L’attesa

Gianni Donzelli
Gli Insoliti e i Sospetti
2 min readAug 17, 2017
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Cartello giallo. Scritte nere. Zona militare, vietato l’accesso. Cancello aperto. Poso la bicicletta. Entro. A sinistra un bugigattolo con una finestrella. Porta sprangata. A destra la vecchia piccola caserma a ridosso del faro. Finestre dai vetri grigi. Ingresso chiuso da assi. Tutto sa di sabbia e abbandono. Tutto alla malora.

Pochi passi e sono sopra la scogliera. Il sole batte cattivo. Ho il faro alle spalle. Mi volto. Alzo lo sguardo. Da quanto non illumina più le notti? Per quanto ha tracciato il destino dei pellegrini del mare?.

Gli giro intorno. Mi fermo. L’uomo è lì. Seduto sul cemento. Ginocchia raccolte sotto al mento. Braccia intorno alle gambe. Guarda fisso. Davanti a sé. Non dà alcun segno. Né di avermi visto o sentito. Mi siedo a lato. Mando un saluto che si perde fra i flutti. Lo guardo solo un attimo. Ho il timore di disturbarlo solo osservandolo. Canottiera e pantaloncini. Pelle terra d’ocra. Non ha capelli. Labbra pronunciate. Come se stesse mandando un bacio.

Sotto di noi gli scogli. Un altro segno di vita. Un gabbiano. Ammira l’orizzonte. Nella stessa direzione del vecchio. Non è uno qualunque quest’uomo. E se non fosse solo una comune identità fisica? Se volesse parlare mi aprirebbe gli occhi. Mi sento spesso così banale. Insignificante. Qual è la vera vita? Questo vecchio non mi guarda, eppure la sua distaccata presenza mi mette una soggezione tale che un brivido freddo mi graffia la schiena.

Forse non sono io quello che aspetta. Mi alzo.

Giunto dietro al faro ecco il grido. Ritorno veloce. Scomparso! Dannato vecchio. Muto…può anche andare. Volatilizzato nel nulla no! Si è buttato sulla scogliera? Guardo giù. Li vedo alzarsi. Ecco che distendono le ali e galleggiano maestosi nel vento dell’isola.

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Mi sento scuotere. La luce ferisce i miei occhi. Un sogno. Che peccato. Solo un sogno. Colazione di fretta. Inforco la bici. Cinque chilometri verso cala Azzurra. Il faro. Il cartello giallo. Tutto sa di polvere salata. Bastano pochi passi. Il gabbiano è lì. Immobile. Un soprammobile di ceramica. É in attesa, lo sento.

Mi siedo con le braccia che tengono le ginocchia strette al petto. Ho le labbra secche dalle folate del vento asciutto. Questo non è più un sogno. Ho tutto il tempo che voglio.

Gianni

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