Tutto Marte (in una scatola)

Marco Castellani
GruppoLocale
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2 min readAug 2, 2016

Tutto passa, lo sappiamo. Anche la tecnologia cambia continuamente, e non è certo una novità. Il telefonino dell’anno scorso che ci sembrava così incredibilmente potente adesso carica a malapena la posta elettronica. Non parliamo poi di connetterci a Facebook — niente da fare, lento come una locomotiva lenta.

Fin qui niente di nuovo, lo accettiamo come una conseguenza inevitabile del progresso tecnologico (e anche delle logiche di mercato, bisogna dire). Ma quando la stessa dinamica tecnologica-economica coinvolge un esperimento costato un miliardo di dollari, rischiando di inibire pesantemente l’uso dei dati da questo ricavati, non possiamo evitare di stupirci.

Come spiega il bell’articolo di Elena Dusi su Repubblica.it, le sonde Viking sono state lanciate nel 1975 per raccogliere dati sul pianeta rosso. E di dati ne hanno raccolti ancheparecchi, perché la durata della missione ha sfondato allegramente anche le più rosee previsioni (in particolare l’orbiter della Viking 1 ha continuato a lavorare diligentemente per ben quattro anni dal previsto termine della missione).

Una immagine di Marte acquista dal lander del Viking 1 (Crediti: NASA/JPL)

Davanti a tutta questa abbondanza, può sembrare strano che si crei un problema di utilizzo dati. Eppure è così: i dati allora registrati su microfilm, usando la tecnologia a quel tempo all’avanguardia, ora risultano bloccati su un supporto e in un formato praticamente impossibile da leggere. Il microfilm in sé è già roba di modernariato, e le persone che hanno scritto i programmi per leggere i dati sono passate a miglior vita o sono comunque in pensione.

Ora la NASA ha avviato un programma di digitalizzazione, che dovrebbe garantire a questi preziosi dati qualche nuovo decennio di potenziale fruizione. Sono dati importantissimi per la storia dell’esplorazione spaziale, perché sono tra le prime immagini di Marte acquisite direttamente dal suolo del pianeta. Insieme alle analisi di campioni di terreno, molto interessanti per valutare la possibile presenza di forme di vita.

La cosa bella è che le immagini scannerizzate saranno messa a disposizione su web, accessibili potenzialmente da chiunque. E questo è un altro segnale dell’avvicinarsi dei risultati della ricerca scientifica anche al pubblico dei non specialisti.

A volte a riaprire gli scatoloni, si trovano cose di valore: se lasciarle lì è un peccato, condividerle con tutti è un sicuro guadagno. Per chi le rimette in giro, e per chi le usa.

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