Simulare la legge di Hubble

Gianluigi Filippelli
GruppoLocale
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3 min readOct 21, 2015

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Proseguo il recupero dei post didattici pubblicati originariamente su DropSea. Questa volta un post di settembre 2011 legato all’astronomia e in parte generato alla mole di materiale che avevo raccolto durante il lavoro per le Olimpiadi Italiane dell’Astronomia: di fatto è una proposizione in italiano dell’attività presentata nell’articolo Hubble’s law: a simple simulation, con una prima parte introduttiva sulla legge di Hubble.

La legge di Hubble

La legge porta il nome dell’astronomo Edwin Hubble (la paternità, però, è ancora oggi piuttosto dibattuta [3, 4]) ed è dovuta alle prime osservazioni di un universo in espansione. Uno dei risultati collaterali della teoria della relatività di Albert Einstein, in effetti, era la predizione di un universo in espansione e non statico, risultato che lo stesso Einstein aveva sconfessato. Eppure varie osservazioni fatte tra nella seconda metà degli anni 20 del XX secolo confermarono invece l’ipotesi dell’espansione cosmica [1, 2].
Dal punto di vista matematico, la legge di Hubble ha la forma seguente:

dove c è la velocità della luce, H0 la costante di Hubble, mentre z e D sono le due grandezze fisiche che la legge lega una con l’altra, ovvero il redshift e la distanza della galassia dall’osservatore.
Il redshift, in particolare, è lo spostamento verso il rosso della luce inviata sulla Terra ed è dovuto all’effetto Doppler applicato alle onde elettromagnetiche. Ad esempio quando sentite la sirena di un’autoambulanza, questa vi sembrerà via via più forte o più debole se in avvicinamento o in allontanamento rispetto alla vostra posizione. Un’onda elettromagnetica, come la luce, invece risulterà più vicina al blu o al rosso a seconda che sia in avvicinamento o allontanamento rispetto all’osservatore.
Ha dunque una certa importanza, come potete immaginare, misurare il redshift delle galassie che ci stanno intorno: evidentemente un redshift nullo o comunque piccolo era un indizio di un universo statico, altrimenti ecco un universo dinamico, come potete vedete dall’immagine presente nello storico articolo di Hubble [2] e presa in prestito da un post di Popinga [3]:

Confrontiamo, ora, questo grafico con i risultati della simulazione [5] che di seguito proverò a descrivervi:

Un elastico in espansione

L’idea della simulazione proposta da John Kinchin della King’s School di Peterborough (Gran Bretagna) non è tanto quella di riprodurre nel dettaglio la legge, quanto quella di raccontare semplicemente l’idea alla base della legge, utilizzando un sistema che poi i ragazzi potranno riprodurre anche a casa e che può stimolare una discussione costruttiva in classe. L’idea è quella di prendere un elastico spesso e segnare tre stelle sulla sua superficie con tre colori diversi (a) e quindi allungare l’elastico per simulare l’espansione dell’universo (b):

Un’azione che, tra le manone di Kinchin, si traduce in qualcosa del genere:

[1] Lemaître, G., Un Univers homogène de masse constante et de rayon croissant rendant compte de la vitesse radiale des nébuleuses extra-galactiques (1927); versione inglese (1931)
[2] Hubble, E. (1929). A relation between distance and radial velocity among extra-galactic nebulae Proceedings of the National Academy of Sciences, 15 (3), 168–173 DOI: 10.1073/pnas.15.3.168 (versione scannerizzata)
[3] Marco Fulvio Barozzi, Le censure di Hubble
[4] Marco Fulvio Barozzi, In difesa di Hubble
[5] Kinchin, J. (2011). Hubble’s law: a simple simulation Physics Education, 46 (5), 519–519 DOI: 10.1088/0031–9120/46/5/F05 (articolo liberamente scaricabile)

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