Un ricordo cucito addosso

Carolina Pelosi
gli scritti di real world 1
3 min readMar 19, 2015

--

Marinella tiene un banchetto di vestiti al mercato di Porta Palazzo. E le piace sempre parlare di come comincia a crearli.
Sceglie la stoffa, che sia morbida e bella, come la sua pelle. Osserva i bottoni, quelli migliori, lucidi come i suoi capelli. Sceglie i colori che insieme al vestito saranno primavera. Poi il filo, sottile come le sue labbra e resistente come solo lei sapeva essere nei giorni senza luce e senz’aria.

Stende la stoffa sulla base della sua Borletti, come fosse una coperta che copre un bambino. Tutte le volte il rituale è lo stesso: poggia la stoffa, l’accarezza per stenderla bene, si assicura che ogni cosa sia al posto giusto, controlla da una parte e dall’altra, la stoffa non deve fare grinze. Poi inizia.
E cuce.

Marinella ha cominciato a cucire a venticinque anni, quando è morta sua madre. Avevano un legame viscerale, non potevano bastare a se stesse l’una senza l’altra. Quando lei si ammalò di cancro, Marinella diventò l’altra parte della sua anima. Faceva ogni cosa, dall’occuparsi della casa a controllare che sua madre prendesse tutte le medicine, anche gli anti depressivi. Tutte le volte che sua madre ingoiava uno di quelli, un pezzo di lei moriva, non poteva sopportare l’idea che per non sentirsi a terra dovesse imbottirsi di pasticche. La sua felicità non dipendeva più da lei, e questo la uccideva.

Il giorno del suo funerale la vestì con uno dei suoi abiti preferiti, quello bordeaux, lungo fin sotto le ginocchia, con i bottoni sul petto e il colletto ricamato.
Tornava sempre davanti all'armadio di sua madre per rivederne i vestiti, in lana e in cotone, a fiori e scuri, ricamati e lisci. Sembrava un’esplosione di stagioni, quell’armadio. E, proprio uno di quei giorni, aveva deciso di imparare a cucirne almeno uno bello così.

Il dolore fa fare alle persone cose illogiche. A Marinella faceva passare giornate intere chinata sulla macchina per cucire, con la schiena dolorante e le mani bucherellate dall’ago, soltanto per confezionare un vestito perfetto, un vestito che somigliasse a sua madre. Ogni volta che l’ago la pungeva, rivedeva sua madre in quel letto, quasi senza vita.
Anche adesso, ogni volta che si punge, la rivede così. Succede meno spesso, ma succede.

Dopo estenuanti tentativi, sotto i suoi occhi vide un vestito bellissimo, coi bottoni, come piaceva tanto a lei, col colletto ricamato e una fascia che stringeva all’altezza della vita. Se lo mise addosso e sentì un profumo di vita nuova, un profumo che le ricordava i giorni felici con sua madre. I giorni sul fiume, le domeniche.
Si era cucita addosso un ricordo e non voleva smettere più. Ne cucì un altro, poi un altro e un altro ancora, avevano tutti la stessa forma.
Ce l’hanno ancora, la stessa forma.
E anche adesso, tutte le volte che ne cuce uno nuovo, mentre sceglie la stoffa e i bottoni e il filo, le ritorna in mente lei. Le ritorna in mente quella felicità.

Marinella tiene un banchetto dei suoi vestiti al mercato di Porta Palazzo. Dove tutti possono vederli, dove gente di ogni cultura può comprarselo e mettersi addosso un pezzo di ricordo. Il suo.

--

--