Il Floppy

Ultimo canto post-natalizio.

Andrea G. Capanna
Guerrieri Agitati
3 min readDec 31, 2019

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Mi controlla la faccia, mi chiede quale occhio è quello che si è beccato l’herpes, le sue mani mi cingono la faccia. Sono passati due mesi ormai e sono completamente guarito, e senza cicatrici. Non è certo la prima volta che parliamo della cosa ma perché proprio ora, il giorno di Natale, mi sfugge.

Alcune ore dopo, e con diversi bicchieri di bianco, e rosso, e spritz nello stomaco, sono attovagliato come un assonnato tricheco che ascolto discorsi vari, anche se non ci bado realmente. Penso più che altro alla schiena che mi fa un po’ male e alle ginocchia che non sono sicuro saranno collaborative quando sarà il momento di alzarsi. Ma da quanto sono qui?

Beh insomma, non ti offendere, ma hai un po’ la faccia da drogato

Come se mi fossi attaccato una powerbank, mi riprendo su questa battuta di un parente, che sì, voleva proprio essere una battuta. Mi sento rispondere scherzandoci su, buttando sul tavolo un aneddoto, mentre mi torna in mente mia madre che controlla la mia faccia, quella stessa mattina. E la guardo.

Ha captato la conversazione e sa dove va a finire. Con le labbra un po’ serrate sposta piatti e posate, e comincia a rispondere in modo seccato a sua sorella.

Ma tua madre lo sa che ti fumi le canne? Non si scandalizza mica vero?

Ancora una battuta, ma questa volta rivolta verso di lei che in risposta bofonchia dei “mah a me non interessa” mentre armeggia rumorosamente con delle tazzine. Poco dopo finiamo a parlare di terapie, medicine, problemi, e mamma è in cucina, con la porta chiusa alle spalle.

Non ho mai avuto problemi a raccontare di me, fa parte della mia vita, e non mi vergogno di aver bisogno di farmaci costantemente. Non ci sono drammi, la mia è una routine come tante. E lo era anche per mia madre, coinvolta, comprensiva e senza fronzoli come suo solito. L’ho raccontato anche qui, il suo supporto è stato prezioso, per quanto privo di carezze.

Nella tasca della giacca ho un vecchissimo e logoro Floppy Disk. Dopo essere passato nelle mani di zii e cugini è arrivato a me. Zia si è convinta di una fantomatica importanza del suo contenuto, quando probabilmente si tratta solo di antica contabilità. -Ci provo io- dico, -non assicuro niente ma ci provo-, ribadisco.

Mi controllava la faccia e si assicurava che la mia storia clinica agli occhi degli altri fosse come il contenuto di quel dischetto: illeggibile, irraggiungibile, trascurabile. Gli altri non devono sapere, non ne devono parlare o sparlare.

Mi ha ferito? Sì.

Con un gesto rifiuto la crema fresca da mettere sul panettone e mentre me ne pento rimugino su quanto io sia stato preda della sindrome da Pollyanna, dell’ottimismo a ogni costo, del dai dai dai alla Gianni Morandi. Come se le cose potessero solo migliorare o forgiare, senza fisiologiche curve negative o involuzioni.

E invece sono qui, che recupero la crema e mi rendo che sto diventando inesorabilmente grande e mia madre una vecchia. Lo scrivo con affetto. Forse è il clima festivo a darmi sui nervi e a farmi vedere questa dinamica più amara di quanto non sia in realtà.

Poi arrivano i baci, gli abbracci, i suoni dei giocattoli dei bambini, e si è fatta l’ora di cena. Non andrà sempre tutto bene, ma me lo farò bastare. Alzo la cerniera della giacca, sorrido a mamma mentre le sistemo la sciarpa, ci capiamo. Andiamo a casa.

Scrivimi: guerrieriagitati@gmail.com

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Andrea G. Capanna
Guerrieri Agitati

Scrivo e mi arrabbio, ma so fare bene solo una delle due cose. Non binario, Epilettico, Gay.