4/10. L’istruttiva storia dei pianeti che non erano pianeti ma raggi cosmici

… O una nova in eruzione?

Michele Diodati
GruppoLocale
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3 min readApr 7, 2017

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Ma è proprio sicuro che quell’improvviso picco di luminosità fosse dovuto a una microlente gravitazionale e non a qualche altro fenomeno? A dire il vero, no. Simili variazioni di luminosità possono accadere, per esempio, nelle cosiddette variabili cataclismiche come le novae. In questo caso, non avremmo più una stella (più o meno) vicina che amplifica con la sua gravità la luce di una stella lontana, ma solo un sistema binario con orbita ristretta, formato da una stella di sequenza principale o da una gigante rossa e da una nana bianca, con quest’ultima che va in eruzione per via del gas strappato alla compagna.

Una nova richiede un sistema binario formato da una nana bianca e da una compagna in orbita ravvicinata. La forte gravità della nana bianca strappa gas alla stella compagna, che si riversa come un flusso continuo sul disco di accrescimento che circonda la nana bianca e poi sulla sua superficie. Superate una certa soglia di temperatura e pressione, si innesca una reazione termonucleare incontrollata che brucia rapidamente la instabile riserva esterna di gas della nana bianca. Visto dalla Terra, l’evento, che si può ripetere periodicamente, appare come un improvviso aumento di luminosità dell’oggetto. Credit: NAOJ

Sahu e i suoi collaboratori avevano ovviamente considerato la possibilità che il fenomeno osservato fosse stato originato non da una microlente, ma dall’eruzione di una variabile cataclismica precedentemente ignota. Scartarono però questa possibilità per una serie di ragioni che riguardavano il colore, l’ampiezza della variazione luminosa osservata e la durata complessiva del fenomeno.

Ma uno studio pubblicato nel 2003 su The Astrophysical Journal a firma di Jay Anderson, Adrienne Cool e Ivan King ribaltò completamente l’interpretazione dell’evento. Per i tre astronomi statunitensi si era trattato proprio dell’eruzione di una nova e non di una microlente gravitazionale. I tre avevano recuperato immagini d’archivio con osservazioni di Hubble risalenti al 1994 e al 1995, che mostravano la stessa regione di M22 in cui era apparsa nel 1999 la presunta microlente (o meglio la presunta nova). Ricorrendo a una serie di elaborazioni software, avevano estrapolato dalle immagini il moto proprio dell’oggetto illuminatosi nel 1999. Secondo loro, lo spostamento della stella nel corso di quei sei anni era una prova indubitabile che essa apparteneva proprio a M22 e non al nucleo galattico, come invece avevano supposto Sahu e colleghi.

A ulteriore conferma della loro interpretazione, Anderson Cool e King riportarono un’osservazione del satellite ROSAT, che aveva visto nel 1992 e nel 1993 una sorgente di raggi X nel cuore di M22. I margini di errore dell’osservazione di ROSAT erano compatibili con la posizione della “loro” nova.

Certo, restavano il problema del colore e della durata del fenomeno: le novae hanno un colore che tende spiccatamente al blu, mentre la stella al centro della controversia era palesemente rossa. Inoltre l’aumento e il declino della luminosità in una nova hanno durate tipiche che non corrispondono a quelle osservate in questo caso. Nel tentativo di conciliare i dati con la loro teoria, i tre ipotizzarono che la luce di questa variabile cataclismica fosse dominata dalla compagna, probabilmente già uscita dalla sequenza principale, una stella che doveva essere dunque più grande del normale e con un’orbita dal periodo insolitamente lungo per questo tipo di sistemi, tale da giustificare l’anomala durata del picco di luminosità osservato nel 1999.

Una costruzione piuttosto ad hoc, a dirla tutta. Ma i tre suggerirono correttamente di continuare a monitorare la stella anche con telescopi terrestri, per verificare eventuali nuovi aumenti di luminosità, che avrebbero confermato al di là di ogni dubbio che si trattava di una nova e non di una microlente.

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Michele Diodati
GruppoLocale

Science writer with a lifelong passion for astronomy and comparisons between different scales of magnitude.