La mia vera amante: la Morte

Un’insolita compagna. Chi l’avrebbe mai detto?

Gianni Donzelli
Gli Insoliti e i Sospetti
8 min readDec 25, 2016

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“And I am not frightened of dying any time will do I don’t mind. Why should I be frightened of dying? There’s no reason for it you’ve gotta go sometime.
If you can hear this whispering you are dying.
I never said I was frightened of dying”
(The great gig in the sky- Pink Floyd)

L’unico indelebile ricordo che ho dei miei cinque anni è la mia presenza davanti alla bara del nonno, nella vecchia casa di campagna. Non ricordo con quali parole i miei genitori mi avessero preparato. Mi ero alzato sulle punte dei piedi per vedere bene quel corpo che stringeva un rosario fra le mani. Altre morti sono arrivate col passare del tempo, forse una decina, e tutte portavano quel segno appoggiato sul petto. Ma quella croce non è forse il simbolo stesso della vita? Basta guardarsi intorno, scrutare nel profondo gli occhi degli altri, o sentire cosa dicono, vedere cosa fanno, per rendersi conto che ognuno segue la propria croce, sia pure tempestata di diamanti e perle abbaglianti. Queste ultime pesano molto di più e ti costringono a guardarle a vista per timore dei ladri.

Tutto è iniziato con la morte di mio cugino per un incidente con la Yamaha. Doveva essere una domenica di maggio, piena di promesse, mentre la sua ragazza si teneva stretta a lui. Ecco una curva, presa troppo larga. E una macchina dalla parte opposta. BOOM! La ragazza fu sbalzata in un campo, ma si salvó. Fu poi sottoposta ad una lunga riabilitazione.
A nessuno fu permesso di vedere il corpo, date le condizioni. Fu da quel momento che ogni giorno penso alla morte, instancabilmente ad ogni risveglio e prima di addormentarmi. A creare questo gioco deve averci messo lo zampino anche la passione musicale che mi segue da sempre: un tesoro incalcolabile, da quando ero adolescente. Nel periodo dell’incidente la radio trasmetteva Death walks behind you degli Atomic Rooster.

Appunto: andiamo avanti e indietro inseguendo miraggi e fuochi artificiali, e non sappiamo che ad ogni istante la morte cammina dietro noi. Quante volte il caso ha giocato in nostro favore facendoci evitare la morte per un pelo, senza che noi l’abbiamo minimamente percepita?

Capita che un giorno di quel periodo mi sveglio con una domanda. E se anch'io morissi oggi? Fisso il lampadario. Nessuna luce, mai più… tanto per cominciare. Qualcuno avvisa il sacerdote, un altro va in tipografia. Il mio ormai inutile nome viene stampato. É mancato improvvisamente…ecc, ecc. Domani una toccante veglia funebre. Dopodomani la fiamma ossidrica che chiude l’imballaggio zincato, qualche vite per la bara e via andare: chi s’è visto, s’è visto!

Non sono stato tanto lì a menarmelo. Il cervello richiedeva un’azione immediata, da terrorista sentimentale. A quel tempo c’era una graziosa bimba che mi faceva sballare e fino al giorno prima mi svegliavo e addormentavo fantasticando sulla sua delicata voce, sui suoi capelli di seta e sulle sue morbide meraviglie corporali, stracolme di gustose promesse. Non mi importava nulla del mondo, se non di Barbara. Aveva quel vestito a fiori un po’ abbondante che sventolava ad ogni passo e quella bocca che poteva dire solo parole da farti perdere il senso della realtà. C’era un gruppetto di pretendenti e io mi ero fatto delle idee bizzarre, almeno tre. Non le piacevano i secchioni (e io lo ero), non gradiva i miei primi peli post adolescenza (avevo un pizzetto del quale andavo fiero, sono stato tentato di pelarli via), e se la filava solo con le canzoni di casa nostra (figuriamoci se avrebbe sopportato uno che perdeva le notti ascoltando radio Luxembourg). Bastava quel terno per essere assalito da potenti convulsioni intestinali. Ma la quarta, e questa stazionava stabilmente nelle quasi certezze, era ancor più drammatica. Il peggio del peggio: la sua famiglia era un covo di assatanati nerazzurri (avevano appena vinto lo scudetto), con suo padre presidente del fan club locale. Io tifavo per i cugini diavoli. Nella vita si possono cambiare tutte le cose, eccetto la fede pallonara.

Chissà per quanto tempo sarei andato avanti con questa tiritera se non mi fossi fatto quella domanda. Oggi o mai più, può essere il mio ultimo giorno di vita, devo aver pensato più tardi, mentre andavo, zaino in spalla, a prendere il pullman che mi avrebbe portato a scuola. Quando nel pomeriggio mi ha detto sì, con gli occhi lucidi e fissi nei miei come se non avesse aspettato altro, cosa credete abbia pensato? Non ci stavo più con la mente, avrei voluto gridare a tutti i presenti del bar cosa mi stava accadendo. Più in là nel tempo la graziosa bimba dalla voce gentile se ne è andata.

Io e la Morte, invece, non ci siamo più lasciati. Vedete che ora l’ho scritta con la lettera maiuscola? Una forma di amorevole rispetto, come per tutti i nomi femminili di donna. Basterebbe pensare che ognuno di noi è nato da una donna per donare loro la meritata riconoscenza!

Quella stessa sera, al buio prima di abbandonarmi al sonno, abbiamo iniziato il nostro rapporto di mutua attenzione. Ha cominciato Lei, chissà dov'era rintanata: in mezzo ai libri? Sotto il letto? Nel giradischi? Nelle valvole della radio? Non l’ho mai capito, forse cambiava posizione ogni sera. Al buio tutto si fa mistero. Non mi sono per nulla spaventato quando ho sentito quella domanda.
Allora come è andata oggi con la tua bella?”.
“Una meraviglia. Pensa un po’ che mi ha detto che era ora che mi svegliassi”.
“Sei stato molto gentile a pensarmi questa mattina, appena sveglio. Solo le persone malate hanno questa forma di quotidiano interesse nei miei confronti. Ah, quanti rimpianti devo sopportare leggendo nelle loro teste e catturando i loro lamenti”.
“Veramente? Per ciò che mi riguarda devo solo ringraziarti. Sei stata la molla d’acciaio che ha scatenato la mia spavalderia. Non ho avuto nessun timore quando le ho parlato, sembrava tutto proprio come lo desideravo. E ha le labbra che sembrano caramelle gommose: una delizia”.
“Hai quello che volevi. Non commettere l’errore di far correre la mente, potresti trovare bruttissime sorprese pensando al futuro. Lasciamelo dire: non hai idea di quanti poveretti ho conosciuto che han dato spazio al domani, al dopodomani dimenticando le bellezze dell’oggi”.

È iniziata pressappoco così, questa storia magica, ma per molti di voi sarà incomprensibile.

Il mattino successivo, alle cinque, mi sono alzato per recarmi in bagno. Un attimo di prepotente gioia fanciullesca mi ha invaso ricordandomi del giorno prima, e subito dopo ancora quella domanda: ‘E se morissi oggi’? Sarebbero state sufficienti quelle definitive parole a farmi gustare la giornata? Evidentemente sì, ma ancora adesso sono assediato dal mostriciattolo del dubbio: era il pensiero della mia eventuale morte a farmi sentire così leggero e informe oppure era la certezza di ritrovarmi fra le braccia di Barbara?

Alla sera, spenta la luce, la sua voce ha ripreso vita. Me l’aspettavo. Non so se si potesse parlare di un silenzioso patto fra gentiluomini, anche se la Morte ha una sua regalità nel non concedere favori, ma ho capito che quell'appuntamento sarebbe stato definitivo nei giorni a venire.
“Ieri ti ho suggerito di non lasciarti andare nel fare progetti futuri. Mi hai ascoltato?”.
Secondo voi cosa dovevo rispondere? Avevo viaggiato con la fantasia al punto che mi ero giocato la verifica di algebra.
“No. Mi son fatto prendere dall'euforia…”.
“Ho ben visto”.

Da allora ho preso questa abitudine. Dura da sessant'anni. Un pensiero alla Morte appena sveglio e vi giuro che ogni istante del giorno è di una bellezza sorprendente. Di sera, nel buio della stanza, Lei mi tiene compagnia meglio di qualunque altra. Un piacevole resoconto della giornata.

Quante persone si fanno la stessa domanda: ‘e se morissi oggi’? Non ho mai pensato di raccontare in giro di questa amicizia. Un segreto tra noi due: questo doveva rimanere. E poi cosa avrei mai potuto aspettarmi dal mondo fuori? Qualche sommesso risolino, oppure mi avrebbero consigliato una terapia di supporto, se non addirittura preso per pazzo.
E che dire di altri matti, giusto per capirci, che passano per individui ‘normali’, ma che non sanno cosa farsene della propria esistenza? Io non ricordo di aver passato una sola notte insonne. Non ho mai fatto sogni dove compariva Lei. Deve essere stato pure questo un tacito accordo. Volevo ben vedere: dove lo trovava un altro che dai sedici anni in avanti e per tutta la vita, con una doppia quotidiana regolarità, si ricordava di Lei, e con la quale addirittura si intratteneva a dialogare serenamente quando andava a letto? Innamorarsi della Morte? Perché no? È stato un amore comprensivo e liberatorio: niente false promesse, nessuna letale gelosia, accusa, recriminazione, nessun tradimento e soprattutto nessuna fatale noia.
Mi sono liberato di tante mezze verità, intoccabili certezze, indiscusse ragioni della mente che “quelli che sapevano come girava il mondo” mi avevano insegnato con dura testardaggine, degna di un granito. E ho scoperto il fascino delle pochissime cose importanti, in mezzo alla spazzatura e al sudiciume delle inutilità di questo mondo che si avvinghiano, come vampiri affamati, al nostro spirito, offuscandolo.

La Morte mi ha fatto scoprire di avere un cuore, se ciò vi può bastare come spiegazione.

È sempre stata molto sottile, quasi dolce, nel mostrarmi le piccole perle che in altri momenti avrei calpestato.

Non ho viaggiato molto, se ciò significa prenotare aerei da oltremare e dormire in un bungalow sul mare. Lei mi ha fatto intraprendere il viaggio più affascinante e pericoloso, quello dentro se stessi. Ho imparato a sorridere molto di più, senza cadere nel giudizio -che non spetta a nessun essere umano-, e a restituire al mondo una parte delle fortune che la vita mi ha regalato. Le ho ricevute gratis, altrettanto me ne sono sbarazzato. Ma ho anche pianto davanti alle bellezze che sono andato via via scoprendo, anche in mezzo alle bastonate alle quali, ognuno di noi, ha diritto. Pure il dolore, il mio stesso, e quello di chi mi stava intorno, mi ha inchiodato a quella croce di cui parlavo all'inizio. È dentro se stessi che si scoprono speranze addormentate e desideri che non si sono ancora arresi al cinismo o all'indifferenza. Questi ultimi sono quelli che ci portano solo a condurre una vita da vegetali.
Il vero demone non è lontano: si nutre dentro di noi.

Stamani ancora una volta il primo pensiero è stato per questa amante: che compagna benevola! È Lei che ci invita a alzare le vele del coraggio e della compassione e a fidarsi della vita che, nonostante tutto, scorre sempre generosa.

So che non riuscirò a sentire la sua voce questa sera. Ma ho il cuore leggero e lo sguardo brillante, come se andassi all'incontro col primo amore, quasi fosse ancora Barbara ad attendermi. Non ci sarà mai più una stanza avvolta nel buio notturno.
E’ finalmente giunto il momento di aprire gli occhi davanti alla luce di questo Suo Mistero, e di poterla guardare in viso.

GIANNI

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