GAIA, lavori in corso

Se l’opera comune vince il disfattismo (e la retorica)

Marco Castellani
GruppoLocale
3 min readJan 30, 2017

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Si è chiuso da pochi giorni il secondo meeting “plenario” che raccoglie insieme gli scienziati che lavorano sul satellite Gaia. Il meeting si è svolto nella bella cittadina di Sitges, poco più a sud di Barcellona. E davanti al mare.

Panorama di Sitges

Ora si sa, la storia è fatta di incontri, più che di ragionamenti, o decisioni a tavolino. La storia di ognuno di noi è in fondo fatta da una trama di incontri. E anche la storia di una impresa scientifica (ed insieme tecnologica) è in fondo questo, appena: una trama di incontri.

Altrimenti, penso, non sarebbe una storia di una avventura umana. Quale la scienza è, propriamente.

Una “instantanea” dall’inizio dei lavori

Così che di questo meeting al quale ho avuto la fortuna di partecipare, trattengo questo, il senso di un ambiente vivo. Proprio a motivo di incontri.

GAIA è un progetto ambizioso (anche qui ne abbiamo parlato diverse volte), è un progetto di cartografia galattica senza precedenti, che aiuterà a comprendere la struttura della Via Lattea ad un livello di conoscenza davvero unico. E di conseguenza, la formazione delle galassie, e in fin dei conti l’Universo tutto. Un grande progetto scientifico: certo non l’unico, ma grande. Un progetto che proprio sul finire dell0 scorso anno è diventato completamente reale e tangibile, che ha dimostrato la sua validità rilasciando alla comunità intera il primo catalogo ufficiale dei dati raccolti (il primo di una serie che procederà per progressivi raffinamenti ed ampliamenti, fino a fornire quel grande catalogo di posizioni e velocità per un miliardo di stelle ed altri oggetti notevoli).

Su un progetto così grande lavorano centinaia di persone, di diversi paesi. E’ veramente una opera comune. Ora focalizzata verso la preparazione di una seconda versione dei cataloghi, ben più articolata, precisa e completa della prima, pur così importante.

Allora è questo, è vedersi radunati in un posto per fare il punto della situazione, che è stimolante. Anzi, è ben più che stimolante. E’ sentire di partecipare ad una cosa reale. E’ vedere e sorridere a persone che sono impegnate in uno sforzo simile al tuo, è rendersi conto di come ogni talento umano possa servire all’opera comune. E’ raccontarsi i risultati, raccontarsi i problemi, per capire (quasi con stupore) che i primi sorpassano i secondi, a smacco continuo di ogni nostro cinismo, a sconfitta reiterata di ogni tentazione verso il disfattismo.

Soprattutto, è vedere che questo cammino all’opera comune avviene attraverso l’umanità delle persone, rispettando il temperamento di ognuno, a volte così irriducibilmente diverso da quello di chi gli sta anche affianco. Questo accento umano è forse ciò che maggiormente viene trattenuto da chi si trova a partecipare a questi incontri.

Ma non è appena questo, mi dico. Come spiegare quel residuo di ottimismo che mi rimane in un angolo della testa, dopo qualche giorno speso insieme a questi altri ricercatori, intenti tutti alla stessa opera?

Azzardo. E’ toccare con mano che l’uomo è capace di grandi imprese, di imprese che si realizzano soltanto se c’è una collaborazione fattiva, e attiva, di tantissime persone. Persone in carne ed ossa, con i loro bei difetti ancora tutti intatti (per citare il verso di una canzone), che comunque mettono mattoni per costruire. E non vi rinunciano.

L’uomo è capace di atrocità, è vero. I notiziari ci rimbalzano questa evidenza in maniera fin troppo pervasiva, percolandola con tragica inevitabilità da ogni media possibile, dal momento in cui ci svegliamo fino a quando torniamo a dormire. E forse il pericolo è di fermarsi a vedere appena questo, e considerare altro come eccezione.

E quando si scopre, o si riscopre, che siamo capaci di costruire, di metterci insieme superando ogni confine di razza o appartenenza culturale e spirituale — quando si riscopre questo, per un momento si respira di nuovo.

Per un momento, siamo davanti all’evidenza del vero. Che è positivo. E sempre nuovo, sempre unico. Come ogni onda che si infrange inesausta sul porto di Sitges.

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