 2002), e si declina in un contesto caratterizzato da nuove tecnologie dell’informazione e della comunicazione disintermedianti, locali e globali al contempo, rapide, con un certo livello di interattività, multimediali e a basso costo, che consentono la realizzazione di flussi di comunicazione verticali, come ad esempio tra politici e cittadini, ma anche orizzontali, come ad esempio tra gruppi di cittadini (Bentivegna, 2002). Lo studioso americano Bimber esclude che le rivoluzioni dell’informazione influenzino in modo significativo la partecipazione politica degli individui ma allo stesso tempo evidenzia che sono fattori di trasformazione identitaria e strutturale per gli intermediari politici, ovvero per la dimensione organizzativa della politica che sta tra i cittadini e le istituzioni, come ad esempio i partiti. Secondo Bimber, quindi, con le fasi di rivoluzione si verifica la nascita di nuovi soggetti di intermediazione politica. Nel caso specifico della rivoluzione digitale, emergerebbero partiti politici definiti post-burocratici, caratterizzati da una struttura leggera e in grado di organizzare le comunità politiche con risorse minori e rimanendo al contempo meno legati ai membri rispetto al passato. Le modalità organizzative, inoltre, sarebbero caratterizzate dalla tendenza a concentrarsi su issue sempre più specifiche (Bimber, 2003) e questo favorirebbe, secondo alcuni, modalità di partecipazione all’azione collettiva basate sulle esigenze e sulle preferenze dell’individuo (Micheletti e McFarland, 2010). La comunicazione politica dei grandi partiti di massa, che si basava sulla relazione di appartenenza tra l’elettore e i partiti stessi (Sani, 2001), lascia il posto a procedure comunicative che, forti degli effetti non trascurabili dei media sugli individui (Barisione, 2001), puntano a influenzare e mobilitare in modo permanente gruppi ben più vasti di quello degli iscritti o dei militanti del partito, proponendo temi, argomenti e immagini in grado di attrarre più elettori possibili. L’elettorato di appartenenza svolge in questo senso un ruolo di testimone e di amplificatore dei messaggi del partito (Pasquino, 2002). Questo nuovo schema determina la nascita dell’elettore d’opinione, sulle cui scelte influiscono maggiormente gli input e i messaggi di breve periodo piuttosto che la struttura sociale o l’identificazione partitica (Rose e McAllister, 1986).

Le piattaforme e i servizi digitali costruiti su Internet consentono di scambiare informazioni e interagire politicamente in modo significativo, attraverso le loro architetture, le interfacce, le funzioni e gli algoritmi (Sani, 1996). Questi luoghi virtuali sono disponibili a chiunque sia nelle condizioni fisiche e culturali di accedervi e tendono a favorire una globalizzazione della sfera della pubblica opinione (Habermas, 1962) e un accesso immediato a differenti modelli organizzativi e culturali (Bauman, 2014). Le nuove tecnologie dell’informazione e della comunicazione hanno un impatto non solo sul rapporto politico che sussiste tra i governanti e i governati (Pasquino, 2002), ma anche sul rapporto organizzativo e partecipativo dei cittadini, configurando un futuro prossimo e possibile all’interno del quale media civici favoriranno l’incontro di persone con interessi affini ma al contempo offriranno la possibilità di mettere in compartecipazione le idee e i processi per trovare soluzioni ai problemi della convivenza (De Biase, 2014). L’attuale ecosistema dell’informazione e della comunicazione è caratterizzato dall’abbondanza delle informazioni e dei dati (Bimber, 2003) e da tecnologie digitali che sembrano facilitare un’evoluzione delle organizzazioni tradizionali nelle già citate organizzazioni post-burocratiche o in organizzazioni senza organizzazione, che ricalcano strutturalmente le logiche e le architetture dei media sociali e di Internet, specialmente nel caso dei gruppi informali (Shirky, 2008). Certamente si verifica una dinamica convergente tra le forme organizzative e le modalità d’azione proprie dei partiti e quelle proprie dei movimenti, concettualizzata come ibridazione organizzativa (Mosca e Vaccari, 2011), che consente di estendere le opportunità e le modalità di partecipazione.

Internet si configura come un mezzo in grado di avere un impatto sulla partecipazione politica poiché in esso si possono verificare mutamenti nella diffusione dell’informazione politica, nei modi di comunicare e nella costruzione stessa della sfera pubblica (Mosca e Vaccari, 2011). I nuovi media digitali svolgono un ruolo chiave nel fornire una risposta alle nuove esigenze di partecipazione offrendo piattaforme in grado di favorire la costruzione di un’organizzazione e il coordinamento di azioni, alcune delle quali erano già esistenti prima dell’evento di Internet, mentre altre sono nate proprio grazie alle logiche della Rete (Van Laer, Van Aelst, 2010). A ogni modo, la distinzione tra la dimensione delle logiche e delle azioni online e quelle offline, presente soprattutto nelle prime analisi del rapporto tra Internet e partecipazione politica (Mosca e Vaccari, 2011), perde di senso se si considera che il grado di diffusione della Rete e l’ampliamento dei suoi usi conduce ad un accostamento sempre maggiore della dimensione della vita online con quella offline (Mascheroni, 2011).

Una descrizione sintetica del passaggio dal web 1.0 al web 2.0 potrebbe essere questa: un luogo virtuale che contiene informazioni di facile accesso e consultazioni si trasforma in un ecosistema basato sulle relazioni. Questo passaggio è importante perché ha delle ripercussioni di rilievo sul rapporto tra Internet e partecipazione politica, poiché le caratteristiche strutturali del web 2.0 consentono agli individui di costruire reti di relazioni e collaborazioni tali da originare intelligenze collettive o plurali, a seconda che le piattaforme su cui tali reti si sviluppano diano la possibilità di esprimere azioni omogenee e predefinite per tutti gli utenti oppure siano in grado di assecondare le evoluzioni della costruzione della conoscenza (De Biase, 2014). Internet, quindi, è uno strumento che consente la partecipazione e il coordinamento dinamico, offrendo spazi virtuali scalabili, ovvero in grado di adattarsi ai mutamenti quantitativi della partecipazione (Chadwick, 2009), e differenziabili sulla base delle più specifiche esigenze (Anderson, 2006). Tale partecipazione e coordinamento dinamico possono svilupparsi secondo due logiche: top-down e bottom-up. Nel primo caso, l’orientamento alla partecipazione proviene dall’alto; nel secondo caso, l’organizzazione e la mobilitazione sono definite dal basso (De Rosa, 2000).

1.3 Strutture a rete: Internet, i gruppi e l’individuo

Secondo la letteratura sulla gestione dei sistemi complessi, molti fenomeni appartenenti ai sistemi fisici, biologici e sociali sono caratterizzati da un tipo di organizzazione spontanea, frutto delle interazioni locali degli appartenenti, definibile come auto-organizzazione e declinabile nelle forme di condivisione, disorganizzazione creativa, flessibilità, ridondanza, organizzazione per apprendimento e organizzazione reticolare (De Toni, Comello e Ioan, 2011). L’umanità è certamente un sistema complesso e Internet, la Rete delle reti, costituisce un elemento organizzativo integrante dell’evoluzione umana, favorendo la realizzazione di alcuni processi (De Biase, 2014). Alcune ricerche recenti nel campo delle scienze sociali, psicologiche e antropologiche dimostrano che le azioni individuali dipendono non tanto dall’individuo stesso, quanto dai legami che l’individuo instaura con gli altri, che si sviluppano in reti di relazioni, e dalle tecnologie di uso quotidiano. Esistono pertanto delle curiose assonanze tra le strutture di Internet e dei social media (basate su reti di relazioni) e quelle delle società stesse e il confronto può chiamare in gioco anche il sistema dei neuroni, le unità cellulari costituenti il tessuto nervoso degli esseri viventi. Gli scambi che avvengono nelle relazioni producono delle modificazioni sul piano dello sviluppo cerebrale, che a loro volta si ripercuotono sulla soggettività individuale (Golitko, Shafie e Terrel, 2014). L’intersoggettività è una condizione data dalle connessioni tra le capacità cerebrali di ciascun individuo coinvolto e si concretizza, in modo particolare, nell’attivazione dei percorsi neuronali del sistema dei neuroni specchio, che si verifica quando un soggetto compie una specifica azione ma anche quando osserva un altro soggetto compiere la medesima azione. Le funzioni cerebrali, pertanto, si possono tradurre in una mappa e i soggetti che vivono insieme un’esperienza condividono tale mappa di funzioni attraverso il sistema dei neuroni specchio. Un’ulteriore osservazione interessante è che il senso della lontananza interviene sull’attivazione o meno delle scariche neuronali che derivano dall’osservazione di una esperienza (Ammaniti, Gallese e Rizzolatti, 2014). Secondo Cass Sunstein e Richard Thaler, la mappa cerebrale individuale è influenzata dalla società attraverso l’informazione e la pressione da parte di soggetti alla pari. L’informazione serve a inserire l’individuo in un contesto di senso e la pressione dei pari è esercitata da gruppi di individui ristretti ma rilevanti per il soggetto che subisce la pressione (Sunstein e Thaler, 2008).

1.4 Gli effetti sull’azione collettiva

Anche la psicologia sociale nutre un interesse per il ruolo di influenza svolto da Internet sull’azione individuale e collettiva (Clark e Themundo, 2006; Foot e Schneider, 2002). Le dinamiche rilevate sono la crescita dell’interesse degli individui nell’utilizzo delle forme di comunicazione online (Alberici e Milesi, 2012) e la trasformazione dei social media in una struttura fissa della comunicazione collettiva e politica (Claridge, 2007), guardando al potenziale supporto che Internet può avere nello sviluppo dell’azione individuale e collettiva (Brunsting e Postmes, 2002) e ai meccanismi comunicativi intragruppo. Alcuni elementi di approfondimento di un certo interesse provengono dall’analisi di Aaron Balick, che individua nella ricerca di un riconoscimento da parte di ogni individuo il perno fondante della relazione sui media sociali. Gli individui desiderano riconoscersi per costruire la propria identità (Balick, 2013). Si può quindi sviluppare un’analisi guardando prima all’approccio di ricerca più incentrato sull’azione individuale e poi a quello che si concentra sull’indagine dell’influenza di Internet sull’azione collettiva.

Sul piano individuale, sono di un certo interesse le considerazioni che emergono dallo studio del fenomeno della personalizzazione della politica, favorita dai media sociali e da nuovi approcci alla partecipazione. Secondo Bennett, si verificano sempre più frequentemente modalità di mobilitazione e coinvolgimento nella partecipazione basate sull’azione collettiva individualizzata (Micheletti, 2003), ovvero sulla capacità dell’individuo di attivare e coinvolgere in azioni collettive le proprie reti sociali, specialmente attraverso l’uso di Internet. L’individuo può ottenere una centralità nel processo di coinvolgimento che riesce a esprimere attraverso la condivisione delle proprie storie, delle preferenze e delle preoccupazioni. Dall’altro lato le organizzazioni, i movimenti sociali e i partiti possono coinvolgere gli individui attraverso nuove modalità basate sull’elaborazione dei valori e dei modi di vivere dei singoli individui (Bennett, 2012). Questa analisi è peraltro in linea con la descrizione dei già citati effetti di Internet sulla politica.

Sul piano collettivo, le coordinate di riferimento sono senz’altro gli studi sulla comunicazione intra-gruppo, che incide sul comportamento del gruppo stesso (Lewin, 1947); il modello SIDE elaborato da Spears e Lea, che teorizza una generale conformità degli individui alle norme di gruppo nelle discussioni anonime online (Lea e Spears, 1992) e gli studi sulle dinamiche di contrapposizione tra gruppi con diversa distribuzione di potere. Il gruppo sociale, ovvero un insieme di soggetti interagenti tra loro che ha la percezione di essere parte di un’entità collettiva e che allo stesso tempo è percepito come tale dall’esterno (Anolli, 2006), declina i propri significati e le proprie azioni sulla base di un’identità collettiva. Una forte identità collettiva è il presupposto che consente il coinvolgimento dei membri di un gruppo in azioni collettive che possano portare a un miglioramento della condizione generale del gruppo stesso (Alberici e Milesi, 2012); in modo particolare, l’identificazione con un gruppo politico è quella che maggiormente si collega con l’intenzione di partecipare o con l’effettiva partecipazione ad azioni collettive (Simon e Klandermans, 2001). Altri fattori psicosociali che spingono all’azione collettiva sono la percezione di ingiustizia e l’efficacia di gruppo. Il fatto che un gruppo sociale faccia esperienza di ingiustizie o trattamenti ineguali derivanti da una condizione di illegalità o di mancanza di parità spinge gli individui a intraprendere azioni collettive (Kelly e Breinlinger, 1996). Alcune ricerche hanno approfondito la possibile relazione tra la percezione di ingiustizia e le emozioni in grado di giocare un ruolo determinante nella concretizzazione di azioni di gruppo, giungendo a risultati di diverso tipo. La rabbia, ad esempio, sembra avere un ruolo fondamentale (Leach, Iyer e Pedersen, 2006) ma può anche essere un fattore che determina scarsamente l’azione collettiva; la speranza, invece, sembra giocare un ruolo importante nel motivare i gruppi a supportare il cambiamento sociale (Branscombe, Cichocka, Greenaway, Likki e Van Veelen, 2014). Infine, l’efficacia di gruppo è la percezione che il gruppo stesso sia compatto e abbia le capacità necessarie a raggiungere obiettivi. Quando il senso di efficacia è forte, gli individui di un gruppo sono maggiormente inclini a prendere parte a sforzi collettivi (Saguy, Schellhaas e van Zomeren, 2012).

Tutte queste tre dimensioni psicosociali sono oggetto dell’analisi qualitativa all’interno del terzo capitolo di questa tesi che riguarda un corpo selezionato di email inviate ai supporter di Barack Obama durante il periodo delle elezioni presidenziali del 2012, insieme alle relative sotto-dimensioni, ovvero l’empowerment, i valori morali e la inner obbligation, il ruolo di altri significativi e la pressione normativa. Per empowerment si intende una trasformazione socio- psicologica che si collega alla sensazione di essere capaci di ridefinire il proprio mondo sociale, tipica dei membri dei gruppi in posizione subordinata, che sfidano le relazioni di potere esistenti (Reicher e colleghi, 2009); i valori morali sono quei valori considerati come assoluti e che il gruppo rispetta e fa rispettare; la inner obbligation è un imperativo morale percepito dalle persone come un forte stimolo alla partecipazione (Morgan e Skitka, 2012); gli altri significativi sono i soggetti con cui le persone di un gruppo entrano in contatto sia fisicamente sia virtualmente e che hanno un ruolo nella partecipazione e la pressione normativa è la categoria psicologica alla base degli orientamenti delle scelte e delle azioni di un gruppo (Anolli, 2010).

Internet si configura come un medium universale in grado di mettere in comunicazione e coordinare i gruppi sociali nella realizzazione di azioni collettive con un obiettivo comune. La nozione di azione collettiva è naturalmente piuttosto ampia e comprende diverse accezioni. Il focus di questa tesi non sono tanto le forme di azione collettiva che comprendono la protesta, il sabotaggio o la disobbedienza civile quanto quelle che riguardano l’intenzione da parte di gruppi sociali di riconoscersi e organizzarsi attorno a obiettivi politici e di supportare una figura politica in grado di realizzarli, mossi da determinate motivazioni psicosociali in un contesto di mobilitazione politica come una campagna elettorale. In tal senso, Internet è un medium che consente ai gruppi di raggiungere un pubblico più ampio ed è in grado di esercitare un’influenza sulla mobilitazione. È uno strumento di traduzione digitale di molte forme di azione collettiva precedentemente attuabili soltanto offline e una piattaforma in grado talvolta di garantire l’efficacia di determinate forme di azione collettiva e, allo stesso tempo, di offrire supporto all’organizzazione di azioni offline (Postmes, 2002).

1.5 L’azione collettiva per il cambiamento sociale: l’approccio del community organizing

Una trattazione generale del processo di community organizing consente di chiudere il cerchio dell’analisi generale degli effetti di Internet sulla politica e sull’azione collettiva da un punto di vista psico-sociale e di introdurre e contestualizzare il secondo capitolo della tesi più specificamente dedicato alle modalità di interazione e di comunicazione digitale di Barack Obama con i supporter durante le elezioni presidenziali del 2012. Il fenomeno del community organizing si ricollega da più punti di vista agli argomenti trattati in questa tesi. I professori Shutz e Sandy forniscono un quadro completo sull’argomento nel libro “Collective action for social change — an introduction to community organizing”, focalizzandosi sull’approccio dapprima formulato dallo scrittore e attivista Saul Alinsky negli anni ’30 del 1900 e poi ripreso e rielaborato sulla base dell’evoluzione dell’organizzazione dei gruppi.

Barack Obama stesso svolse l’attività di community organizer per conto di un’organizzazione locale di Chicago tra il 1985 e il 1988 e anche l’impostazione delle attività delle sue campagne elettorali nel 2008 e nel 2012 nonché quelle di Organizing for Action dopo le ultime elezioni sono fortemente influenzate da questo tipo di approccio che, secondo l’impostazione che diede Alinsky, comporta la creazione di istituzioni longeve e l’identificazione di leader a livello locale in grado di unificare la voce delle comunità oppresse e fornire gli strumenti di potere necessari a resistere alle oppressioni e a ottenere risultati sul piano sociale. Questa forma organizzativa è particolarmente utilizzata dai gruppi svantaggiati negli Stati Uniti per riuscire a ottenere potere. In modo particolare, si configura una modalità di azione di gruppo basata non tanto sulla protesta quanto sulla capacità di influenzare i soggetti rappresentanti nelle sedi istituzionali adeguate. I community organizer puntano a rendere maggiormente attivi e coinvolti i cittadini nelle azioni che riguardano la collettività locale. Le strategie utilizzate comprendono la realizzazione di campagne, l’esercizio di forme di pressione sociale e politica sugli individui e sui gruppi dominanti e l’organizzazione di eventi e di raccolte fondi, con l’obiettivo di riuscire a modificare gli equilibri e lo status quo di potere a favore delle comunità sotto-rappresentate, povere o oppresse. Tali strategie sono in grado di raccogliere gli individui e mobilitarli nella richiesta di cambiamento sociale. Si tratta, in altre parole, di riuscire a conferire potere a chi ne ha poco o non ne ha affatto, in modo tale da offrire possibilità di successo nella risoluzione dei problemi della comunità. All’interno di una struttura di community organizing è possibile riconoscere e distinguere due ruoli principali: i leader e gli organizer. I primi si occupano del coordinamento della comunità e decidono le tematiche su cui concentrare gli sforzi e le azioni; i secondi si occupano di aspetti logistici e della realizzazione di eventi, momenti di formazione e campagne (Sandy e Shutz, 2011). La creazione di istituzioni locali di lungo termine è un elemento fondante dell’approccio del community organizing, e questo esclude le attività organizzative di una campagna elettorale dall’elenco delle modalità d’azione di questo fenomeno organizzativo. Gli stessi autori del libro citato all’inizio di questo paragrafo escludono che le campagne elettorali di Obama possano appartenere al fenomeno del community organizing.

Tuttavia, sembra che questo modello abbia influenzato non poco la struttura e i meccanismi di funzionamento di Organizing for America prima, e di Organizing for Action in seguito, e abbia determinato un’impostazione organizzativa molto simile a quella dei community organizer, prevedendo in diverse fasi la formazione di leader locali interni all’organizzazione e offrendo vari strumenti, molti dei quali condivisi o sviluppati su Internet, in grado di conferire la possibilità di esercitare potere e pressione sui rappresentanti e i legislatori a livello locale. Un esempio tra tutti è la messa a disposizione dei supporter di contatti e numeri di telefono di legislatori con l’obiettivo di sensibilizzarli su specifici temi e spingerli a prendere in considerazione temi e problemi politici.

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