Quasi-pianeta… a chi?

Sappiamo bene come è andata…

Marco Castellani
GruppoLocale
2 min readJan 13, 2017

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Eh sì. E’ storia recente. Plutone ha subito un amaro declassamento da pianeta a quasi-pianeta (o anche pianeta nano) circa una decina di anni fa, in una ormai famosa assemblea della Unione Astronomica Internazionale. Chi c’era, racconta che non fu affatto una cosa tranquilla, ma il declassamento (sul merito del quale ora non entriamo) fu il risultato di una discussione anche abbastanza vivace.

Sia come sia, Plutone per noi è rimasto praticamente un puntino, fino a che la sonda New Horizon, partita nel 2006, dopo nove anni di viaggio, proprio lo scorso anno ha potuto finalmente aprire i suoi occhi robotici sul il quasi pianeta che aveva faticosamente raggiunto.

Regalandoci immagini assolutamente incredibili, di un corpo celeste così lontano.

Come si diceva l’altra volta, immagini che sono probabilmente destinate a rimanere per un bel numero di anni le migliori disponibili in assoluto per Plutone e dintorni.

Crediti: NASA, Johns Hopkins U./APL, Southwest Research Inst.

Osservate il grado di dettaglio che questa straordinaria immagine ci regala. Tutto ciò va ben al di là, in ogni caso, della gioia degli occhi, sia pur importante. Perché ci consente invero di ragionare su dettagli di evoluzione del quasi pianeta che solo due anni fa non avremmo nemmeno potuto pensare, mettere sul tavolo: quanta scienza ci volete fare, infatti, con un puntino nel cielo?

Adesso è diverso. Immagini come queste ci stupiscono, e ci fanno pensare.

Per esempio: a che si deve quella distesa bianco-dorata, larga circa un migliaio di chilometri, e così piatta ed omogenea? Si chiama Sputnik Planum, ed è fonte di grattacapo per gli scienziati. Potrebbe essere il segno della passata esistenza di un gigantesco oceano di acqua salata, tra l’altro.

L’indagine continua, attraverso l’analisi dei dati sempre più attenta e puntuale, arricchita di nuovi modelli interpretativi.

New Horizons prosegue intanto verso nuovi obiettivi. Noi cerchiamo di mettere ordine nei suoi dati — e in quelli delle altre sonde — per costruire un modello di Sistema Solare sempre più completo e preciso.

E sempre più sbalorditivo.

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